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fermate la macchina da presa, voglio scendere

Io trovo che il tanto vituperato balletto delle cifre sia interessante di sponda, nonostante tutto. Volete la mia cifra? dico 800mila, e lo faccio confrontando alcune immagini (grazie a Nonnesoabbastanza, che comunque ne stima la metà) e tenendo conto che qualcuno, o perlomeno io l’avrei fatto, può aver partecipato alla manifestazione pur senza sorbirsi il discorsone finale di Veltroni. Voglio dire, ascoltare la tiratona di un segretario che ha indetto una manifestazione quattro mesi prima per farla cascare a un anno esatto di distanza dalla fondazione del Partito Democratico? Qui non è Hollywood, come cantavano i Negrita. In soldoni: l’immaginario non lo si può sempre programmare in anticipo, e le connessioni simboliche (che ci sono sempre, insegna Eco, basta cercarle) sono più efficaci quando non suonano artefatte, fare politica non dovrebbe assomigliare allo scrivere un libro (anche se spesso può essere simile, se si capisce ciò che intendo).

Torniamo alle cifre: perchè 2 milioni e mezzo? 800.000 sono già un’enormità, si può arrotondare al milione per fare scena e si ha comunque già un numero pazzesco, difficile da ritrovare negli scorsi anni (dopo la manifestazione di Cofferati, che a dire il vero pure fu un po’ gonfiata). O si sta dando implicitamente credito ai 2 milioni che sparò Berlusconi un anno fa? leggere la cifra “ufficiale” in un ottica di “ce l’abbiamo più lungo di voi” è avvilente, ma in piccola parte almeno potrebbe essere la via giusta. Mi spiego meglio, e riprendo il “filone cinematografico”: Veltroni sa di dover dare al proprio “popolo” un immaginario, e sta provando a far vivere i suoi elettori nell’unico che conosce, ovvero quello del cinema americano. Fate due calcoli e vedrete che finora le immagini ricorrenti nei discorsi di Walter sono state le brave persone, quelli che lavorano e non arrivano a fine mese, il grande patto che lega assieme le persone di buona volontà che di fronte alla minaccia dell’ubercattivone si mettono assieme accantonando le proprie divergenze for a Greater Good. Il problema di Veltroni è che questa massa di persone va conquistata, e lui ora come ora non ce l’ha. Certo, c’è il “popolo delle primarie”, ma se da un lato si è sfilacciato in un anno di strada dissestata percorsa assieme, dall’altro non è mai stato proprio come Walter lo voleva, forse troppo variegato ed esigente. Forse per questo si sta abbandonando alla vecchia e disgraziata abitudine della sinistra italiana di parlare più col centro che con la sinistra? in fondo i cattolici sono molto più adatti a fare da comparse in un film yankee.

Da mesi uno dei chiodi fissi di Veltroni è la dimensione del suo partito, perchè non basta dimostrare di rappresentare una parte notevole del paese nonostante tutte le cazzate fatte e dette: quando si tratta di far scattare l’ora della riscossa si tratta di essere in più e più cazzuti del nemico. Per questo se ne esce con le frasi tipo “il più grande partito riformista”, “il partito che vuole unificare l’Italia” e con le sparate dei 2 milioni e mezzo, lui non vuole un partito d’opposizione o di governo, vuole sconfiggere le forze del Male (e poi da dell’antiberlusconiano a DiPietro). Vagli a spiegare che, per quanto potrebbe sembrare il contrario, le forze del Male hanno altro da fare che stare appresso all’Italia. Poi quando vai a vedere quello che dice ti stupisci che non faccia proposte, ma è chiaro che non fa proposte, gli imperi del male si sconfiggono forse con le proposte? no, qui ci vorrebbero un po’ di effetti speciali, qualche astronave e un finale romantico, altro che proposte.

Insomma, nel discorso politico costruire un immaginario è essenziale, ma l’azione politica non si può limitare a questo, altrimenti viene banalmente fuori sulla distanza la vacuità delle belle parole. Ammesso e non concesso che i possibili elettori del Pd vogliano sentirsi le “brave persone che lavorano”, si può andare oltre l’autocompiacimento? ci si può distinguere per le battaglie e gli ideali che si portano avanti? ecco, se purtroppo questa tendenza a sostituire i programmi politici con sceneggiature banali potrebbe essere più generale che italiana, e sicuramente è quello che fa Forza Italia da 15 anni (ma non è una buona idea andar dietro a loro), è dovere morale di elettori cercare di cambiare rotta. Anche se toccasse cambiare segretario.

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Perchè, tutto sommato, potremmo ancora dirci piddini

Stamattina stavo scrivendo un pezzo sulla manifestazione di sabato (uscirà domani, credo), quando mi sono reso conto che ormai la mia posizione nei confronti del Partito Democratico si sta cristallizzando verso un rifiuto più o meno marcato. Magari qualcuno di voi sarebbe contento di risolvere una lunga diatriba interiore con una posizione netta, a me invece una situazione del genere turba, soprattutto perchè dopo aver lasciato dietro di sè anche il partito democratico non rimane molto (oltre all’espatrio, intendo) nel panorama politico italiano.

