Tag: Arte

fermate la macchina da presa, voglio scendere

Io trovo che il tanto vituperato balletto delle cifre sia interessante di sponda, nonostante tutto. Volete la mia cifra? dico 800mila, e lo faccio confrontando alcune immagini (grazie a Nonnesoabbastanza, che comunque ne stima la metà) e tenendo conto che qualcuno, o perlomeno io l’avrei fatto, può aver partecipato alla manifestazione pur senza sorbirsi il discorsone finale di Veltroni. Voglio dire, ascoltare la tiratona di un segretario che ha indetto una manifestazione quattro mesi prima per farla cascare a un anno esatto di distanza dalla fondazione del Partito Democratico? Qui non è Hollywood, come cantavano i Negrita. In soldoni: l’immaginario non lo si può sempre programmare in anticipo, e le connessioni simboliche (che ci sono sempre, insegna Eco, basta cercarle) sono più efficaci quando non suonano artefatte, fare politica non dovrebbe assomigliare allo scrivere un libro (anche se spesso può essere simile, se si capisce ciò che intendo).

Torniamo alle cifre: perchè 2 milioni e mezzo? 800.000 sono già un’enormità, si può arrotondare al milione per fare scena e si ha comunque già un numero pazzesco, difficile da ritrovare negli scorsi anni (dopo la manifestazione di Cofferati, che a dire il vero pure fu un po’ gonfiata). O si sta dando implicitamente credito ai 2 milioni che sparò Berlusconi un anno fa? leggere la cifra “ufficiale” in un ottica di “ce l’abbiamo più lungo di voi” è avvilente, ma in piccola parte almeno potrebbe essere la via giusta. Mi spiego meglio, e riprendo il “filone cinematografico”: Veltroni sa di dover dare al proprio “popolo” un immaginario, e sta provando a far vivere i suoi elettori nell’unico che conosce, ovvero quello del cinema americano. Fate due calcoli e vedrete che finora le immagini ricorrenti nei discorsi di Walter sono state le brave persone, quelli che lavorano e non arrivano a fine mese, il grande patto che lega assieme le persone di buona volontà che di fronte alla minaccia dell’ubercattivone si mettono assieme accantonando le proprie divergenze for a Greater Good. Il problema di Veltroni è che questa massa di persone va conquistata, e lui ora come ora non ce l’ha. Certo, c’è il “popolo delle primarie”, ma se da un lato si è sfilacciato in un anno di strada dissestata percorsa assieme, dall’altro non è mai stato proprio come Walter lo voleva, forse troppo variegato ed esigente. Forse per questo si sta abbandonando alla vecchia e disgraziata abitudine della sinistra italiana di parlare più col centro che con la sinistra? in fondo i cattolici sono molto più adatti a fare da comparse in un film yankee.

Da mesi uno dei chiodi fissi di Veltroni è la dimensione del suo partito, perchè non basta dimostrare di rappresentare una parte notevole del paese nonostante tutte le cazzate fatte e dette: quando si tratta di far scattare l’ora della riscossa si tratta di essere in più e più cazzuti del nemico. Per questo se ne esce con le frasi tipo “il più grande partito riformista”, “il partito che vuole unificare l’Italia” e con le sparate dei 2 milioni e mezzo, lui non vuole un partito d’opposizione o di governo, vuole sconfiggere le forze del Male (e poi da dell’antiberlusconiano a DiPietro). Vagli a spiegare che, per quanto potrebbe sembrare il contrario, le forze del Male hanno altro da fare che stare appresso all’Italia. Poi quando vai a vedere quello che dice ti stupisci che non faccia proposte, ma è chiaro che non fa proposte, gli imperi del male si sconfiggono forse con le proposte? no, qui ci vorrebbero un po’ di effetti speciali, qualche astronave e un finale romantico, altro che proposte.

Insomma, nel discorso politico costruire un immaginario è essenziale, ma l’azione politica non si può limitare a questo, altrimenti viene banalmente fuori sulla distanza la vacuità delle belle parole. Ammesso e non concesso che i possibili elettori del Pd vogliano sentirsi le “brave persone che lavorano”, si può andare oltre l’autocompiacimento? ci si può distinguere per le battaglie e gli ideali che si portano avanti? ecco, se purtroppo questa tendenza a sostituire i programmi politici con sceneggiature banali potrebbe essere più generale che italiana, e sicuramente è quello che fa Forza Italia da 15 anni (ma non è una buona idea andar dietro a loro), è dovere morale di elettori cercare di cambiare rotta. Anche se toccasse cambiare segretario.

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HO PERSO LA FACCIA Al via la stagione teatrale di Desenzano

Ai blocchi di parternza la Stagione Teatrale desenzanese: 10 spettacoli dal 28 ottobre 2008 al 6 aprile2009 al Teatro Alberti. Si inizia con Carlo delle Piane e Erika Blanc, con “Ho perso la faccia“, una brillante e divertente commedia di Sabina Negri, per la regia di Renato Giordano. La storia è quella di un chirurgo […]

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L’ultimo, vi prego, sulle castagne

E vabbeh, dopo averle raccolte, e dopo averle classificate, è tempo di… cucinarle!
Metti caso che ci sia qualcuno che non lo ha mai fatto, ho pensato che spiegherò al gentile lettore come le faccio io: al forno.
Sottotitolo: Castagne 4 dummies.
Prendi una castagna, trattala male: falle un tagliettino in diagonale;
cacciala in forno a 200 gradi, ma […]

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Perchè, tutto sommato, potremmo ancora dirci piddini

Stamattina stavo scrivendo un pezzo sulla manifestazione di sabato (uscirà domani, credo), quando mi sono reso conto che ormai la mia posizione nei confronti del Partito Democratico si sta cristallizzando verso un rifiuto più o meno marcato. Magari qualcuno di voi sarebbe contento di risolvere una lunga diatriba interiore con una posizione netta, a me invece una situazione del genere turba, soprattutto perchè dopo aver lasciato dietro di sè anche il partito democratico non rimane molto (oltre all’espatrio, intendo) nel panorama politico italiano.

