Tag: Impegno sociale

Start-up, non-profit e for-profit

Annotazione a margine di una lezione di “Business Plan writing for Social Enterprises”.

Di fronte ai tentativi di riformulazione di alcune norme relative alle imprese sociali in Danimarca in certi casi aziende tradizionali for-profit lamentano la concorrenza delle non-profit quando queste producono beni competitivi sul mercato. Ed effettivamente la domanda si pone: perché dovrei trattare diversamente alcune aziende rispetto ad altre quando dimostrano di avere lo stesso potenziale e competono per le stesse risorse?

Spesso l’unica differenza tra una non-profit e una for-profit è proprio il fatto che l’una reinveste i profitti nell’azienda. Laddove però un’azienda non fa profitti o decide di reinvestirli, contribuendo alla fornitura di servizi al pubblico, occupando dei dipendenti, assicurando loro pensione e benefit, e così via, perché dovrebbe sottostare a regole diverse rispetto alle sue simili che sin dall’inizio dicono che faranno le stesse cose che sta facendo lei? E al contrario, un’impresa sociale che dimostra di essere finanziariamente autonoma, perché dovrebbe ottenere finanziamenti ulteriori per fare quello che farebbe in ogni caso?

Perché non possiamo considerare tutte le piccole start-up e le aziende in difficoltà come non-profit (quando effettivamente non fanno profitti), così come perché non dovremmo considerare non-profit come normali aziende quando queste competono nel mercato con quelle tradizionali?

Chi ha più bisogno di finanziamenti/esenzioni? Una cooperativa che impiega persone autistiche che produce un prodotto di punto di grande successo commerciale ormai affermata e che dimostra di essere pienamente autonoma sul piano economico o una piccola start-up in difficoltà che un domani potrebbe diventare un’impresa di successo ma che al momento naviga in acque difficili?

La mia idea al momento è che le esenzioni e i finanziamenti tengano prima di tutto conto delle dimensioni in termini di dipendenti e di fatturato delle organizzazioni, indipendentemente dal fatto che si tratti di una for- o non-profit. Poi ovvio che le non-profit possano godere di criteri leggermente adattati.

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La corretta informazione

Sarà che sto aiutando mio fratello a studiare fisica con definizioni e spiegazioni e che quindi sono entrato nel trip che una definizione o la dai giusta o fai meglio a tacere, ma l’articolo su Corriere.it Social (quello su Facebook) che descrive la velocità di punta raggiungibile con un nuovo aereo sviluppato dalla Difesa statunitense, l’X-51, riporta alcune imprecisioni che un lettore poco attento e poco preparato traviserà. Già mi vedo quelli che poi girano dicendo che si può volare da New York a Londra in un’ora (lo dice il Corriere…), cosa ancora impossibile.

L’articolo dice infatti: «Oggi è il giorno del futuro per la Difesa americana: verrà testato l’aereo ipersonico X-51 Waverider, un velivolo con un motore “scramjet” che potrà raggiungere i 7.242 chilometri orari. Per intenderci, Londra New York in un’ora.
E poi ancora: «Il velivolo, di sei metri, sarà rilasciato da un bombardiere B-52 al largo delle coste della California e dovrà essere in grado di volare per circa 300 secondi alla velocità fantascientifica di mach 6, ovvero oltre 7.000 km/h, quanto basta per raggiungere Londra da New York in meno di un’ora. Se l’esperimento riuscirà, mandare aerei o missili dall’altra parte del pianeta sarà solo una questione di minuti invece che di ore.»

So di essere pignolo però insomma, bisogna anche spiegare le cose come stanno, soprattutto se sei il Corriere, anche se scrivi su Facebook. Per coprire la distanza New York-Londra effettivamente in un’ora, bisogna mantenere la velocità di 7.000km/h per tutta l’ora. Non bastano 300 secondi (pari 5 minuti). E se anche il velivolo che la facesse a mantenere la velocità per un’ora, significa che i tempi di accelerazione e decelerazione non sono stati calcolati o che sono stati raggiunti in un tempo prossimo allo zero, che significherebbe che sul contenuto e sull’aeromobile stesso si sarebbe sviluppata una forza all’indietro che ne staccherebbe probabilmente i pezzi, laddove non si deformassero comprimendosi (non voglio mettermi a calcolare quanti Newton sarebbero, ma dubito che un passeggero ne uscirebbe con la cassa toracica intatta). Ancor meno ci trasporterei delle bombe: tanto vale passarci sopra con un carro armato.