I comunisti, a mio parere, sono andati del tutto: già il fatto che Ferrero abbia fatto tanto per diventare segretario, aggregando a sè tutti i groppuscoli che si opponevano come lui a Vendola, non mi aiuta a vederlo come un dirigente interessato più alle lotte che al potere; se poi mi capita di ripensare a Diliberto, Rizzo o il recentemente tornato in auge (anche se solo come consulente) Bertinotti, mi rendo conto che l’occasione di rinnovarsi arrivata con la batosta elettorale non è stata, non è e non sarà mai colta. Il futuro nel quale si può sperare, per loro, non è certo quello prossimo.

L’Italia dei valori ha fatto quello che col mio voto le avevo chiesto di fare, si può dire, ma per quanto mi riguarda il mandato vorrebbe finire qui (non escludo di rivotarli in futuro, ma spero di no). Non sarà certo dal gruppo di DiPietro che arriverà il futuro migliore per l’Italia, il suo compito era ed è, per quanto mi riguarda, vigilare acchè la situazione non peggiori e possibilmente migliori nei nodi crociali che possono vanificare ogni spinta innovativa: giustizia,informazione, meccanismi elettorali. Li ho votati perchè temevo, a ragione credo, che Veltroni non avrebbe avuto la stessa determinazione nell’opporsi a una destra che su questi tre temi ha fatto i più grandi sfaceli, e ancora non è sazia. Li ho votati per questi motivi, ma le chiavi del mio futuro le vorrei affidare a qualcun’altro.

E quindi? se resta solo Veltroni, ci dobbiamo affidare a Veltroni? proprio qui sta il punto cruciale: se si tratta di mettersi dalla parte di questo segretario finchè morte non ci separi allora non ci siamo, e la scelta è tra Spagna, Inghilterra o Germania. Se però…

…se però il partito democratico fosse l’unico che per qualche strana contingenza è ancora dotato della capacità di cambiare? se per caso la venerazione veltroniana per Obama avesse prodotto, di sponda, un partito che in una qualche maniera (più teorica che pratica per ora) ha una vocazione partecipativa? se ci si fossero infilate, malgrado le intenzioni dell’establishment di cambiare tutto perchè niente cambiasse, persone con voglia di modificare le facce e i modi della politica? ecco, tutto questo è successo, credo (o forse spero). Mi è capitato di sentire da esponenti locali fidati (come TheNib) notizie rassicuranti sulla capacità locale di proporre persone e idee nuove, forse il problema è solo nazionale? in tal caso potrebbe essere una questione di tempo, ma tanto vale accelerare il processo.

Per questo, se il partito democratico è davvero l’unica grande partito con un residuo di democrazia interna rimasto in Italia, vale la pena cercare di non staccare quest’ultima spina. Rileggendoli, mi sono reso conto che i miei primi pezzi sul Pd denotavano un misto di curiosità e voglia di sperare, che man mano sparivano per lasciar posto a diffidenza, poi rabbia e infine rassegnazione. Prima di arrivare alla fase “vecchietto acido e brontolone” vorrei invertire la rotta e stabilizzarmi su una vigile e apprensiva attenzione per un partito che non abbiamo ancora perso del tutto.

Come fare? per ora ho trovato dei compagni di viaggio: la Fondazione Daje, che forse è nata un po’ per celia, ma sta diventando qualcosa di più strutturato senza perdere, ed è importante, la voglia di scherzare. Seguite il mio esempio e vedrete che qualcosa, ancora, si può fare.

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IL COLPO DELLA STREGA Sul il sipario di Ottobreteatro

Sabato 25 ottobre alle 20.45 presso il Teatro Comprensoriale di Riva del Garda per Ottobreateatro 08, XIII Rassegna di teatro amatoriale va in scena “Il Colpo della strega” di John Graham, rappresentazione a cura del Circolo culturale Filodrammatica di Ischia Pergine. Sally, dopo un fallito tentativo di concedersi per apparire in TV, si ritrova nella vasca da […]

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a Bologna tutti assieme contro la 133

Bologna, assemblea congiunta studenti-presidenza della facoltà di Lettere e Filosofia, 23/10/2008

Arrivare tardi alle assemblee ti costringe ad arrangiarti per trovare l’ultimo posto disponibile e a volte questo significa scoprire cose nuove, ad esempio che il posto giusto non è su uno dei banchi ma davanti alla cattedra, col viso rivolto al “lato sbagliato”: una marea di facce attente e interessate che non cambieranno espressione fino alla fine. Tanta gente che il “padrone di casa” esordisce chiedendo se per piacere si può uscire a fumare per evitare intossicazioni di massa, una folla eterogenea (tanto che un novello Lombroso, nel suo intervento, potrà dire di vedere rappresentata ogni tipologia ed estrazione politica di studente) che dopo una risata riesce quasi miracolosamente, visto il numero, a mantenere un clima di ascolto e a far scorrere via bene o male* lisci tutti gli interventi (rigorosamente aperti a chiunque si volesse prenotare).