I comunisti, a mio parere, sono andati del tutto: già il fatto che Ferrero abbia fatto tanto per diventare segretario, aggregando a sè tutti i groppuscoli che si opponevano come lui a Vendola, non mi aiuta a vederlo come un dirigente interessato più alle lotte che al potere; se poi mi capita di ripensare a Diliberto, Rizzo o il recentemente tornato in auge (anche se solo come consulente) Bertinotti, mi rendo conto che l’occasione di rinnovarsi arrivata con la batosta elettorale non è stata, non è e non sarà mai colta. Il futuro nel quale si può sperare, per loro, non è certo quello prossimo.

L’Italia dei valori ha fatto quello che col mio voto le avevo chiesto di fare, si può dire, ma per quanto mi riguarda il mandato vorrebbe finire qui (non escludo di rivotarli in futuro, ma spero di no). Non sarà certo dal gruppo di DiPietro che arriverà il futuro migliore per l’Italia, il suo compito era ed è, per quanto mi riguarda, vigilare acchè la situazione non peggiori e possibilmente migliori nei nodi crociali che possono vanificare ogni spinta innovativa: giustizia,informazione, meccanismi elettorali. Li ho votati perchè temevo, a ragione credo, che Veltroni non avrebbe avuto la stessa determinazione nell’opporsi a una destra che su questi tre temi ha fatto i più grandi sfaceli, e ancora non è sazia. Li ho votati per questi motivi, ma le chiavi del mio futuro le vorrei affidare a qualcun’altro.

E quindi? se resta solo Veltroni, ci dobbiamo affidare a Veltroni? proprio qui sta il punto cruciale: se si tratta di mettersi dalla parte di questo segretario finchè morte non ci separi allora non ci siamo, e la scelta è tra Spagna, Inghilterra o Germania. Se però…

…se però il partito democratico fosse l’unico che per qualche strana contingenza è ancora dotato della capacità di cambiare? se per caso la venerazione veltroniana per Obama avesse prodotto, di sponda, un partito che in una qualche maniera (più teorica che pratica per ora) ha una vocazione partecipativa? se ci si fossero infilate, malgrado le intenzioni dell’establishment di cambiare tutto perchè niente cambiasse, persone con voglia di modificare le facce e i modi della politica? ecco, tutto questo è successo, credo (o forse spero). Mi è capitato di sentire da esponenti locali fidati (come TheNib) notizie rassicuranti sulla capacità locale di proporre persone e idee nuove, forse il problema è solo nazionale? in tal caso potrebbe essere una questione di tempo, ma tanto vale accelerare il processo.

Per questo, se il partito democratico è davvero l’unica grande partito con un residuo di democrazia interna rimasto in Italia, vale la pena cercare di non staccare quest’ultima spina. Rileggendoli, mi sono reso conto che i miei primi pezzi sul Pd denotavano un misto di curiosità e voglia di sperare, che man mano sparivano per lasciar posto a diffidenza, poi rabbia e infine rassegnazione. Prima di arrivare alla fase “vecchietto acido e brontolone” vorrei invertire la rotta e stabilizzarmi su una vigile e apprensiva attenzione per un partito che non abbiamo ancora perso del tutto.

Come fare? per ora ho trovato dei compagni di viaggio: la Fondazione Daje, che forse è nata un po’ per celia, ma sta diventando qualcosa di più strutturato senza perdere, ed è importante, la voglia di scherzare. Seguite il mio esempio e vedrete che qualcosa, ancora, si può fare.

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Parliamo dell’effetto Ahranov-Bohm

Come no, tutti lo conoscono!

L’effetto Ahranov-Bohm, eponimo dei suoi scopritori, è un effetto quantistico che si manifesta come un “azione” dei potenziali sulle particelle cariche anche dove i campi sono nulli.

L’esperimento che mostra questo effetto è il seguente:

Consideriamo un pennello di elettroni che sia separato in due fasci divisi. I due fasci elettronici in assenza di elementi posti dietro alle fenditure creeranno delle figure di interferenza (diffrazione di elettroni) mostrando dei picchi.

Se ora poniamo dietro le aperture un solenoide in cui sia fatta fluire corrente distante dai percorsi dei due fasci, nonostante gli elettroni non attraversino le linee di campo magnetico che risultano confinate solamente all’interno del solenoide, la figura di interferenza subirà un cambiamento.

 

 

Setup sperimentale. La zona B è la zona in cui è presente il campo magnetico (un solenoide).
 
Com’è possibile ciò? Gli elettroni, in quanto particelle cariche, non risentono della forza di Lorentz? Se B=0 allora anche la forza di Lorentz sarà nulla!
 
In realtà le particelle quantistiche non interagiscono con il campo magnetico ma con il potenziale vettore di questo campo, A, \mathbf{B}=\nabla \times \mathbf{A}, quindi in qualche modo lo “sfuggente” potenziale vettore influenza la fase dell’elettrone.
 
Si dimostra, partendo dalla sostituzione minimale nell’equazione di Schroedinger, che la fase accumulata nel percorso dell’elettrone è fornita da
 
 
creando una differenza di fase fra due percorsi data dall’interessante formula
 
 
Quest’ultima equazione coinvolge il flusso del campo magnetico (calcolato con il teorema di Stokes) attraverso l’area compresa fra i due percorsi.
 