Per dare la notizia in maniera corretta e onesta si dovrebbe dire che il velivolo è in grado di superare la velocità di 7.000km/h e che permetterebbe, a condizione che venga mantenuta per tutto il tragitto e senza tener conto dei tempi di accelerazione e decelerazione, di raggiungere Londra partendo da New York in un’ora.

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Mercatino libri di testo usati a Sant’Angela

Se frequentate o frequenterete uno di questi istituti: Liceo statale (G. Bagatta), I.T.C.G. (L. Bazoli), I.P.S.S.C.T. (M. Polo), Istituto Alberghiero (C. De Medici) o l’I.T.I.S. di Lonato (L. Cerebotani), potrebbe interessarvi sapere che ogni anno la p…

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Festival dell’Economia di Trento 2010

Giugno non è significa solo sessione d’esami a Bolzano, ma anche transumanza a Trento per il Festival dell’Economia. Le date di quest’anno solo dal 3 al 6, ovvero da giovedì a domenica. Ora mi guarderò sul sito dell’evento (bella la scelta del dominio di primo livello .eu. Mi pare che l’anno scorso fosse solo .it. Comunque c’è il redirect) quale giornata propone gli incontri più interessanti per decidere quando scendere a Trento. Il tema centrale di questa edizione è “Informazioni, scelte e sviluppo” alla ricerca del rapporto tra attenzione e informazione, argomento attualissimo nella rivoluzione dell’editoria che stiamo vivendo. Argomento tra l’altro di interesse per chiunque si ritrova a vivere attivamente la rete nella sua versione collaborativa da blogger e microblogger.

Colgo l’occasione però non fare pubblicità solo a questo evento ma anche, visto che già si girerà per la città per raggiungere le varie conferenze, che in via Santa Croce presso il Centro Servizi Santa Chiara ci sarà un gazebo dei Verdi per la raccolta delle firme. All’inizio pensavo che fosse paradossale che a un evento pensato in primo luogo per economisti si facesse pubblicità per una cosa così poco liberista come l’acqua pubblica, ma in realtà studiare Economia non significa essere liberisti per forza. Anzi, con le basi necessarie si capisce che non per forza tutto debba essere lasciato alle mani della privatizzazione e della libera concorrenza e che i vantaggi che si traggono in questa maniera non sempre coprano gli svantaggi di tale scelta.

Qui le indicazioni stradali dal Castello del Buonconsiglio (dove si tiene l’apertura del festival) a via Santa Croce. Sono dieci minuti a piedi secondo Google Maps.

Visualizzazione ingrandita della mappa

Anche dalla Biblioteca comunale come dal Palazzo della Provincia, dove si tengono gli altri incontri della giornata i tempi di percorrenza sono sempre minori di un quarto d’ora.
Qui il sito relativo all’iniziativa per l’acqua pubblica.

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Impegno e giovani

Perché gli studenti non partecipano più alla vita istituzionale? Non votano ne alle elezioni nazionali ne a quelle studentesche. Non vedono più il fascino nei ruoli dei rappresentanti, ma più dei compiti per gente che non capisce ancora in che posto vive. Perché tanta disaffezione nei confronti dell’unico strumento che ci è dato per partecipare e contribuire al miglioramento del nostro ambiente?

Parlo da giovane che più volte ha fatto il rappresentante di classe dalle elementari alle superiori. Caporedattore dell’unico giornalino universitario dell’uni e coinvolto in molte associazioni più o meno utili.