Innanzitutto quello su cui sono tutti (ricercatori, docenti, preside e membri del consiglio di facoltà, studenti e rappresentanti degli studenti) daccordo: la riforma Gelmini è semplicemente inguardabile, a dire il vero non è nemmeno una riforma: solo una collezione di tagli. Chiaro, ognuno valuta più grave l’aspetto che sente più vicino, ma tutti in quell’aula erano concordi nel bocciare in toto la 133. Fa bene Tommaso del Vecchio, ricercatore e membro del consiglio di facoltà, a sottolineare come questa legge segni un punto di discontinuità persino con la famigerata riforma Moratti, poichè in questo caso non si sta decidendo una svolta culturale, non c’è un progetto, un’idea o anche solo una vera intenzione sotto la 133: soltanto la chiara decisione che la scuola non costituisce una priorità di spesa per questo governo (e per chi l’ha votato, data l’ottica populista con la quale governa Berlusconi). E sulla stessa linea è Grandi, un docente che parlando ancora più chiaro fa capire come la Scuola sia vista dal governo alla stregua di un serbatoio di tagli per recuperare soldi da smistare altrove: un progetto per un paese senza futuro, certo, ma questo paese ha deciso l’harakiri da tempo e non lo scopriamo oggi.

È il monito del preside Sassatelli, che spinge a fare autocritica e a modificare l’immagine che la gente ha dell’università e di chi la vive, da qualsiasi parte della cattedra egli si trovi, è il successo delle lezioni in piazza, momenti di trasparenza dell’università verso l’esterno oltre che di protesta simbolica (come ricorda Anna Borghi, docente e membra della rete “ricercatori precari”), è la necessita più volte ricordata dagli studenti di far vedere all’esterno, non solo nelle parole che ci si scambia tra compagni di viaggio, che il fronte è comune e che comprende, o dovrebbe comprendere, anche i cittadini. Uno dei punti più chiari è proprio questo: facciamoci capire dalla gente là fuori. Ed è su questo che le posizioni cominciano a divergere (ma meno di quanto sarebbe pericoloso per la lotta, a mio avviso).

Prima di andare più sullo specifico va segnalata un’altra cosa: l’università (nella misura in cui questo corso di laurea ne è indicazione) ha una gran voglia di cambiare. Ne hanno voglia gli studenti, che sognano spazi di autoformazione, maggiore libertà nella scelta del percorso di studi, ma soprattutto hanno la grande voglia di essere loro i motori di questo cambiamento, una riforma che possa finalmente partire dal basso. Ne hanno voglia anche professori e presidi, che sognano un’università che funzioni finalmente bene, che permetta di portare avanti seriamente sia la didattica che la ricerca senza gli sprechi e i clientelismi di cui anche la maggior parte di loro è spesso vittima. Ignorare questa voglia di cambiare e pensare alla rivolta come a una semplice difesa dei propri diritti o supposti privilegi di fronte a un taglio radicale dei fondi è un errore fatale, che non consente di leggere a fondo dentro la massa incredibile di persone che si sta muovendo in questi giorni.

Venendo alle proposte, i “fronti” si fanno contrapposti praticamente solo su un punto: la sospensione della didattica (sulle altre questioni le posizione sono più sfumate, vedremo dopo). Quello che molti studenti, ed è anche la posizione dei rappresentanti in quota “Rosso Malpelo” (componente di sinistra) ma non solo, vogliono non è certo un blocco ad oltranza fino alla revisione della legge ma bensì un’azione simbolica il cui significato sarebbe chiaro: anche il corpo docenti è dalla nostra parte, siamo tutti contro di te, Gelmini; è la necessita di far fronte comune in maniera visibile a spingere questa richiesta (che, ripeto, non si spingerebbe oltre i due giorni, da utilizzare per lezioni pubbliche e assemblee). Di contro, se pure chi vi si oppone riconosce la necessità del fronte comune, si ritiene che un’azione del genere sarebbe controproducente: un appiglio troppo semplice per screditare la lotta e un metodo veloce per perdere del tutto la possibilità che la gente là fuori possa appassionarsi alla nostra lotta; molto meglio organizzare assemblee serali per spiegare la riforma (e il professor Donati, docente a giurisprudenza, si è già detto disponibile) e continuare con le lezioni in pubblico, tenendo però separati i metodi di critica (in soldoni: la protesta più “aggressiva” è roba da studenti). In breve: una parte consistente degli studenti chiede ai professori di esporsi di più e una parte consistente dei professori (tra cui la maggioranza del consiglio di facoltà) risponde che non è esponendosi in questa maniera che si sistemeranno le cose, ma al contrario un’azione del genere potrebbe solo far naufragare il tutto. Non che sia una diatriba così importante: per quello che mi riguarda credo che si possa lasciar cadere (per ora ) questa richiesta, in fondo non è ancora così vitale, e se non si riescono a convincere i professori dubbiosi a prendere un provvedimento del genere allora tanto vale andare avanti senza questo tipo di protesta (che avrebbe avuto, è vero, un gran peso, ma di fatto avrebbe veramente esposto il movimento a delle critiche).

Un altro punto delicato è la questione (che poi è centrale nella mozione votata dal senato accademico) della valutazione e del conseguente finanziamento differenziale delle varie università. Intendiamoci, qui è una questione di enfasi: nell’ipotetica frase “No ai tagli previsti dalla 133, ma è giusto razionalizzare le spese e punire gli atenei che non riescono (o non vogliono) spendere entro i limiti” alcuni credono sia più importante la prima parte, gli altri la seconda (e capite da soli quali sono le parti in causa), ma nessuno si azzarda a negare la frase nel suo complesso. Non si può dire insomma, e qui torna il discorso di prima, che si voglia semplicemente salvare un’università che è colma di problemi non solo didattici ma anche economici, ma anzi che un cambiamento è necessario e deve passare per forza da una razionalizzazione delle spese che tenga ovviamente conto delle esigenze imprescindibili di un ateneo (e non, pertanto, da un taglio indiscriminato che servirebbe solo a distruggere gli ultimi sprazzi di buona università).