Ma ora viene da chiedersi come sia possibile l’interazione fra particella e potenziale vettore A.
 
La trattazione rigorosa prevede lo studio dell’equazione di Schroedinger in presenza di campo elettromagnetico e lo studio della sua invarianza di gauge, tuttavia qualcosa sfugge ancora alla piena comprensione del fenomeno.
 
Questi studi hanno portato Bohm a formulare un’interpretazione ontologica della meccanica quantistica.
 
Molto brevemente, i punti principali di questa interpretazione possono essere riassunti a partire da alcune considerazione sull’equazione di Schrodinger. Riscrivendo la funzione d’onda in forma polare

\psi = R \exp{(iS/h)}

l’equazione di Schrodinger in presenza di un potenziale V assume la forma di due equazioni per il modulo R e la fase S/h della funzione d’onda:

\[ \begin{array}{l} \frac{{\partial S}}{{\partial t}} + \frac{{\left( {\nabla S} \right)^2 }}{{2m}} + V - \frac{{\hbar ^2 }}{{2m}}\frac{{\nabla ^2 R}}{R} = 0 \\ \frac{{\partial R^2 }}{{\partial t}} + \nabla \cdot \left( {R^2 \frac{{\nabla S}}{m}} \right) = 0 \\ \end{array} \]

La prima equazione nel limite h->0 (limite classico) restituisce le equazioni di Hamilton Jacobi (qundi il moto classico-deterministico) mentre la seconda, più interessante si può leggere come una conservazione della probabilità in un “ensemble” di particelle, aventi un movimento normale allo stesso fronte d’onda con una densità di probabilità P=R^2 dove R è l’ampiezza della funzione d’onda (modulo).

Qui sembra emergere la descrizione di particella che conosciamo nella vita di tutti i giorni, senza tutte le ambiguità della meccanica quantistica, principi di indeterminazione, collasso della funzione d’onda etc.

Una particella alla quale `e stata attribuita una “realtà” oggettiva, cioè un corpo mareriale di una certa massa, carica e momento che descrive una traiettoria visualizzabile come una successione causale di punti nello spazio.

Che la visione classica ontologica non si possa estendere al dominio quantistico grazie a questa interpretazione? Ovvero, le equazioni di Hamilton Jacobi possono essere estese alla meccanica quantistica con l’aggiunta di un nuovo termine, detto potenziale quantistico?

Il potenziale quantistico si comporta da tramite per trasportare informazione, come una sorta di onda pilota? Attraverso questa nuova nozione, è possibile interpretare l’esperimento di interferenza dicendo che gli elettroni hanno l’abilità di compiere lavoro sotto l’influenza dell’informazione attiva descritta dal campo quantistico.

Il problema che noto io è che la teoria delle onde pilota si pone come una teoria a variabile nascosta (in questo caso il potenziale quantistico) e proprio Bell ha confermato grazie al suo teorema che le teoria a variabile nascosta sono incompatibili con le predizioni della meccanica quantistica.

http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_di_Bell

 


Referenze:

J.Griffith – Introduzione alla meccanica quantistica.

Schiff – Quantum Mechanics

Cristiano Fidani – L’effetto Ahranov Bohm e il potenziale quantistico. http://ulisse.sissa.it/biblioteca/saggio/2007/Ubib070622s001

http://en.wikipedia.org/wiki/Aharonov-Bohm_effect

 
P.S.Un’implicazione è inoltre la quantizzazione del flusso di campo magnetico in multipli di \hbar /2e.

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Parliamo dell’effetto Ahronov-Bohm

Come no, tutti lo conoscono!

L’effetto Ahronov-Bohm, eponimo dei suoi scopritori, è un effetto quantistico che si manifesta come un “azione” dei potenziali sulle particelle cariche anche dove i campi sono nulli.

L’esperimento che mostra questo effetto è il seguente:

Consideriamo un pennello di elettroni che sia separato in due fasci divisi. I due fasci elettronici in assenza di elementi posti dietro alle fenditure creeranno delle figure di interferenza (diffrazione di elettroni) mostrando dei picchi.

Se ora poniamo dietro le aperture un solenoide in cui sia fatta fluire corrente distante dai percorsi dei due fasci, nonostante gli elettroni non attraversino le linee di campo magnetico che risultano confinate solamente all’interno del solenoide, la figura di interferenza subirà un cambiamento.

 

 

Setup sperimentale. La zona B è la zona in cui è presente il campo magnetico (un solenoide).
 
Com’è possibile ciò? Gli elettroni, in quanto particelle cariche, non risentono della forza di Lorentz? Se B=0 allora anche la forza di Lorentz sarà nulla!
 
In realtà le particelle quantistiche non interagiscono con il campo magnetico ma con il potenziale vettore di questo campo, A, \mathbf{B}=\nabla \times \mathbf{A}, quindi in qualche modo lo “sfuggente” potenziale vettore influenza la fase dell’elettrone.
 
Si dimostra, partendo dalla sostituzione minimale nell’equazione di Schroedinger, che la fase accumulata nel percorso dell’elettrone è fornita da
 
 
creando una differenza di fase fra due percorsi data dall’interessante formula
 
 
Quest’ultima equazione coinvolge il flusso del campo magnetico (calcolato con il teorema di Stokes) attraverso l’area compresa fra i due percorsi.
 
Ma ora viene da chiedersi come sia possibile l’interazione fra particella e potenziale vettore A.
 
La trattazione rigorosa prevede lo studio dell’equazione di Schroedinger in presenza di campo elettromagnetico e lo studio della sua invarianza di gauge, tuttavia qualcosa sfugge ancora alla piena comprensione del fenomeno.
 
Questi studi hanno portato Bohm a formulare un’interpretazione ontologica della meccanica quantistica.
 
