Il pane di ieri

Viaggio di ritorno dalla Sardegna più che sufficiente per leggere questo bel libro di Enzo Bianchi “Il pane di ieri”, una riflessione semplice e affettuosa sul rapporto tra vita di campagna e mondo dei valori, con una accentuata attenzione finale all’essere anziani e come sia un passaggio non meno bello…

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Il mambo degli orsi

Dopo la delusione dell’ultimo libro di Lansdale, come mi ero ripromesso, gli ho dato la prova d’appello con questo vecchio “Il mambo degli orsi” e direi che è decisamente più fresco e originale, come nota anche Dazieri nella presentazione. Bello sì ma siamo lontani dai grandi giallisti moderni europei, Camilleri,…

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le mirabolanti invenzioni di Imo da Koshima

L’isola delle scimmie sapienti

Koshima è una piccola isoletta giapponese vicina al villaggio di Ichiki, dal quale la si può raggiungere a piedi a patto però che ci sia bassa marea. Su di essa vive e prospera un nutrito gruppo di macachi giapponesi (Macaca fuscata) studiato ininterrottamente da ormai più di sessant’anni. Anche se a prima vista può sembrare un comune branco di una delle tipologie di scimmie più diffuse (il genere dei macachi è di tutti i primati quello a più ampia diffusione dopo l’uomo) ha una storia importante che negli anni gli è valsa un’attenzione particolare: è infatti proprio grazie a questa comunità che per la prima volta la parola cultura ha attraversato le barriere della nostra specie.
Nel 1948 Itani e Kawamura, due etologi giapponesi che all’epoca studiavano con Imanishi (il padre della primatologia giapponese, per inciso), stufi di studiare daini e cavalli selvatici decisero di visitare quest’isoletta che sapevano ospitare animali sicuramente più interessanti, specialmente per chi veniva da una cultura come quella nipponica che già all’epoca dava grande risalto allo studio della socialità animale. I macachi vivono difatti in gruppi molto numerosi con rapporti estremamente articolati tra i membri, molto diversi dalla semplice piramide con in cima un maschio alfa che probabilmente molti di voi hanno in mente. In aggiunta questa piccola isoletta presentava un “vincolo sociale” molto simile a quello che si ha negli zoo: uno spazio relativamente piccolo rispetto alla popolazione che lo abita e isolato dal resto del mondo fa si che difficilmente un maschio dominante venga spodestato (poiché gli sfidanti, provenienti dallo stesso gruppo se non addirittura “amici” d’infanzia, hanno tendenzialmente delle inibizioni ad attaccarlo), perciò non solo la tolleranza sociale ne viene mediamente innalzata, ma questo favorisce anche l’ulteriore formarsi di complesse gerarchie e reti di alleanze tra gli individui subordinati. Insomma, fu da subito evidente che Koshima era terreno fertile per ricerche che i posteri avrebbero ricordato.

Nel giro di pochi anni, come volevasi dimostrare, i primatologi che presero a seguire la comunità di macachi furono ampiamente ripagati della fiducia riposta in questi primati; furono aiutati anche da una giovane Satsue Mito, che all’epoca era solo la figlia del locandiere presso cui si fermarono Itani e Kawamura la notte in cui decisero del futuro delle loro ricerche ma che sarebbe diventata in futuro una delle più stimate scienziate nipponiche. Fu proprio lei che, mentre distribuiva le patate dolci (offrire del cibo era allora una pratica standard per riuscire a far accettare agli animali la presenza umana quel tanto che bastava per poterli studiare da vicino), si accorse nel 1953 che una giovane femmina di nome Imo aveva trovato, unica nella sua comunità, una soluzione al problema della terra che sporcava questi tuberi e ne peggiorava il sapore: lavarli nell’acqua, dapprima un ruscello (quando ancora la distribuzione avveniva nella foresta) e poi nel mare aperto. Fino a qui non ci sarebbe niente di veramente eccezionale, ma quello che stupì la Mito e tutti gli altri ricercatori coinvolti nel progetto fu che nel giro di pochi anni quasi tutti i macachi di Koshima impararono la medesima tecnica, dapprima i compagni di gioco di Imo, poi i familiari e in seguito tutti gli altri eccetto i maschi più anziani: si erano forse passati l’informazione? e se sì, come?