Per ora l’appuntamento è a martedì, quando i professori volenterosi saranno chiamati a decidere assieme agli studenti le prossime iniziative (lezioni in pubblico eccetera), ma l’impressione è che, pur chiarendo le reciproche posizioni su alcune questioni, si sia usciti da questa assemblea ancora compatti in un unico fronte di lotta. In attesa di altre lezioni pubbliche e delle prime assemblee serali.

In chiusura, vorrei linkare un illuminante pezzo di Calamandrei che una docente ha voluto leggere a tutti durante l’assemblea: lo trovate riportato qui.

* non è mio costume aggiungere delle note ai post, ma in questo caso voglio tenere ben distaccato dal resto l’unico episodio (al di là di qualche fischio) fastidioso della seduta. Quando uno dei rappresentanti di Student Office (diciamo la parte ciellina dei rappresentanti degli studenti, o comunque filodestrorsa), che peraltro potrei anche indicare come secondo episodio fastidioso della seduta, ha preso la parola per esprimere la sua opinione e, in coda, una piccola provocazione, si sono levati fischi e boati (prevalentemente da una parte dell’aula). Per scansare successive strumentalizzazioni preciso che, nonostante un paio di minuti di interruzione per far tornare il silenzio, il ragazzo ha potuto concludere il suo intervento.

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Qui una volta era tutto film

Parte il film, e ci vogliono solo poche scene per capire dalla colonna sonora in palese dissonanza con le scene che stanno passando sullo schermo che qualcosa non va come dovrebbe andare, una sensazione che man mano si fa più concreta finchè, alla fine, si capisce la verità: Burn After Reading è molto più del film comico che ti hanno consigliato. La dissonanza è la chiave del film, e va oltre il suo aspetto più evidente, ovvero la già segnalata colonna sonora che è, ad esempio, da film d’azione in sequenze da commedia. Ma Facciamo un passo indietro.

Il cinema americano, da quando gli statunitensi, più lungimiranti di altri, hanno cominciato a investirci massicciamente (la prima cattedra di cinema ad Harvard è del 1914, per dire), ha un nome e una ragione sociale: “fabbrica dei sogni”, ovvero produttore dell’immaginario di una nazione. Se vi sembra niente, pensate a quanto negli ultimi sessantanni questa fabbrica abbia esportato anche in Europa (senza contare il cinema non-americano e la televisione negli ultimi anni, che perlomeno da noi ha spodestato il cinema), e a quanto abbia contribuito a formare il vostro, di immaginario. Non è un caso se quasi tutti, dittature e non, abbiano investito e investano massicciamente nella propaganda, nel secolo scorso e in questo che sta cominciando; tuttavia non si tratta solo di una questione che riguarda solo film puramente “di propaganda”, ma di un fenomeno più diffuso che contribuisce a stabilire i confini dell’immaginazione. Tolkien si lamentava che gli illustratori castrassero i lettori di buone fiabe con disegni che diventavano una normativa del fantastico personale, mutatis mutandis il “problema” è sempre quello, se di problema, propriamente, si può parlare.

E oggi? se da un lato l’America di oggi non è più un paese per vecchi, dall’altro non è nemmeno più la terra della libertà di sognare (con buona pace di Obama), e i Cohen ci hanno voluto girare un film. I personaggi del film (di cui gli unici realmente comici, i due agenti FBI, sono poco più che comparse) sono difatti ognuno immerso nel proprio film personale, con tanto di dialoghi pesantemente influenzati dalla propria storia di cinefili (al giorno d’oggi siamo tutti, più o meno volontariamente, cineili); il problema è che ognuno sta su un registro filmico diverso e i momenti di attrito sono frequenti e dirompenti: vedi ad esempio la scena del bar, dove lui sta per far partire la tirata da vecchio saggio con tanto di foto di quando era prete e lei risponde con una puntata di Sex & the City (oppure la più clamorosa, quella dove Pitt e Clooney sono uno in una commedia degli equivoci, l’altro in un thriller e…[mi censuro per evitare spoiler]). Il film dei fratelli Cohen è in realtà lo scontro di persone che provano a vivere la vita come nel loro film preferito; oppure, più sottilmente, lo scontro di quel coacervo di immaginari che ha sostenuto l’ideologia americana negli ultimi sessantanni (di qui il tragicomico riferimento alla Guerra Fredda del vendere segreti o supposti tali a un ambasciatore russo che, giustamente, non sa che farsene), per metterli tutti nello stesso calderone e decretarne la decadenza oppure, e a me piace pensarla così, semplicemente giocarci con fare irriverente (ma qui si dovrebbe fare una telefonata ai registi).