Io stesso se riesco me ne sbatto. Io stesso devo fare un enorme sforzo per fingere a me stesso che di tutti questi problemi me ne sbatte qualcosa (perdonate il francesismo). Il fatto è che a molti non è che non interessi in assoluto di quello che succede nel mondo per pura pigrizia (anche se una buona dose di pigrizia c’è) e pura ignoranza socio-politica (anch’essa in buona parte responsabilità nostra, perché gli strumenti di comunicazione ci sarebbero). Non è un malanno che colpisce solo gli studenti (stasera alla tavola rotonda sono stati additati gli studenti universitari). È un problema della nostra società in toto, al quale sono particolarmente esposte le nuove generazioni perché non conoscono alternative.

Noi, noi giovani, siamo cresciuti in un mondo dettato dalla libera concorrenza. Un sistema liberale. “Libero” è il termine chiave. Sono libero di concorrere (come fornitore di servizi/prodotti) ma al contempo sono anche libero di scegliere quale servizi/prodotto scegliere. E qui sta il punto. Abbiamo università private e pubbliche. Io addirittura sono finito in una che si dice “Libera Università di Bolzano” che non è ne privata ne pubblica (parrebbe).
Ci sono dei grandi problemi strutturali nella mia università? Beh, ne scelgo un’altra. O “meglio” (leggi “peggio”) ancora, stringo i denti per uno o due anni (ora che mi accorgo degli inghippi in genere almeno un anno è passato, che se fossero stati manifesti, manco la sceglievo quell’uni) che poi mi laureo e passo a una specialistica altrove. Magari nei tre anni del bachelor mi sono pure fatto un semestre all’estero. E chi li sente i problemi in questo contesto?

Due sono i fattori dunque (che non ci siamo scelti noi giovani ventenni) che influiscono su questa nostra indifferenza:

  1. l’abitudine a poter scegliere (filosofia usa-e-getta della roba rotta, in contrasto ad un approccio di “riparazione”) e
  2. la brevità della sofferenza (s-fortunatamente troppo corta per accorgerci dei guai o abbastanza corta per sopportarli).

Siamo dunque veramente una razza inferiore ai nostri nonni che sì, forse stavano peggio, ma a loro detta erano anche mille volte più fighi?

Al contrario. Mi permetto di dire che noi (giovani europei) non siamo solo molto meglio dei nostri nonni, ma anche dei nostri genitori. Siamo una generazione di gente che prende l’aereo e si vede il mondo. Che si impegna a parlare almeno due lingue. Che deve affrontare precarietà professionale, concorrenze dall’estero, uno stato assente e corrotto, un ambiente minacciato da inquinamento e surriscaldamento, precarietà famigliare con genitori separati e con prospettive personali non tanto più rosee, stando alle statistiche. Una generazione maledetta da un fardello pensionistico da far tremare le ginocchia. Eppure non ci siamo fatti (ancora) prendere dal panico. La paura c’è e stiamo imparando da soli come affrontarla, perché i nostri problemi la generazione che ci sputa in testa neanche se li immagina.

Sì, non ci impegniamo più in politica, ma il fatto che non siamo dove voi eravate 50 anni fa non significa che ce ne stiamo a casa a metterci lo smalto sulle unghie. Che poi il mondo che ci circonda non ce lo siamo fatti noi. Viviamo nella vostra eredità!

[La foto l’ho scattata a Yellowstone. Ritrae una generazione nuova di alberi che cresce in mezzo a un bosco distrutto dall’incendio.]

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Fiera per una vita migliore

Vista l’estate e le piccole riunioni sparse senza il numero legale avute con la consulta ho ritenuto più funzionale informare delle iniziative interessanti che passano alla spicciolata dalla C. G.. L’iniziativa che vedete qui sopra è stata voluta da Domenico Geracitano, e l’ha presentata a noi della consulta. L’iniziativa patrocinata dal Ministero della Gioventù, dalla Regione Lombardia e dal comune di Desenzano oltre alle iniziative che leggete nella tabella ospiterà anche un serie di confereze sull’antimafia organizzate da Gaia Raisoni e Matteo Trebeschi (le date saranno fissate a brevissimo.), conferenze che verteranno sull’infiltrazione mafiosa in provincia di Brescia e sulla trattativa tra stato e mafia.