La vicenda, che esplose al di fuori del Giappone solo una decina di anni dopo, nel 1965, col primo articolo in proposito scritto in inglese, apriva interrogativi importanti su un mondo, quello animale, da sempre considerato “hard-wired”, cioè dal comportamento poco flessibile e incapace di andare oltre alle istruzioni riposte nei geni. L’articolo del 1965 era scandaloso anche per un altro motivo, oltre al contenuto in sé, poichè il titolo, seppur preceduta dal prefisso pre-, conteneva una parola pericolosa: “culturali”, riferita ai comportamenti di questi macachi. La cultura era stata difatti recentemente definita in termini naturalistici da Kinji Imanishi come “una forma di trasmissione del comportamento che non poggia su basi genetiche“, e per un etologo giapponese quale Kawai, l’autore dello studio, non doveva quindi sembrare troppo scandaloso intitolare il proprio articolo “Newly acquired pre-cultural behaviour of the natural troop of japanese monkeys on Koshima islet”. Senza contare che già Kawamura aveva notato come le differenze tra gruppi di macachi potessero essere fatte risalire a differenze “sottoculturali”.

Questa minima forma di cautela non era decisamente abbastanza per gli standard occidentali, tanto che questi risultati sarebbero rimasti discussi per decenni. La critica principale mossa all’interpretazione di questi dati è stata che, come ha fatto notare Galef in un articolo del 1990, non si può provare che il comportamento in questione non sia stato semplicemente imparato autonomamente da ogni scimmia, considerando inoltre che pare, o così sosteneva Galef, che Satsue Mito distribuisse le patate solo alle scimmie che avevano dimostrato di saperle lavare. La prima osservazione da fare è che quest’ultima diceria è probabilmente solo questo: una diceria, e l’unica fonte che ho trovato in proposito la classifica come un’osservazione fatta nel 1975 da un visitatore occasionale. Inoltre, se anche la Mito avesse dato le patate solo alle scimmie che le lavavano questo sarebbe stato controproducente per il diffondersi di questa tecnica poichè tra i macachi (e buona parte delle scimmie, tralaltro) i primi individui ad approfittare di una fonte di cibo devono sempre essere i maschi dominanti, e la pena per dei subordinati (come Imo, giovane e femmina, e i suoi compagni di gioco che per primi acquisirono la tecnica dopo di lei) che fossero stati visti mangiare delle patate prima dei dominanti sarebbe stata molto severa. Un ulteriore considerazione, che è poi una prova abbastanza sicura del collegamento tra apprendimento sociale e diffusione del comportamento di lavaggio delle patate, è legata all’ordine in cui è avvenuto il diffondersi della tecnica: come già ricordato, i primi a impararla furono i membri del gruppo che passavano più tempo con Imo e in seguito furono sempre i macachi più “vicini” alla giovane scopritrice ad acquisirla per primi; gli unici che non furono mai visti lavare le patate, inoltre, furono i maschi anziani che oltre ad avere uno stile di vita meno a contatto con gli altri macachi sono mediamente meno disposti ad accogliere innovazioni.

Ma si tratta di cultura? se è vero che i tre anni che la tecnica richiese per diffondersi in tutto il gruppo potrebbero anche essere un tempo ragionevolmente breve per una specie non dotata di linguaggio (e per quanto riguarda quella che più è un’abitudine che una tecnica dalla quale dipenda la sopravvivenza), è vero anche che in molti si aspetterebbero un processo più rapido da un fenomeno di trasmissione culturale. Inoltre, quello che non è mai stato dimostrato e forse non è nemmeno probabile che sia avvenuto è che ogni macaco abbia imparato a lavare le patate osservando e imitando gli altri membri del gruppo. L’imitazione è sicuramente la maniera più veloce ed efficace, ma non l’unica che permetta il diffondersi di un comportamento. Non voglio dilungarmi troppo su un tema che rischia peraltro di diventare un po’ troppo tecnico per un blog (e forse anche per lo scrittore del blog, che tecnico non è) quindi vado subito al dunque: in questa vicenda ha probabilmente agito un meccanismo chiamato rinforzo locale. Esperimenti di laboratorio successivi hanno infatti dimostrato che i macachi (e tutte le scimmie non antropomorfe con loro) non sono in grado di compiere imitazioni vere e proprie, tuttavia la semplice vicinanza a qualcuno che sia in grado di compiere una determinata azione complessa “favorisce” per così dire una nuova scoperta indipendente; in altri termini, essere vicino a Imo che lava le patate fa si che il compagno di giochi di Imo si interessi alle patate, abbia occasione di assaggiarne dei pezzi ripuliti, si trovi ad avere patate e acqua nello stesso luogo e via dicendo.