Inoltre, dall’inevitabile brutta fine di (quasi) tutti i film personali il messaggio sembra essere: “qui non è più come una volta, che c’era il lieto fine”, oppure se preferite “qui non è un film, è la vita reale dell’America fine anni ’00, adeguatevi”. Tutto questo è chiaro, lampante quasi, quando si vede il film; a patto di non farsi distrarre dalla trama, che qualcuno spaccia ancora come comica (ma le risate si fanno lo stesso, non vi preoccupate).

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E’ record.

E’ già un mese, anzi di più, che ho ricominciato ad andare in piscina e non ho ancora scritto alcun post a riguardo: è ora di rimediare, anche perché stasera ho battuto il mio personale record di resistenza, producendomi in ben 54 vasche tutte insieme, giuro. Per quanto riguarda la tecnica e performance come questa […]

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Recesso: 14 giorni e senza raccomandata

La nuova direttiva sui diritti dei consumatori modificherà sostanzialmente l’impianto normativo italiano: il termine per l’esercizio del diritto di recesso è uniformato in 14 giorni di calendario in tutti gli stati Europei ma sopratutto non sarà più richiesta alcuna comunicazione scritta mediante lettera raccomandata.

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Testimonial di Geova, episodio 3

Satana è davvero così cattivo come lo si dipinge? (Isaia 23,12)

Ora, i geovani pare che con Satana ce l’abbiano parecchio, quantomeno da quello che ho trovato in questo confronto tra la fede geovana e quella cristiana:

Con la falsa promessa («non morirete affatto»:Gen 3,4) Satana introduce nel mondo l’idea dell’immortalità dell’anima, e con essa la Religione, che è il mezzo con cui Satana governa il mondo.

Con il diluvio satana introduce nel mondo l’economia e la politica. In questo modo il sistema malvagio per governare il mondo è composto di tre braccia: Religione, Economia, Politica. Da quest’idea nasce il rifiuto del dialogo con le altre religioni e con le strutture pubbliche (cfr. il rifiuto a fare il servizio militare o civile)

Va bene, forse combattere le armi di satana con altre di speculari (un’altra religione che si organizza socialmente in un gruppo compatto, e non so bene come gestiscano i soldi) può sembrare un po’ ipocrita, ma se ci pensate bene è decisamente più ragionevole dell’odio cristiano verso il Maligno. Voglio dire, almeno i geovani sono in competizione con Satana e giustamente attuano una pressante pubblicità comparativa, i cristiani per quale motivo dovrebbero realmente avercela con Belzebù? il poveretto ha la sola colpa di aver litigato con Dio qualche millennio fa, e per inciso da allora si sta facendo un mazzo tanto a gestire il ritrovo post-mortem della maggior parte degli esseri umani, in un posto che ve lo raccomando (si fa per dire). Se non fosse così una brava persona si sarebbe già messo in pensione in qualche traquilla cascina di campagna, e che scendesse il Vecchio a sistemarsi i suoi casini (il libero arbitrio e il male nel mondo ce li ha voluti lui), invece di delegare tutto (SanPietro, Gesù, qualcuno al Purgatorio che non ricordo chi sia…) e godersi semplicemente il panorama di lassù.

Ad ogni modo pare che qualcuno abbia scoperto dei messaggi subliminali satanici in alcune pubblicazioni dei Testimoni di Geova, oltre che in altri celebri Insospettabili (i Police, le Las Ketchup e lo spot per i 60 anni della Repubblica Italiana! intuite da soli la serietà di questo sito, credo). Le due immagini che propongo provengono dall’esempio meno ridicolo, il che è tutto dire, ma pare davvero di scorgere una mano deforme in questa illustrazione. Quantomeno quella dell’illustratore.

E se si scoprisse che i geovani sono in realtà adepti del Grande Tentatore sotto mentite spoglie? sono forse il ramo centrista della coalizione del male, intenti a raccattare le anime di quelli troppo distanti da Satana ma disposti a schierarsi contro il Grande Vecchio? Cosa diavolo rappresenta un’illustrazione in cui un canuto ma nerboruto signore spacca dei vasi di terracotta mentre una folla di chierichetti un po’ troppo cresciuti lo osserva estasiata? Tutte domande troppo elevate per noi umili esseri umani. O forse sono io a essere troppo semplice per stare dietro a questo genere di cose. Voglio dire, io se fossi il Diavolo mi ritirerei in montagna. E senza campanello alla porta.

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Appunti di Viaggio: il mio Tumblr personale

Fino a poco tempo fa ne sapevo poco o nulla dei Tumblelog ma c’è davvero voluto nulla perchè non potessi più farne a meno.  
I tumblelog dovrebbero essere usati per condividere creazioni, scoperte, esperienze… il mio è diverso! 
Uso il tlog (wow vista la padronanza dei termini?!?) come ‘block-notes’: prendo nota di un link, di una notizia, […]

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3° WORLD CUP TAEKWON-DO IL DU LAC ET DU PARC GRAND RESORT Ospita la Federazione Italiana Taekwon-do

Saranno ben 1500 gli atleti che dal 15 al 19 ottobre animeranno le sponde del Lago di Garda per il campionato di Taekwon-do che avrà luogo presso il Palacongressi.
Riva del Garda si trasformerà in un grande ring, dove avranno luogo gli incontri che decreteranno il campione del mondo della nobile arte marziale del Taekwon-do.
Come spesso […]

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Contro quale Natura?