Molto brevemente, i punti principali di questa interpretazione possono essere riassunti a partire da alcune considerazione sull’equazione di Schrodinger. Riscrivendo la funzione d’onda in forma polare

\psi = R \exp{(iS/h)}

l’equazione di Schrodinger in presenza di un potenziale V assume la forma di due equazioni per il modulo R e la fase S/h della funzione d’onda:

\[ \begin{array}{l} \frac{{\partial S}}{{\partial t}} + \frac{{\left( {\nabla S} \right)^2 }}{{2m}} + V - \frac{{\hbar ^2 }}{{2m}}\frac{{\nabla ^2 R}}{R} = 0 \\ \frac{{\partial R^2 }}{{\partial t}} + \nabla \cdot \left( {R^2 \frac{{\nabla S}}{m}} \right) = 0 \\ \end{array} \]

La prima equazione nel limite h->0 (limite classico) restituisce le equazioni di Hamilton Jacobi (qundi il moto classico-deterministico) mentre la seconda, più interessante si può leggere come una conservazione della probabilità in un “ensemble” di particelle, aventi un movimento normale allo stesso fronte d’onda con una densità di probabilità P=R^2 dove R è l’ampiezza della funzione d’onda (modulo).

Qui sembra emergere la descrizione di particella che conosciamo nella vita di tutti i giorni, senza tutte le ambiguità della meccanica quantistica, principi di indeterminazione, collasso della funzione d’onda etc.

Una particella alla quale `e stata attribuita una “realtà” oggettiva, cioè un corpo mareriale di una certa massa, carica e momento che descrive una traiettoria visualizzabile come una successione causale di punti nello spazio.

Che la visione classica ontologica non si possa estendere al dominio quantistico grazie a questa interpretazione? Ovvero, le equazioni di Hamilton Jacobi possono essere estese alla meccanica quantistica con l’aggiunta di un nuovo termine, detto potenziale quantistico?

Il potenziale quantistico si comporta da tramite per trasportare informazione, come una sorta di onda pilota? Attraverso questa nuova nozione, è possibile interpretare l’esperimento di interferenza dicendo che gli elettroni hanno l’abilità di compiere lavoro sotto l’influenza dell’informazione attiva descritta dal campo quantistico.

Il problema che noto io è che la teoria delle onde pilota si pone come una teoria a variabile nascosta (in questo caso il potenziale quantistico) e proprio Bell ha confermato grazie al suo teorema che le teoria a variabile nascosta sono incompatibili con le predizioni della meccanica quantistica.

http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_di_Bell

 


Referenze:

J.Griffith – Introduzione alla meccanica quantistica.

Schiff – Quantum Mechanics

Cristiano Fidani – L’effetto ahronov Bohm e il potenziale quantistico. http://ulisse.sissa.it/biblioteca/saggio/2007/Ubib070622s001

http://en.wikipedia.org/wiki/Aharonov-Bohm_effect

 
P.S.Un’implicazione è inoltre la quantizzazione del flusso di campo magnetico in multipli di \hbar /2e.

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Gli itachiani a Profumo di Mosto 2008

Anche quest’anno una folta delegazione di itachiani ha partecipato all’appuntamento Profumi di Mosto che si è svolto il 12 ottobre 2008 nel territorio del Garda Bresciano.
Iniziativa che a nostro avviso sta crescendo molto. Quest’anno l’organizzazione ha deciso di plasmare l’iniziativa attorno ad un progetto su cui il consorzio Garda Classico sta puntando molto: Creare un marchio unico […]

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Terribili segreti da confessare #1

Penso di essere una persona orribile.
Ho pulito ad una ad una con un panno tutte le castagne raccolte domenica (7 kg.).
Ho controllato che non fossero bacate.
E poi le ho suddivise in gruppetti a seconda della dimensione.
Sono metodica come un serial killer.

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LA SCIENZA AL SERVIZIO DEL LAGO Una giornata di studio sul Garda

L’Istituto di Geofisica e Bioclimatologia di Desenzano organizza una giornata di studio sabato 25 ottobre in Sala Peler di Palazzo Todeschini sul tema”La Scienza al servizio del Lago“: modellizzazione numerica applicata al Lago di Garda. Vi saranno interventi del prof. A. Marzocchi (UniversitàCattolica), del prof. Alfio Quarteroni (Politecnico di Milano), del prof. EdieMiglio (Politecnico di […]

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Non salvate l’Italia, insegnatele a salvarsi

Domani ci sarà la tanto attesa manifestazione del Partito Democratico, annunciata ormai 4 mesi orsono da Veltroni. L’appello ai giovani, le parole più chiare del solito che ieri sera Walter ha usato ad Anno Zero, persino il bisogno di far sentire la propria voce in una manifestazione che finalmente sarà, giocoforza, ripresa dalle telecamere in maniera quasi decente fanno venire la voglia di esserci domani e di sventolare magari qualche bandiera rossa che risalti in mezzo ai tricolori. Una sola cosa vorrei capire: chi andrà alla manifestazione sarà conteggiato come sostenitore del Partito Democratico? ecco, credo che la risposta sia: “si e no“.

No perchè la petizione non parla di appoggio al Pd, No perchè le rivendicazioni del Pd non solo non gli “appartengono” ma sono effettivamente tutte giuste, No perchè (e questo, sia chiaro, è un difetto) non ci sono effettive proposte di cambiamento che andando a questa manifestazione si testimonia di voler affidare al Pd. Insomma, è un no che invoglia anche i critici della linea Veltroni (fatta di tentennamenti, sbandate, sporadico consociativismo, tragicomiche alleanze con l’Udc in cantiere) a farsi vivi e lottare accanto a lui. È una maniera per affermare l’esistenza di un paese che lotta, nonostante un partito che spesso si dimentica di farlo, un paese che vuole mettere bene in chiaro alcuni punti quasi tutti contenuti nella petizione Salva l’Italia.