Se torniamo per un attimo alla definizione di Imanishi, “una forma di trasmissione del comportamento che non poggia su basi genetiche“, ci rendiamo conto che tra i macachi di Koshima c’è stata, e continua tutt’oggi nonostante il passare dei decenni e il succedersi delle generazioni, una trasmissione culturale, e per inciso molte altre innovazioni (delle quali molte partite da Imo, da cui il titolo) hanno seguito questa strada. La bontà della definizione di Imanishi, che ha il pregio di essere anche molto semplice e intuitiva, è che coglie esattamente il punto della questione. Nella storia del pianeta c’è stato un momento in cui in alcune specie il cervello ha cominciato a superare il genoma come numero di informazioni immagazzinabili, a prenderne parzialmente il posto per quanto riguardava l’indicare la strada da seguire e le decisioni da compiere. Con lo svilupparsi della comunicazione tra individui inoltre, chi condivideva un problema cominciava a condividere anche la soluzione, a prescindere da come facesse e da allora che si può cominciare a parlare di cultura, se si vuole dare un senso naturalistico a questo termine. Ecco perchè la definizione di Imanishi regge ancora oggi, perchè descrive la forma più semplice in cui il nuovo modo di organizzare la sopravvivenza, ovvero trasmettere informazioni utili all’interno di un gruppo, è comparsa sul campo da gioco dell’evoluzione; solo in questo senso la cultura può essere studiata dagli studiosi dell’evoluzione, e proprio in quest’ottica ha senso parlare di cultura per le scimmie di Koshima.

Riferimenti:

Gli articoli e i libri originali sono ovviamente introvabili o in giapponese, ma la vicenda è talmente famosa che si trova narrata in un sacco di libri. Personalmente consiglio vivamente “La scimmia e l’Arte del sushi” di Frans deWaal, che è anche un ottimo libro sulla questione “cultura, tecnologia&scimmie”.

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Filosofia

Sono senza un punto di riferimento, mi sembra di aver camminato sul vuoto e solo adesso che ho guardato giù sono caduto, come succede nei cartoni.
Mi guardo è vedo che non so quello che voglio fare, quello che voglio essere, non trovo una strada che mi piaccia percorrere.
Mi guardo attorno e non capisco perchè stia succedendo tutto questo.
In questo caos ho ripreso in mano il mio manuale di filosofia del Liceo ed ho trovato un aiuto.
Alll’inizio del libro si cerca di dare una spigazione su cosa sia filosofia ma come viene scritto giustamente per capire interamente ccosa sia bisogna entrare in contatto diretto con essa.

Lo stupore è l’origine della filosofia (Aristotele)

Una vità non è degna di essere vissuta senza ricerca (Socrate)

Porsi domande sulla realta che ci circonda e sul senso del nostro essere (Aristotele)

Ogni ricerca è in grado di aprire nuove prospettive

Il discorso filosofico è per natura aperto al dialogo

Quando sono andato in sardegna ho visitato il centro di ricerca scientifica dove stanno scoprendo e facendo cose incredibili c’è un però e quello che voglio dire è spiegato molto bene
nel manuale:

I risultati delle altre scienze non hanno valore se di essi non sappiamo farne uso; filosofia è dove coincidono la ricerca del sapere e il sapersi servire di esso.
Il valore formativo e insieme pratico del sapere filosofico che si caratterizza per il suo incessante interrogarsi porta l’uomo a decidere con saggezza nelle varie circostanze della vita e di fronte ai risultati delle altre attività e conoscenze umane.
I vari saperi compreso quello che sapesse farci immortali non hanno alcun valore se non producono un giovamento se manca loro consapevolezza

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Elezioni …

Questi giorni di presenza continua ai seggi sono stati impegnativi e faticosi.I risultati raccolti sono stati modesti ma, per usare una frase di Franceschini, ”gli avvoltoi che volevano la fine del Pd possono tornare a casa”.A San Felice il PD ha raccolto poco ed ha pagato le divisioni incomprensibili dagli elettori, quelli che davvero contano.I “nostri” voti persi sono andati un po’ all’IDV,