Tormentone tra i tormentoni, la condanna di “innaturalità” è da sempre (o perlomeno da che io ricordi) una delle più efficaci armi d’offesa nel dibattito pubblico. Chissà poi perchè, in fondo non c’è in giro molta gente così determinata a tornare nel proprio Eden ideale. È probabile che, più o meno consciamente, la Natura tirata in ballo sia in effetti una costruzione narrativa, mitologica, una maniera per raccontarsela ed evitare di affrontare direttamente ciò che sfugge alla propria manichea versione del mondo, a ciò che è ambiguo e in quanto ambiguo da sempre tabù.

Il motivo della tirata di qua sopra è che dal 7 ottobre 2008 al 7 gennaio 2009 Genova (dove peraltro si terrà il Gay Pride 2009) ospiterà la mostra “Against Nature”, dove prevalentemente per mezzo di cartelloni esplicativi (ma si sa mai che si riesca a vedere anche qualche filmato, cari lettori zoofili) verrà trattato in maniera decisamente esaustiva il tema dell’omosessualità nel mondo animale.

“Dalla pletora di casi portati si deduce che l’atto sessuale negli animali sociali esuli dalla mera riproduzione e sia piuttosto praticato per trarne piacere. Più gli animali sono sociali più questi presentano varietà di comportamenti sessuali, di cui l’omosessualità è il più diffuso. La causa dell’omosessualità, probabilmente, non è univoca e può risiedere sia in componenti genetiche che ambientali. In entrambi i casi si tratterebbe di processi che avverrebbero normalmente in natura.” (dal già linkato articolo di Pikaia)

Ricordo che quando ero alle scuole medie un amico mi disse che di tutti gli animali apprezzava soprattutto umani e delfini, poichè unici a godersi l’amplesso (non conosceva la famosa storiella sui maiali, pare), a quanto sembra sbagliava per difetto se i casi documentati di “specie omosessuali” (e che quindi praticano il sesso anche al di fuori di logiche riproduttive), in continuo aumento, sono oltre 1500.

Ora, appurato che l’omosessualità non è “contro natura” nel senso più letterale del termine (ovvero: prodotto di una o più culture umane, in questo caso “deviate”), sono andato in cerca delle critiche di routine che eventi come questi suscitano per trovare eventuali altre fandonie da sfatare. Ho scoperto, con mia sorpresa, solo questo articolo dell’Occidentale che porta tuttavia avanti le sue argomentazioni in una maniera interessante, vediamo:

è il termine ‘natura’ che viene equivocato dai nemici-di-tutti-i-pregiudizi. Per il giusnaturalismo classico, natura non è tutto ciò che è oggetto di esperienza […] ma ogni vita che si svolge nel segno della conservazione della specie e che, pertanto, adempie tanto meglio al suo fine quanto più cresce sana e gagliarda. Il problema non sta nel registrare quel che c’è ma nello stabilire se quel che c’è è sano o patologico.[…]Il vero contenzioso tra modernisti e tradizionalisti sta in ciò che per i primi la distinzione tra il normale e il patologico è molto problematica se non arbitraria mentre per i secondi vi è una ‘recta ratio’ iscritta ‘in rerum natura’ che consente di affermare che certi prodotti sono ben conformati mentre altri presentano evidenti difetti. Entrambe le posizioni stanno nel regno dei ‘giudizi di valore’ e, pertanto, non possono esibire il lasciapassare della scienza.[…] basta, però, che non si pretenda di imporre a tutti le stesse ‘concezioni del mondo’( o meglio le stesse ‘filosofie della natura’) attraverso una mirata riforma morale e intellettuale dell’insegnamento e, quel che è peggio, di farlo in nome della Scienza

L’argomentazione è più sottile di quella che mi aspettavo (già, non mi aspettavo granchè) ma come al solito in questi casi denota un’ignoranza di fondo, o perlomeno una cattiva fede sottesa (se non entrambe). Innanzitutto non coglie l’importanza di documentare l’incredibile diffusione di una pratica che prima si credeva, al di fuori del genere Homo e dei bonobo, quantomeno episodica (perlomeno per quanto riguarda l’opinione pubblica, e di una mostra stiamo parlando): se un comportamento del genere è così diffuso è probabile, difatti, che banalmente “serva” a qualcosa. È questo a smontare l’argomentazione di Cofrancesco (il giornalista dell'”Occidentale”), perchè proprio questa diffusione esclude la possibilità che l’omosessualità sia un comportamento patologico e la pone nel novero delle strategie disponibili per l’organizzazione della vita animale. Se volete è un po’ lo stesso motivo (qui però potrei attirarmi le antipatie anche di qualche scienziato più dawkinsiano di me) per cui la ricerca sulle supposte cause dell’omosessualità brancola tanto nel buio: non si tratta tanto di un’eccezione alla norma, quanto di una delle carte che si possono pescare nel mazzo, e pertanto è probabilmente correlata biologicamente solo a fattori di “preferenza” (che sono stati più o meno individuati a più riprese), un po’ come la passione per le bionde e statuarie nordiche o per le focose e tascabili latine.