Ma c’è anche un Si, che è più che altro un timore. Quanto conteranno le intenzioni e quanto le strumentalizzazioni? con tutta la buona fede che si può imputare a Veltroni, lui di lavoro fa pur sempre il segretario di partito, e il suo mestiere è far credere che il proprio partito rappresenti più persone possibili. Domani il discorso potrebbe essere “Eccoci tutti qui a manifestare, noi del Pd e il resto della società civile che non sta con noi ma è comunque dal nostro lato del fronte“, e sul palco ci saranno sicuramente Veltroni e Franceschini ma potrebbero salire anche rappresentanti degli studenti e dei professori, delle mamme e degli immigrati, pronti a parlare non a favore del PD ma a favore della sua, e nostra, battaglia. Solo che ho paura di vederci Jovanotti su quel palco. Per questo potrebbe essere un Si la risposta, perchè non è più una questione di idee: io non so quanto fidarmi del Partito Democratico.

Per quanto mi riguarda domani non potrei esserci comunque a Roma, e la decisione è rimandata (tralaltro mi pare che il 14 Novembre sia prevista una manifestazione generale a Roma, più “sicura”, alla quale non mancherò), per chi invece non sapesse bene cosa fare, sinceramente non ho un consiglio da dare (ma spero di aver dato qualche spunto di riflessione).

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a Bologna tutti assieme contro la 133

Bologna, assemblea congiunta studenti-presidenza della facoltà di Lettere e Filosofia, 23/10/2008

Arrivare tardi alle assemblee ti costringe ad arrangiarti per trovare l’ultimo posto disponibile e a volte questo significa scoprire cose nuove, ad esempio che il posto giusto non è su uno dei banchi ma davanti alla cattedra, col viso rivolto al “lato sbagliato”: una marea di facce attente e interessate che non cambieranno espressione fino alla fine. Tanta gente che il “padrone di casa” esordisce chiedendo se per piacere si può uscire a fumare per evitare intossicazioni di massa, una folla eterogenea (tanto che un novello Lombroso, nel suo intervento, potrà dire di vedere rappresentata ogni tipologia ed estrazione politica di studente) che dopo una risata riesce quasi miracolosamente, visto il numero, a mantenere un clima di ascolto e a far scorrere via bene o male* lisci tutti gli interventi (rigorosamente aperti a chiunque si volesse prenotare).

Innanzitutto quello su cui sono tutti (ricercatori, docenti, preside e membri del consiglio di facoltà, studenti e rappresentanti degli studenti) daccordo: la riforma Gelmini è semplicemente inguardabile, a dire il vero non è nemmeno una riforma: solo una collezione di tagli. Chiaro, ognuno valuta più grave l’aspetto che sente più vicino, ma tutti in quell’aula erano concordi nel bocciare in toto la 133. Fa bene Tommaso del Vecchio, ricercatore e membro del consiglio di facoltà, a sottolineare come questa legge segni un punto di discontinuità persino con la famigerata riforma Moratti, poichè in questo caso non si sta decidendo una svolta culturale, non c’è un progetto, un’idea o anche solo una vera intenzione sotto la 133: soltanto la chiara decisione che la scuola non costituisce una priorità di spesa per questo governo (e per chi l’ha votato, data l’ottica populista con la quale governa Berlusconi). E sulla stessa linea è Grandi, un docente che parlando ancora più chiaro fa capire come la Scuola sia vista dal governo alla stregua di un serbatoio di tagli per recuperare soldi da smistare altrove: un progetto per un paese senza futuro, certo, ma questo paese ha deciso l’harakiri da tempo e non lo scopriamo oggi.

È il monito del preside Sassatelli, che spinge a fare autocritica e a modificare l’immagine che la gente ha dell’università e di chi la vive, da qualsiasi parte della cattedra egli si trovi, è il successo delle lezioni in piazza, momenti di trasparenza dell’università verso l’esterno oltre che di protesta simbolica (come ricorda Anna Borghi, docente e membra della rete “ricercatori precari”), è la necessita più volte ricordata dagli studenti di far vedere all’esterno, non solo nelle parole che ci si scambia tra compagni di viaggio, che il fronte è comune e che comprende, o dovrebbe comprendere, anche i cittadini. Uno dei punti più chiari è proprio questo: facciamoci capire dalla gente là fuori. Ed è su questo che le posizioni cominciano a divergere (ma meno di quanto sarebbe pericoloso per la lotta, a mio avviso).

Prima di andare più sullo specifico va segnalata un’altra cosa: l’università (nella misura in cui questo corso di laurea ne è indicazione) ha una gran voglia di cambiare. Ne hanno voglia gli studenti, che sognano spazi di autoformazione, maggiore libertà nella scelta del percorso di studi, ma soprattutto hanno la grande voglia di essere loro i motori di questo cambiamento, una riforma che possa finalmente partire dal basso. Ne hanno voglia anche professori e presidi, che sognano un’università che funzioni finalmente bene, che permetta di portare avanti seriamente sia la didattica che la ricerca senza gli sprechi e i clientelismi di cui anche la maggior parte di loro è spesso vittima. Ignorare questa voglia di cambiare e pensare alla rivolta come a una semplice difesa dei propri diritti o supposti privilegi di fronte a un taglio radicale dei fondi è un errore fatale, che non consente di leggere a fondo dentro la massa incredibile di persone che si sta muovendo in questi giorni.