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PerùnProfe


Insieme alla locandina di questa iniziativa allego il testo della mail che mi ha mandato Anna con la quale mi informava dell’evento a favore dell’Associazione Amici Casa della Gioventù in Perù che si terrà il 3 ottobre a Leno (BS) presso l’oratorio:

“Il sostegno di ognuno di noi sarà fondamentale, per permettere di pagare gli insegnanti della scuola di Victor Raul in Perù per un intero anno scolastico.
Venite e invitate quanta più gente conoscete. Io andrò, se volete informazioni, chiedete pure.
Vi consiglio di prenotare il menù degustazione latina (entro il 28 settembre).”

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Perché abbandonare Internet Explorer 6

Blogger mi segnala che sono arrivato al mio millesimo post su questo blog. Il contatore include anche i post non pubblicati, quindi per il lettore questo è il 985° post e dunque non costituisce nessuna ricorrenza particolare. Almeno per la stragrande maggiornaza dell’umanità che usa il sistema decimale per contare. Siccome preferisco considerare come pietra miliare il numero di post pubblicati, rimanderò il post celebrativo, ma colgo l’occasione di questo post per pubblicizzare un’iniziativa degna di nota per la salute del web.

L’upgrade a Internet Explorer 8 comporterà la donazione di 8 pasti agli indigenti negli Stati Uniti d’America!

Per quanto l’atto di beneficienza in sé possa essere un buon motivo per alcuni per aggiornare il proprio browser, trovo che ci sia da fare un po’ di educazione civica internettiana. A meno che non sussistano seri motivi, l’utente medio dovrebbe aggiornare il prima possibile i suoi programmi non solo per migliorare la propria esperienza al computer, che sia online o meno, ma per migliorare quella di tutti gli altri navigatori.

Il fatto che ancora in così tanti viaggino con browser obsoleti, implica che i siti debbano essere compatibili anche con questi, costringendo chi lavora online a incrementare il proprio lavoro e con questo il peso delle pagine, rendendo più lenta la navigazione a tutti gli altri. IE6 deve morire per lo sviluppo del web.

Pensiamo alle automobili: se ciascuno avesse un’auto della larghezza che vuole servirebbero parcheggi di varie dimensioni, incasinando la programmazione dei parcheggi cittadini in maniera notevole. Ecco perché solo auto omologate possono circolare sulle strade pubbliche. Lo svantaggio di avere un’automobile troppo larga non è solo del conducente che non trova un parcheggio sufficientemente grande, ma di tutti gli altri, dato che intralcia il traffico e magari avremmo un sistema multicolore per delimitare i parcheggi lungo i margini delle strade che colpirebbe in primo luogo i poveri daltonoci come me.

In un ambito così permeato dallo scambio di informazioni come quello informatico (da qualche parte l’avrà pur preso il nome “informatico” per un motivo) è indispensabile trovare degli standard comuni ed è bene essere coscienti del fatto che questi standard cambiano col tempo, soprattutto in questo settore, dove lo sviluppo è velocissimo. Non dico che si debba passare necessariamente a Firefox (anche se lo consiglio, rispetto a Explorer), ma almeno aggiornate il vostro Explorer per il bene di tutti! Qui trovate 14 alternative a IE6 proposte da Mashable.

Per quanto riguarda l’upgrade a Microsoft Explorer 8 mi pare che non ci sia altro da aggiungere. Ora riflettendoci trovo interessante notare quante finestre si aprono parlando di omologazine e differenziazione in ambito tecnologico. Non tratterò questi aspetti in questo blog, o almeno non prossimamente, perché mi pare che si potrebbe incentrare un’intera tesi di laurea su questo.

Ah, dimenticavo: passare a IE8 è gratis e potrete travasare bona parte delle vostre impostazioni personalizzate senza problemi!