Certo, se fosse scelta dalla totalità di una specie questa non supererebbe la prima generazione, ma questo ha importanza? In qualche maniera il comportamento omosessuale si protrae presumibilmente da sempre in un numero vertiginoso di specie, questo dovrebbe bastare ad assicurargli la patente di comportamento non-patologico e probabilmente utile (ad esempio ad assicurare cure parentali aggiuntive in un eventuale threesome animalesco, tanto per fare un esempio fantasioso). Questa è semmai l’unica “recta ratio inscritta in rerum natura” tanto sbandierata da Cofrancesco: la conservazione della specie va oltre la semplice equazione xx+xy=andate, moltiplicatevi e morta lì.

Per chiudere (sperando di continuare nei commenti come nel pezzo su Darwin), vorrei far presente quanto poco sopporti chiose conclusive come quella di Cofrancesco. Chi impone ad altri le proprie concezioni del mondo è proprio quella schiera di “naturalisti fai-da-te”, che nel nome della propria libertà limitano quella altrui, arrogandosi il diritto di decidere cosa sia giusto e insegnabile e cosa sia sbagliato e perlomeno da nascondere, visto che per generosa concessione hanno smesso (a parole) di vietare e perseguitare.

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Facebook fra Progressisti e Conservatori

Daniel mi ha segnalato un interessante post pubblicato da Mushin sul suo blog WebGarden: Sull’Utilizzo dei Social Network: Conservatori vs. Progressisti
esiste una scuola conservatrice ed uno progressista.
I conservatori sono coloro che tendono ad usare i Social Network in modo da replicare online i legami che si creano offline.
I progressisti invece tendono a costruirsi su internet un […]

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Siccome sono un INGEGNERE…

1. Siccome sono un ingegnere rompo i coglioni

2. Siccome sono un ingegnere ho la flessibilità mentale di una parete di granito

3. Siccome sono un ingegnere io ho ragione e tu hai torto

4. Siccome sono un ingegnere le cose si possono fare in una maniera sola. La mia!

5. Siccome sono un ingegnere tutto quello che non è ingegneria e una cazzata

6. Siccome sono un ingegnere io sono il migliore

7. Siccome sono un ingegnere tu devi fare le cose che ti dico io, quando lo dico io e soprattutto come lo dico io. Come, tu sei il capo… oh cazzo!! Ma non importa, perchè tu non sei un ingegnere. Cosa vuol dire ‘licenziato’? Io sono laureato, anzi iscritto all’albo. La licenza media l’ho presa tanti anni fa, anni di faticoso studio prima di diventare, finalmente, ingegnere, cosa che Lei non è. Cosa vuol dire ‘fuori dai coglioni????’ Fuori di quanto? E in quanto tempo? E quanti sono i coglioni? Di che dimensione? Di che colore?…

8. Siccome sono un ingegnere la precisione è tutto

9. Siccome sono un ingegnere la fantasia… la fantache?? è un aranciata?

10. Siccome sono un ingegnere, anche l’amore è solo un fatto tecnico. Anzi, spostati di 7.12 cm più a destra… Cosa dici, cara, mi lasci?? Ma è impossibile! Lasciare un ingegnere???

11. Siccome sono un ingegnere non ho più letto un libro in vita mia. Una volta che uno è ingegnere, cosa deve sapere di più??

12. Siccome sono un ingegnere il tubo della lavatrice lo riparo io

13. Siccome sono un ingegnere oggi sono troppo occupato per riparare il tubo della lavatrice

14. Siccome sono un ingegnere se la lavatrice dopo che la ho riparata io non funziona ancora, vuol dire che l’hanno progettata male. Sicuramente non era un ingegnere.

15. Siccome sono un ingegnere, chiunque non lo sia e un idiota

16. Siccome sono un ingegnere, l’unica cosa che importa è ‘quanto costa?’

17. Siccome sono un ingegnere non mi chiedo mai perchè… anche perchè se me lo fossi chiesto, non sarei un ingegnere

18. Siccome sono un ingegnere non sono UN PIRLA

19. Siccome sono un ingegnere l’uomo giusto per te sono io, quindi molla quel tipo della Bocconi

20. Siccome sono un ingegnere l’ultima parola spetta a me

21. Siccome sono un ingegnere si guarda in TV quello che dico io, tutto il resto sono scemenze

22. Siccome sono un ingegnere non mi serve la calcolatrice

23. Siccome sono un ingegnere ho diritto a essere servito per primo

24. Siccome sono un ingegnere la posizione di questa notte la decido io, mettiti a pi greco mezzi in coordinate polari

25. Siccome sono un ingegnere non ho vita sociale e posso dimostrarlo matematicamente

26. Conosco perfettamente il calcolo vettoriale, ma non ricordo come fare una divisione a mano

27. Siccome sono un ingegnere ridacchio ogni volta che sento parlare di Forza Centrifuga

28. Siccome sono un ingegnere conosco ogni singola funzione della calcolatrice grafica

29. Siccome sono un ingegnere quando mi guardo allo specchio, vedo un laureando in Ingegneria

30. Siccome sono un ingegnere se fuori è bello e ci sono 30 gradi, sto in casa a lavorare sul computer

31. Siccome sono un ingegnere fischietto di frequente il motivetto di Mac Gyver

32. Siccome sono un ingegnere studio per gli esami anche il sabato sera

33. Siccome sono un ingegnere so derivare il flusso dell’acqua della vasca da bagno e integrare il volume richiesto dagli ingredienti del pollo arrosto