Venendo alle proposte, i “fronti” si fanno contrapposti praticamente solo su un punto: la sospensione della didattica (sulle altre questioni le posizione sono più sfumate, vedremo dopo). Quello che molti studenti, ed è anche la posizione dei rappresentanti in quota “Rosso Malpelo” (componente di sinistra) ma non solo, vogliono non è certo un blocco ad oltranza fino alla revisione della legge ma bensì un’azione simbolica il cui significato sarebbe chiaro: anche il corpo docenti è dalla nostra parte, siamo tutti contro di te, Gelmini; è la necessita di far fronte comune in maniera visibile a spingere questa richiesta (che, ripeto, non si spingerebbe oltre i due giorni, da utilizzare per lezioni pubbliche e assemblee). Di contro, se pure chi vi si oppone riconosce la necessità del fronte comune, si ritiene che un’azione del genere sarebbe controproducente: un appiglio troppo semplice per screditare la lotta e un metodo veloce per perdere del tutto la possibilità che la gente là fuori possa appassionarsi alla nostra lotta; molto meglio organizzare assemblee serali per spiegare la riforma (e il professor Donati, docente a giurisprudenza, si è già detto disponibile) e continuare con le lezioni in pubblico, tenendo però separati i metodi di critica (in soldoni: la protesta più “aggressiva” è roba da studenti). In breve: una parte consistente degli studenti chiede ai professori di esporsi di più e una parte consistente dei professori (tra cui la maggioranza del consiglio di facoltà) risponde che non è esponendosi in questa maniera che si sistemeranno le cose, ma al contrario un’azione del genere potrebbe solo far naufragare il tutto. Non che sia una diatriba così importante: per quello che mi riguarda credo che si possa lasciar cadere (per ora ) questa richiesta, in fondo non è ancora così vitale, e se non si riescono a convincere i professori dubbiosi a prendere un provvedimento del genere allora tanto vale andare avanti senza questo tipo di protesta (che avrebbe avuto, è vero, un gran peso, ma di fatto avrebbe veramente esposto il movimento a delle critiche).

Un altro punto delicato è la questione (che poi è centrale nella mozione votata dal senato accademico) della valutazione e del conseguente finanziamento differenziale delle varie università. Intendiamoci, qui è una questione di enfasi: nell’ipotetica frase “No ai tagli previsti dalla 133, ma è giusto razionalizzare le spese e punire gli atenei che non riescono (o non vogliono) spendere entro i limiti” alcuni credono sia più importante la prima parte, gli altri la seconda (e capite da soli quali sono le parti in causa), ma nessuno si azzarda a negare la frase nel suo complesso. Non si può dire insomma, e qui torna il discorso di prima, che si voglia semplicemente salvare un’università che è colma di problemi non solo didattici ma anche economici, ma anzi che un cambiamento è necessario e deve passare per forza da una razionalizzazione delle spese che tenga ovviamente conto delle esigenze imprescindibili di un ateneo (e non, pertanto, da un taglio indiscriminato che servirebbe solo a distruggere gli ultimi sprazzi di buona università).

Per ora l’appuntamento è a martedì, quando i professori volenterosi saranno chiamati a decidere assieme agli studenti le prossime iniziative (lezioni in pubblico eccetera), ma l’impressione è che, pur chiarendo le reciproche posizioni su alcune questioni, si sia usciti da questa assemblea ancora compatti in un unico fronte di lotta. In attesa di altre lezioni pubbliche e delle prime assemblee serali.

In chiusura, vorrei linkare un illuminante pezzo di Calamandrei che una docente ha voluto leggere a tutti durante l’assemblea: lo trovate riportato qui.

* non è mio costume aggiungere delle note ai post, ma in questo caso voglio tenere ben distaccato dal resto l’unico episodio (al di là di qualche fischio) fastidioso della seduta. Quando uno dei rappresentanti di Student Office (diciamo la parte ciellina dei rappresentanti degli studenti, o comunque filodestrorsa), che peraltro potrei anche indicare come secondo episodio fastidioso della seduta, ha preso la parola per esprimere la sua opinione e, in coda, una piccola provocazione, si sono levati fischi e boati (prevalentemente da una parte dell’aula). Per scansare successive strumentalizzazioni preciso che, nonostante un paio di minuti di interruzione per far tornare il silenzio, il ragazzo ha potuto concludere il suo intervento.

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OLIO GARDA TRENTINO Dopo la DOP arriva anche la Certificazione biologica

Dopo la Dop, Denominazione di origine protetta, per l’olio di oliva Garda Trentino ottenuta dieci anni fa, ora è arrivata anche la certificazione biologica del frantoio. “E’ un tassello ulteriore del nostro mosaico” ha spiegato Claudio Bertoldi, il presidente dell’Agraria di Riva, con 364 soci, che rappresentano gran parte dei produttori dell’Alto Garda. In questo […]

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D-u 68,3% – lavatrice 31,7%

Erano due semestri e un cicinìn che D-u non voleva darsi per vinto contro la mostruosa lavatrice a gettoni di via Rosmini. Non poteva credere che non vi fossero possibilità. Che fine avrebbero fatto le certezze e speranze dei bambini se tutto fosse stato vero? Ma qualcosa è cambiato. Il futuro non lo spaventa più! Ecco come ha fregato la lavatrice:

[L’immagine si sfoca, ondeggia un po’ sullo schermo e dopo poco si definisce un’immagine con effetto seppia dagli angoli scoloriti eppure nitida.]

Proprio mentre il nostro paladino stava infilando dei boxer nel cestello, sul limitar dello sportellino srotondetto a oblò, si ferma. Osserva per un breve momento l’indumento e capisce. Capisce come. Capisce come deve. Capisce come deve fare per dare luce e speranza in un mondo buio.