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Nuovo iPhone 3GS dal 19 giugno

Beh, $199 per un telefono con fotocamera da 3Mpixel, bussola, comandi vocali e 16Gb di memoria non è davvero male ($299 per il 32Gb). Il “vecchio” iPhone 3G da 8Gb scende a $99 già da oggi e infatti Apple Store Usa lo riporta. In vendita anche in Italia dal 19…

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LiveBlogging sulle novità Apple

Seguo su tre live-blog (Wired, Macrumors e Cnet )le novità che la Apple annuncia oggi: miglioramenti ma nulla di non visto. Potenziamento dei MacBookPro, nuova versione di Leopard a settembre (upgrade da 29$ o 49$ per i family pack). Dettagli sulla versione 3.0 del software per iPhone (anche questo si…

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Ouh, you’re a Mac-person!

Ieri in treno per Bolzano una signora inglese mi chiede se le posso mettere la sua valigia piena di pietre sul ripiano apposito. Allora chiudo il Mac, lo appoggio al sedile, chiamo un’impresa edile che monti una gru nel corridoi della seconda classe, mi preoccupo che la borsa non casa alla prima curva e poi mi rimetto a studiare col Mac sulle gambe. Mica stupida, la signora si assicura che io arrivi almeno fino a Trento, altrimenti chi gliela ritira giù? Felice che io scenda dopo di lei, mi fa:
“Ouh… [ma le signore inglesi iniziano tutte le frasi con “Ouh”?], you’re a Mac-person! You must be nice!”
Ovvio, no? Ho un Mac = sono gentile!
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Ha capito lui gli anni 2000?

Eccomi di ritorno da un lungo viaggio on the road tra terre, mari e colori di Provenza, Corsica e Sardegna.
Stavo prendendo il sole di fronte all’Asinara quando vedo passare questo curioso personaggio con la sua “La Barcarella“:

Solitamente sono quelli che io definisco usciti male dagli anni ‘70, avete presente quei tristi loro malgrado impiegati di […]

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Conferme …

Perdere oltre il 6% fa dichiarare a Franceschini che il voto conferma la validità del progetto del PD …
Mi chiedo: per ammettere la trombata doveva prendere meno del 4%? Farsi del male è pericoloso, ma se a lui piace … prego, si accomodi!

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Vediamo se ho capito

Leggo al volo i dati che sembrano delinearsi stamattina e mi sembra di aver capito che: – Il PDL non vince come sperava tra la Lega che lo blocca al Nord e vari scontenti che lo frenano al sud – Il PD limita i danni della sua dissennata politica confusionista…

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Dipinti a quattro mani

Appendereste un Congo alla vostra parete?