[L’immagine in cima me la sono arrubata da qui]

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Taibeh

Tra le giornate più interessanti del nostro pellegrinaggio va senza dubbio menzionata quella del 5 agosto, quando abbiamo visitato la parrocchia di Taibeh dove abbiamo avuto modo di chiacchierare con don Raed Abusahlia, il parroco della comunità.
Il villaggio è uno dei pochi se non l’unico che si è mantenuto completamente cristiano in Palestina, tanto da definirsi l’ultima città discendente dall’epoca dei primi cristiani. A Taibeh, sul piano storico ci sono due cose che vale la pena visitare: le rovine di una vecchia chiesa (vedi immagine a lato) dove ancora oggi alcune minoranze cristiane praticano sacrifici animali (sulla soglia dell’ingresso c’era sangue vecchio di qualche giorno e fuori, dietro a quello che resta dell’abside, le interiora di una pecora) e la casa delle parabole.

La casa delle parabole è una casettina rimasta intatta come tante altre nel circondario costruita secondo i dettami di centinaia di anni fa. Grazie a questa casa, che si trova sul sagrato della chiesa, possiamo immaginarci in che condizioni vivevano le persone all’epoca di Cristo e nei secoli seguenti.
Si tratta di un ambiente diviso in quattro parti: un corridoio che collega la sala con l’ingresso e la stalla che sta appena più in basso rispetto alla sala e infine una camera in fondo dove stavano le donne quando c’erano ospiti e dove si teneva di tutto. Nel complesso la casupola sarà stata di 30-40 metri quadri.

Il nome Casa delle parabole le è stato assegnato perché all’interno contiene elementi comuni a quasi tutte e 38 le parabole narrate nei quattro vangeli: botte nuova e vecchia, vestito nuovo e vecchio con toppe, un aratro, una lampada ad olio e tanti altri.
La cosa che però ha colpito maggiormente l’intera compagnia è stata la parlantina del padre e il numero sconfinato di progetti avviati nella sua parrocchia, ma per capire la ragione dietro tanta iniziativa, è meglio fare un passo indietro.

Padre Raed ci ha raccontato di come il villaggio nel giro di trent’anni anni si sia spopolato drammaticamente: da 3400 abitanti ora ne restano 1500 e quando va nelle famiglie a parlare, magari dopo aver sentito che qualcuno aveva intenzione di emigrare, chiede perché non desiderano rimanere a Taibeh.
I problemi principali di Taibeh, come di altri villaggi palestinesi, sono la mancanza di lavoro e la guerra che limita enormemente gli spostamenti della gente, tanto che proprio qui a Taibeh c’è stato un anno in cui su 59 parti, 27 sono avvenuti ai posti di blocco, i checkpoint, che separavano le donne palestinesi dall’ospedale più vicino su territorio israeliano.

Nel giro di qualche anno a Taibeh è sorto dunque un ospedale su volontà del padre, poi la scuola parrocchiale privata, che ospita anche bambini musulmani dei vicini comuni.

Per venire incontro alla mancanza di lavoro per le famiglie del luogo, ha deciso di piantare a ulivi la zona circostante e di produrre olio. In realtà di olio già ce n’era in abbondanza, tanto che la gente pagava gli studi dei figli in barili d’olio. Quando però il magazzino parrocchiale si è riempito è diventato chiaro che così non si poteva continuare. Per poterlo commerciare anche in Europa ha dovuto comprare una macina con tutti i crismi a motore (quella precedente a quanto pare non era abbastanza igienica) e per incrementare la domanda di olio e il numero di posti di lavoro ora si producono anche lampade ad olio in ceramica.