Non poteva più sopportare che al momento di stendere le mutande fossero tutte girate con il dentro fuori, il fuori sopra e il sotto di lato un po’ sghembo. Era troppo umiliante. Ecco cosa pensava mentre stava per infilare le mutande nella lavatrice.

Era semplice ma non gli era mai venuto in mente prima. Avrebbe dovuto sistemare i boxen in maniera tale che il lato fosse sopra, il dentro sotto e l’elastico di traverso, per fare in modo che al momento della stesura dei vestiti questi fossero orientati nella maniera ottimale.

Mezz’ora dopo, in effetti, buona parte delle mutande erano dritte!

Per soddisfare la sua curiosità in termini statistici ha fatto andare la lavatrice altre 9 volte sempre sistemando le mutande nella maniera sopra descritta (senza detersivo che tanto era già tutto pulito) (inoltre con la tessera si risparmiano 50 centesimi a lavaggio) (un affare!). Il risultato in termini percentuali è di 68,3 boxer su 100 dritti e la rimanente percentuale ancora più annodati. Si può fare di meglio, certamente, ma ora… c’è speranza!

(L’immagine rende l’idea di cosa intendo con il dentro fuori e il fuori dentro. Cioè, se non fosse abbastanza chiaro, io che dovrei stare fuori entro e le mutande sono fuori.)

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Qui una volta era tutto film

Parte il film, e ci vogliono solo poche scene per capire dalla colonna sonora in palese dissonanza con le scene che stanno passando sullo schermo che qualcosa non va come dovrebbe andare, una sensazione che man mano si fa più concreta finchè, alla fine, si capisce la verità: Burn After Reading è molto più del film comico che ti hanno consigliato. La dissonanza è la chiave del film, e va oltre il suo aspetto più evidente, ovvero la già segnalata colonna sonora che è, ad esempio, da film d’azione in sequenze da commedia. Ma Facciamo un passo indietro.

Il cinema americano, da quando gli statunitensi, più lungimiranti di altri, hanno cominciato a investirci massicciamente (la prima cattedra di cinema ad Harvard è del 1914, per dire), ha un nome e una ragione sociale: “fabbrica dei sogni”, ovvero produttore dell’immaginario di una nazione. Se vi sembra niente, pensate a quanto negli ultimi sessantanni questa fabbrica abbia esportato anche in Europa (senza contare il cinema non-americano e la televisione negli ultimi anni, che perlomeno da noi ha spodestato il cinema), e a quanto abbia contribuito a formare il vostro, di immaginario. Non è un caso se quasi tutti, dittature e non, abbiano investito e investano massicciamente nella propaganda, nel secolo scorso e in questo che sta cominciando; tuttavia non si tratta solo di una questione che riguarda solo film puramente “di propaganda”, ma di un fenomeno più diffuso che contribuisce a stabilire i confini dell’immaginazione. Tolkien si lamentava che gli illustratori castrassero i lettori di buone fiabe con disegni che diventavano una normativa del fantastico personale, mutatis mutandis il “problema” è sempre quello, se di problema, propriamente, si può parlare.

E oggi? se da un lato l’America di oggi non è più un paese per vecchi, dall’altro non è nemmeno più la terra della libertà di sognare (con buona pace di Obama), e i Cohen ci hanno voluto girare un film. I personaggi del film (di cui gli unici realmente comici, i due agenti FBI, sono poco più che comparse) sono difatti ognuno immerso nel proprio film personale, con tanto di dialoghi pesantemente influenzati dalla propria storia di cinefili (al giorno d’oggi siamo tutti, più o meno volontariamente, cineili); il problema è che ognuno sta su un registro filmico diverso e i momenti di attrito sono frequenti e dirompenti: vedi ad esempio la scena del bar, dove lui sta per far partire la tirata da vecchio saggio con tanto di foto di quando era prete e lei risponde con una puntata di Sex & the City (oppure la più clamorosa, quella dove Pitt e Clooney sono uno in una commedia degli equivoci, l’altro in un thriller e…[mi censuro per evitare spoiler]). Il film dei fratelli Cohen è in realtà lo scontro di persone che provano a vivere la vita come nel loro film preferito; oppure, più sottilmente, lo scontro di quel coacervo di immaginari che ha sostenuto l’ideologia americana negli ultimi sessantanni (di qui il tragicomico riferimento alla Guerra Fredda del vendere segreti o supposti tali a un ambasciatore russo che, giustamente, non sa che farsene), per metterli tutti nello stesso calderone e decretarne la decadenza oppure, e a me piace pensarla così, semplicemente giocarci con fare irriverente (ma qui si dovrebbe fare una telefonata ai registi).

Inoltre, dall’inevitabile brutta fine di (quasi) tutti i film personali il messaggio sembra essere: “qui non è più come una volta, che c’era il lieto fine”, oppure se preferite “qui non è un film, è la vita reale dell’America fine anni ’00, adeguatevi”. Tutto questo è chiaro, lampante quasi, quando si vede il film; a patto di non farsi distrarre dalla trama, che qualcuno spaccia ancora come comica (ma le risate si fanno lo stesso, non vi preoccupate).

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Niente di nuovo dal fronte

Innanzitutto quello che è successo, visto che ho faticato a trovare tutto in giro (perlomeno finchè mi sono limitato a sfogliare i quotidiani): Travaglio è stato condannato, in primo grado e con sentenza non ancora pubblicata (ci vuole un po’, e solo allora si potrà davvero capire perchè e cosa vuol dire), per aver diffamato Cesare Previti in questo pezzo (non linko direttamente l’archivio dell’espresso perchè io personalmente non riesco ad aprirlo per questioni di plugin mancanti, e non vorrei che altri fossero nelle mie condizioni) apparso sull’Espresso nel 2002. Di cosa si parla in quell’articolo? si parla dei presunti accordi elettorali tra la Mafia e Forza Italia nel 1994, alla vigilia delle elezioni politiche, e più in generale dei rapporti tra queste due “forze politiche” che un mafioso e in seguito collaboratore di giustizia, Luigi Ilardo, confidò al colonnello dei carabinieri Michele Riccio sussistere.