A volte capita che gli aneddoti più interessanti siano anche i più curiosi e viceversa, e così è sicuramente per le strane vicende che riguardano la produzione artistica delle scimmie. Dico strane non perchè siano da prendere poco sul serio, ma perchè sono tra quelle più difficili da leggere senza un senso di straniamento e un velo di diffidenza: in fondo non è l’Arte quello che più di ogni altra cosa ci “eleva” al di sopra degli altri animali?. Per quanto ne sappiamo nessun animale ha mai prodotto nulla di artistico in condizioni naturali, ma sulle loro potenzialità (perlomeno per quanto riguarda le antropomorfe) c’è tanto da dire che in questo campo le burle tirate ai critici d’Arte si sono spesso alternate agli esperimenti più seri senza che vi fosse realmente una differenza queste due maniere di affrontare la questione.
Negli anni ’70 era in corso un importante progetto di ricerca (a cui prima o poi dedicherò una serie di post) presso l’università dell’Oklahoma; diretto da Roger Fouts, lo studio portava avanti l’insegnamento a Washoe e ad altri scimpanzé, alcuni dei quali “proprietà” (anche se non mi piace usare questa parola nemmeno per i gatti, figurarsi per gli scimpanzé) di privati, del linguaggio dei segni, quello utilizzato dai sordomuti per intenderci. Se la cosa vi sorprende dovrete pazientare (o comprarvi “La scuola delle scimmie”/”Next of Kin” di Fouts), per oggi basti sapere che questi scimpanzé impararono numerose parole e qualche basilare regola grammaticale. Cosa più interessante, uno di loro di nome Ally si dimostrò particolarmente dotato per le arti visive, tanto che uno degli studenti (specializzato per qualche motivo che ignoro anche in Storia dell’Arte) lo notò e decise di farlo valutare. Portò quindi i quadri a un critico d’arte dicendo che li aveva eseguiti un suo giovane amico pittore (cosa peraltro vera) e questi reagì addirittura con entusiasmo: “Sapevo che lo stile di Pollock stava tornando in voga!” esclamò felice.
Raccontare questa storiella è una maniera per sottolineare la bravura di Ally o per denigrare l’arte contemporanea? Vediamo prima in cosa consista l’arte primate. Il primo studio in assoluto sull’argomento si deve a Nadie Ladygina-Kohts, una ricercatrice russa che studiò la percezione di forma e colore nel suo scimpanzé Yoni facendolo, tra le altre cose, disegnare con una matita su un foglio di carta. Negli anni quaranta fu il turno di Paul Schiller, pioniere di un esperimento che ebbe poi un grande successo: questi dava al suo scimpanzé, Alpha, dei fogli di carta dove erano già presenti dei simboli disegnati (oltre ovviamente agli strumenti per disegnare), con l’intento di vedere come si sarebbe comportato. Alpha dimostrò, in tutte le occasioni, di non gettare del colore a caso sul foglio, ma di scegliere attentamente i tratti in maniera da incorporare nel proprio disegno i simboli già presenti sul foglio. Inoltre sembrava che badasse particolarmente all’equilibrio dell’insieme, se ad esempio tre angoli di un foglio presentavano uno scarabocchio invariabilmente ne aggiungeva uno sull’ultimo angolo ancora bianco. L’argomento cominciò infine a uscire dagli esperimenti e a colpire l’immaginario collettivo nei tardi anni cinquanta, quando l’etologo e pittore surrealista Desmond Morris e lo scimpanzé Congo dimostrarono al mondo di cosa era capace un pittore scimpanzé, ottenendo addirittura un’esposizione delle opere del giovane quadrumane al quale venne riconosciuto uno stile fresco ed energico, e nei dipinti del quale venivano facilmente trovate simmetrie, variazioni ritmiche e attraenti contrasti di colore.
Torniamo ora alla domanda di prima, tutto questo serve forse a denigrare l’arte contemporanea? Significa forse che da Pollock e simili in poi basta lanciare della vernice su una tela per essere un artista? Ovviamente no (anche perchè sennò il mio professore di Estetica verrebbe a prendermi a casa brandendo una copia di “Zeit-Bilder”), soprattutto perché né questi grandi artisti umani nè il loro colleghi scimmia si limitano a lanciare vernice su una tela (con buona pace di tanti detrattori di entrambi).
Viene comodo, a proposito, l’ennesimo aneddoto: nel 1979 un pittore belga, Arnulf Rainer, si convinse che poteva disegnare come uno scimpanzé cercando di “imitarne i comportamenti”, e decise quindi di mettersi a dipingere accanto a uno di loro. Mentre lo scimpanzé aveva cominciato a dipingere pacificamente, però, il pittore cominciò a comportarsi come credeva che una scimmia si sarebbe comportata in un’occasione del genere, facendo cose come colpire con forza la carta, sputare, brandire nervosamente il pennello. Il risultato fu che lo scimpanzé, disturbato dall’agitazione dell’altro, smise di dipingere e si mise a saltare e a rincorrere l’altro per la stanza, e nessuno dei due dipinse qualcosa di apprezzabile durante quella seduta. Questo ci dice soprattutto qualcosa su quanti danni possa fare un pregiudizio, certo, ma ci fa intuire anche quanto dipingere sia per uno scimpanzé (e per le scimmie antropomorfe in generale) una cosa seria, nè Rainer è certo il primo ad aver fatto indispettire uno di questi strani pittori quadrumani, che in ogni occasione in cui capita loro di dipingere lasciano il pennello solo quando hanno deciso che il dipinto è completato, a volte rifiutando persino di mangiare per non interrompere l’attività. Il filosofo Thierry Lenain, che riporta anche l’aneddoto su Rainer, esaminò inoltre simultaneamente quindici opere prodotte in contemporanea da scimmie e umani, e non ebbe alcuna difficoltà nel riconoscere chi avesse dipinto quali dato che “le composizioni degli scimpanzé sono dirette e chiare. Le imitazioni, invece, sono reti di linee confuse e ingrovigliate, completamente illegibili, quasi fino all’isteria”.
Un altro aspetto interessante è che ogni scimpanzé ha un suo stile ben riconoscibile e delle preferenze ben marcate, sia per quanto riguarda colori e tecnica espressiva sia per quanto riguarda i soggetti dipinti; anche se è praticamente impossibile riconoscere i soggetti (io ci sono riuscito solo con dei dipinti del gorilla Michael, ma devo ammettere che sospetto un poco della loro totale autenticità per questioni che non racconterò qui e ora), scimpanzé e gorilla che abbiano imparato un qualche linguaggio possono dare un titolo ai quadri e si può così venire a sapere cosa preferiscono dipingere. C’è da dire che alcuni rimangono scettici sulla possibilità che questi quadri ritraggano davvero qualche oggetto reale, proprio per via dell’irriconoscibilità di questi soggetti, perciò anche se non mi sembra improbabile che abbiano bene in mente cosa disegnare prendete questa possibilità col beneficio del dubbio (senza esagerare).
Ma torniamo a una domanda più essenziale, è arte? Schiere di critici sostengono di sì, ed è sicuramente dimostrato che non si tratta di un semplice gioco fatto con tempere e pennelli ma di una vera e propria espressione volontaria, dato che queste scimmie sono ben consapevoli di cosa vogliono realizzare, anche se non siamo sicuri che vogliano riprodurre degli oggetti (può sembrare contorto, ma se ci pensate anche i piccoli della nostra specie fino a una certa età si limitano a disegnare figure astratte). Inoltre decidono autonomamente quando un’opera è completata, e molti di questi quadri colpiscono davvero per la forza espressiva e per la scelta e l’abbinamento dei colori. Certamente l’arte espressa da questi animali ha tanti punti di distacco con la nostra quanti sono i punti di contatto, quello che però non si può fare è negarle uno status che le è proprio, o mettersi sputazzare tempera su una tela e convincersi di star dipingendo come uno scimpanzé.