A queste lampade a forma di colomba è legato un altro progetto. Riporto direttamente dalla brochure che le accompagna:

Nel conflitto che strazia la Terra Santa, israeliani e palestinesi hanno provato tutte
le forme di azione, violente e non-violente, per tentare di porvi fine. Tutti i tentativi sono stati vani e tutt’oggi la situazione sembra
senza uscita.
Come ultimo tentativo, indirizziamo dunque al Signore la nostra preghiera per la pace
in Terra Santa, intorno a un’idea semplice e simbolica :
La lampada, con l’olio e la luce, è un messaggio di pace da parte nostra ed è un
segno di solidarietà verso la Terra Santa da parte vostra.
L’obiettivo è di far giungere più di 100,000 «Lampade della Pace» nelle chiese di
ogni parte del mondo e di raccogliere così numerosi fedeli in una grande preghiera per
la pace.
«Con una tale preghiera in cui saranno uniti i cristiani del mondo intero, il Buon Dio
ascolterà il nostro appello poiché non avrà altra scelta!
»

Come si capisce da queste parole, don Raed è una persona molto decisa, tanto che ha anche in programma di far restaure una trentina di casupole simili alla casa delle parabole con qualche comfort in più, per dare alloggio a turisti pellegrini.
Delle lampade ne abbiamo prese un po’, una per ciascuna parrocchia di Desenzano più qualche altra sparsa per i luoghi religiosi a noi cari della zona, come il Mericianum e l’abbazia di Maguzzano.

Se avete modo di capitare dalle parti di Taibeh, prendetevi un pomeriggio per visitare la cittadina: ne vale la pena!

Qui la pagina ufficiale in inglese della comunità cristiana di Taibeh.
Da qui invece potete scaricarvi il pdf che accompagna le colombe della pace che producono e che spiega in italiano molte cose di questo paesino.

[La foto dell’interno della casa delle parabole, la seconda, è di Paolo, che ringrazio]

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La situazione delle associazioni alla LUB

Sono ormai passate tre settimane dalle elezioni per il nuovo direttivo dello S.C.U.B., l’associazione studentesca che raccoglie più iscritti tra quelle alla Libera Università di Bolzano. Il risultato è stato reso pubblico con questo ritardo a causa della perplessità lasciata ai membri del nuovo e vecchio direttivo dalla scarsa, se non assente, partecipazione degli altri membri dell’associazione alle elezioni.

Alberto Scaravilli, riconfermato presidente alla prima riunione del direttivo il 14 maggio, capitanerà i sei membri del nuovo team (precedentemente otto). Restano invariati due terzi del team. Si sono, infatti, ricandidati, oltre ad Alberto Scaravilli, anche Diana Sting, ex-vicepresidente, Felix Bausch, e Hannes Wisthaler. Nuovi entrati invece Marco Seravalli e Philip Klopfer. [Vedi il team aggiornato a questo link] In uscita Julian Börner, Fabian Dornoff, Rafaela Pittschieler e il sottoscritto, Daniel Colm.

La scarsa partecipazione degli studenti alla vita universitaria non è comunque una novità qui a Bolzano. Sono anni che sia sul lato attivo che passivo del voto si registra un flop dopo l’altro. Clamoroso esempio quello per la Commissione per le Pari Opportunità che ha riconfermato i vecchi membri data l’assenza di nuovi candidati.

Unica eccezione in controtendenza è la neonata AIESEC. Il comitato locale, infatti, offre ai suoi iscritti nonché membri dell’organo decisionale, visto che le parti coincidono, la possibilità di scambi all’estero, tirocini ed esperienze che più facilmente vendono prese in considerazione dai futuri datori di lavoro. Con questi incentivi forse non serve quello sprone alla gratuità indispensabile per l’impegno nelle altre associazioni, tanto snobbate sul CV.

Non vi è infatti alcun riconoscimento formale nei confronti degli studenti che si impegnano per la comunità, che giorno dopo giorno sacrificano enormi quantità di tempo messo a disposizione degli altri studenti, in un vero e proprio ministero di volontariato gratuito. Non solo l’impegno nell’organizzazione delle attività richiede tempo ed energie, che si spendono anche volentieri quando si vede la soddisfazione degli iscritti che partecipano numerosi, ma inevitabilmente il rendimento universitario ne risente.

Cosa sarebbe la LUB se non offrisse ai suoi studenti lo sport, il gruppo di dibattito, la Movienight, il coro, il giornalino studentesco, le feste studentesche per non parlare dei grandi eventi straordinari come gli Snowdays?

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