L’articolo è ben scritto e non mi dilungherò quindi su questa vicenda, perchè quello che ora ci interessa è capire in che modo si potesse diffamare Previti in un articolo sui rapporti tra la Mafia e Forza Italia. A dire il vero mi vengono in mente un sacco di maniere per infilarlo in un pezzo del genere, ma in mancanza di prove nè io nè Travaglio, da quanto si legge nell’articolo, riteniamo sia corretto farlo: tutto quello che c’è su Previti è questo:

Quello che avrebbe potuto diventare un altro Buscetta (Ilardo, che nel frattempo è stato ucciso da due killer, dopo essere entrato nel programma protezione testimoni, poco prima del primo interrogatorio formale – NdP) non parlerà più. Una fuga di notizie, quasi certamente di provenienza “istituzionale”, ha avvertito Cosa Nostra del pericolo incombente. Solo Riccio può ridargli la voce. Cosa che fa attraverso i suoi appunti tutti scritti con inchiostro verde e le testimonianze. Senonchè, nel marzo 2001, viene convocato nello studio del suo avvocato, Carlo Taormina, per una riunione con Dell’Utri e il tenente Carmelo Canale, entrambi imputati per concorso esterno in mafia. Riccio denuncia subito il fatto alla Procura di Palermo: «Si è parlato di dare una mano a Dell’Utri. Io avrei dovuto dire che l’Ilardo non mi ha mai parlato di Dell’Utri come uomo di mafia, vicino a Cosa Nostra». In più Riccio deve dimenticarsi la mancata cattura di Provenzano. In cambio gli viene promesso un aiuto per rientrare nell’Arma e per ottenere “la rimessione del mio processo”. «In quell’occasione, come in altre, presso lo studio dell’avv. Teormina era presente anche l’onorevole Previti». Taormina ammette il colloquio ma nega quelle pressanti richieste al cliente. In ogni caso, Riccio cambia avvocato.

Tutto qui, vengono semplicemente riportate le parole del colonnello Riccio. Il problema? su quest’altro pezzo, questo di Mastellarini, ho trovato una spiegazione (si vedrà quando esce la sentenza, ad ogni modo): si sarebbe trattato, in pratica, di una “svista” da parte di Travaglio, che avrebbe omesso di aggiungere l’ultima parte del verbale di Riccio, ovvero “Il Previti però era convenuto per altri motivi, legati alla comune attività politica con il Taormina e non era presente al momento dei discorsi inerenti la posizione giudiziaria di Dell’Utri“, e sarebbe quindi un problema di virgolette: se Travaglio non avesse attribuito quella frase a Riccio (che in realtà la proseguì) sarebbe comunque risultata vera, ma non diffamante. Ora, volendo si potrebbe discutere che nemmeno così è una gran diffamazione (credo lo sia, ma sicuramente più vicina ai 500 euro di multa chiesti dal pm che agli 8 mesi più risarcimento inflitti dal giudice monocratico), si potrebbe anche diffidare di Facci (è lui, sul Giornale, a riportare il pezzo mancante del verbale di Riccio, io ad ogni modo gli credo) o addirittura attendere stoicamente la sentenza d’appello (e quindi qualche annetto ancora), ma ha importanza? forse le beghe giudiziarie di Travaglio dovrebbero interessare Travaglio, e noi in quanto lettori solo se mettessero in ombra la sua onestà professionale (e questo, con buona pace di Facci, non mi sembra il caso), visto che, banalmente, non lavora per noi. Qualcuno potrà pensare che il fatto dimostri la scorrettezza di Travaglio, per me dimostra solo una scarsa attenzione dato che, forse non ci si rende conto della cosa, il fatto che Previti frequentasse quell’ambiente sarebbe rilevante di suo anche senza attribuirgli ingerenze di qualche tipo.

Dispiace un po’ che questo piccolo errore dia un appiglio per far scempio mediatico di Travaglio (credo che Facci e altri abbiano del vino d’annata in cantina per queste occasioni), anche se non cederò alla trappola di accusare Travaglio stesso (e fantomatica cricca) di aver creato una corrente di pensiero in cui l’immacolatezza della fedina penale è uno status quasi sacrale, e per il semplice motivo che questa corrente di pensiero non è mai stata creata. Per quanto difatti la vulgata voglia che ci sia una gang di censori pronti a fare la morale la questione non è altro che etica, ovvero secondo la regola d’oro: “se una persona compie un reato, a me interessa nella misura in cui quel reato mi tocca” se un politico viene condannato per aver preso tangenti forse non è il caso di votarlo, se un politico viene assolto o prescritto ma sono documentati rapporti con la mafia forse non è il caso di votarlo e se una persona viene condannata ma non viene rilevato nessun reato che sia indicativo di una inidoneità con le sue funzioni può benissimo continuare a svolgerle.

C’è poi qualcuno che sostiene come un politico debbe essere totalmente immacolato per poter rappresentare qualcuno, non sono daccordo ho già spiegato perchè, ma resta il fatto che fino a prova contraria Travaglio non rappresenta nessuno se sè stesso. Qualcuno può lamentarsi del suo modo di fare giornalismo, e già lo faceva, ma nessuno gli può imputare scarsa coerenza se continua a fare il suo lavoro come sempre, magari tornando (da qualche tempo sta buttandosi un po’ troppo sul comico) a essere il gelido cronista di qualche anno fa .

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