Un ultima chicca, l’immagine in cima al pezzo (e della quale mi scuso di non detenere gli eventuali diritti d’autore, sperando che chi di dovere capisca che lo faccio per un bene più grande) è un dipinto fatto da un bonobo speciale, quel Kanzi di cui ho parlato nello scorso pezzo; riuscite a indovinare qual è il soggetto del quadro? Come ricorderete Kanzi comunica attraverso i lessigrammi e in questa maniera ha titolato le sue opere, quando vorrete conoscere la soluzione cliccate col tasto destro sull’immagine, aprite le proprietà e date un’occhiata all’URL, in fondo c’è il titolo tradotto in italiano (io non ce l’ho fatta, per inciso).

p.s. personalmente trovo che i dipinti delle antropomorfe sia molto più interessanti dell’arte umana, e spesso più belli, se volete farmi un regalo consideratelo il primo punto della mia wishlist

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Alla grande!

Il concerto è andato magnificamente, il tempo ha retto e il chiostro era gremito (non l’ho visto direttamente perchè avevo i fari in faccia ma mi hanno detto che tutti i 100 posti erano occupati e c’era gente tutt’attorno sui muretti). Ovviamente la scenografia in quel contesto ha fatto un…

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PD al 40,3%

40,3 è la percentuale dei politici di professione sul totale dei candidati a un seggio europeo per il Partito Democratico.
Il doppio del PDL, quattro volte la lista Bonino-Pannella, quelli della Lega moltiplicato per cinque.
Remunerare l’attività di chi si dedica alla politica a tempo pieno è stato uno dei passi fondamentali per l’affermazione della democrazia, per […]

RISULTATI DI GARDAPANORAMA ALLA 24 H MTB DI IDRO

Bel piazzamento per la squadra di Gardapanorama alla 24h MTB di Idro. Gli 8 atleti, Begni Marco, Licci Massimo, Zanchi Luigi, Tiboni Danilo, Pasini Andrea, Turina Christian, Dasoli Elisabetta, capitanati da Turina Claudio, hanno completato 89 giri, per un totale di 445km , con un dislivello di circa 7.650m. Nella classifica assoluta della 24 h di Idro,la squadra di Gardapanorama si è piazzata al 45° posto, mentra ha raggiunto la 24^ posizione tra le squadre ad 8 componenti. Complimenti a tutti!!!
Claudio T.
LINK SU WWW.GARDAPANORAMA.IT
foto in alto della edizione 2008

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