34. Siccome sono un ingegnere penso matematicamente

35. Siccome sono un ingegnere ho calcolato che la Serie A del campionato diverge per A sufficientemente grande

36. Siccome sono un ingegnere se posso cerco di non fissare troppo gli oggetti, perché temo di interferire con le loro funzioni d’onda

37. Siccome sono un ingegnere ho un micio con il nome di uno scienziato

38. Siccome sono un ingegnere rido alle barzellette sui matematici

39. Siccome sono un ingegnere sono ricercato dalla Protezione Animali perché ho tentato l’esperimento di Schroedinger sul proprio gatto

40. Siccome sono un ingegnere traduco direttamente l’italiano in formato binario

41. Siccome sono un ingegnere non riesco proprio a ricordarmi cosa ci sia dietro la porta del Centro di Calcolo marcata EXIT

42. Siccome sono un ingegnere cerco di muovermi il meno possibile per non contribuire alla morte entropica dell’Universo

43. Siccome sono un ingegnere considero qualsiasi altro corso non scientifico troppo facile

44. Siccome sono un ingegnere quando il professore chiede la consegna del progetto, dichiaro di essere riuscito a calcolarne il momento vibrazionale in modo così esatto, che, secondo il principio di Heisenberg, esso potrebbe trovarsi in qualsiasi punto dell’universo

45. Siccome sono un ingegnere assumo come ipotesi di lavoro che un cavallo possa approssimarsi ad una sfera per semplificare i conti

46. Siccome sono un ingegnere rido ad almeno cinque punti di questa lista

47. Siccome sono un ingegnere faccio una copia di questo file, e lo pubblico sul mio blog.

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Basta dossi!

Come avrete sicuramente notato, ultimamente a Desenzano (e non solo) stanno costruendo sempre più dossi, ancora più di quelli che c’erano prima. Adesso ne mettono addirittura 2 o 3 in fila. Sembra che si divertano.
Certo, il motivo è ridurre la velocità dei veicoli sulla strada, cosa giusta, dato che a volte si vedono certi pazzi che vanno in centro a 80 all’ora.
Tuttavia mi chiedo: i dossi non sono forse una maschera per coprire la mancanza di controlli da parte delle forze dell’ordine?
Tutti possono vedere che sulla strada è garantita una sorta di impunità: si vede di tutto, sorpassi a destra, zig-zag tra le auto, velocità folli, guidatori drogati o ubriachi, e la possibilità che vengano colti in flagrante è ridicola.
Qualche volta si vedono delle pattuglie, sia di giorno che di notte, ma la maggior parte delle volte no. Per esempio ieri sera tra una cosa e l’altra ho girato in macchina tra Desenzano, Lonato, Sirmione e Peschiera senza vederne neanche una. Ed era sabato sera, con le decine di discoteche che ci sono in questa zona che richiamano non so quanti ragazzi.
Quando ero andato negli Usa in autostrada c’erano continuamente pattuglie; chi superava i limiti era quasi subito fermato, e andare in macchina era molto più sicuro.
Possibile che non si riescano a fare controlli seri anche qui? Se ci fossero molti ci penserebbero 2 volte prima di mettere a rischio la propria vita e quella degli altri. Per non parlare di chi beve e si mette alla guida, che con una discreta probabilità di essere controllato forse si guarderebbe bene dal mettersi al volante.
Non conosco bene la situazione italiana, ma so che abbiamo un numero di forze dell’ordine rapportato alla poloazione altissimo. Penso che il problema sia che la maggior parte di questi siano in ufficio dietro alle “scartoffie”.
Per questo dobbiamo sopportare di stimolare continuamente le sospensioni dell’auto sui dossi. Sempre più dossi ma pochi controlli, è questa la verità?

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Ripresa di… tutto

I miei “fedeli lettori” che non mi seguono su Twitter penseranno che io sia morto. In realtà morto lo sono solo dalla stanchezza quando arrivo a casa a fine giornata. Per ricapitolare quello che ho fatto dall’ultimo post in poi (non vorrete mica sorbirvi la ventina di twit sgrammaticati degli ultimi quattro giorni!):
sono stato una settimana a Barcellona con R-u che si è digievoluto in Rudi Babà e un altro suo amico da Trento, ho ripreso con il corso istruttori di Kung Fu, ho ripreso con l’Uni e con l’attività legata alle associazioni. Al momento siamo in ballo con il nuovo flyer e ci sono notevoli cambi nella Redazione, dunque il carico di lavoro aumenta, e siamo a pieno regime per quanto riguarda lo S.C.U.B.

Devo dire che sono soddisfatto di come procede il lavoro sul sito (e blog!) dell’associazione sportiva. Dopo la pubblicità che ne abbiamo fatto e i continui aggiornamenti, ormai abbiamo raggiunto la cinquantina abbondante di visite quotidiane negli ultimi due giorni. Poi c’è stato il Rookie Day con annesso party serale a Castel Roncolo dove ho perso il giubbino (ormai a Bolzano vale la pena portarselo dietro la sera). Domani andrò a recuperarlo ché mi hanno già avvisato che è stato ritrovato.

Avessi più tempo avrei moltissime avventure di D-u che però, dati gli impegni, cadranno nel mio proverbiale Dimenticatoio. Magari riprenderò appena si calmano le acque.

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