Stop ai medici a gettone, l’Asst del Garda ha già chiuso le porte dei pronto soccorso

«Medici a gettone? No, grazie». L’Asst del Garda ha già chiuso le porte dei propri pronto soccorso ai cosiddetti «gettonisti», professionisti pagati per un singolo turno e contrattualizzati dalle cooperative.

Da oltre un anno a Desenzano e a Manerbio si preferisce affidarsi ai libero professionisti, che stanno coprendo circa il 30% dei turni. «La nostra esperienza dimostra che è un’opzione di gran lunga preferibile – riferisce il primario Gianpietro Briola – anche se è chiaro che l’ideale sarebbe poter disporre di sufficiente personale interno senza essere costretti a esternalizzare».

L’Asst del Garda ha comunque precorso i tempi, anticipando la decisione della Giunta regionale: mercoledì a Palazzo Lombardia è stata approvata una delibera, immediatamente esecutiva, che impone proprio il blocco dei gettonisti, puntualizzando che i contratti in essere tra le strutture pubbliche e le cooperative andranno a naturale scadenza senza alcuna possibilità di rinnovo.

«I liberi professionisti – prosegue Briola – offrono numerosi vantaggi, il primo dei quali è che rispondono direttamente all’ente. In passato, con il personale arruolato dalle cooperative abbiamo avuto non pochi problemi: non sapevamo mai chi sarebbe arrivato. Quei medici un giorno sono di qua e un altro giorno sono di là. E talvolta fanno anche più turni di fila. Era davvero un limite dal punto di vista assistenziale». Di qui la scelta di cambiare strada.

Ma là dove ancora oggi si fa ricorso ai gettonisti, alla luce della delibera, si dovrà trovare rapidamente una soluzione per non lasciare scoperti i turni: «La cosa peraltro non riguarda solo i pronto soccorso, come qualcuno ritiene. Basti pensare, rimanendo nella nostra azienda, che la Ginecologia di Gavardo rischierebbe di chiudere il punto nascita senza i medici a gettone».

Continuità

I gettonisti, lo ricordiamo, possono arrivare a prendere fino a 1.800 euro di compenso per dodici ore di lavoro. «Ma poi – puntualizza Briola – ci sono da pagare le tasse, nonché la percentuale alla cooperativa.

A conti fatti è redditizio fino a un certo punto». Il tema sul quale però insiste di più il primario è la continuità: «Con le cooperative non sempre garantita. Spesso capita che i medici inviati non conoscano affatto l’ospedale in cui sono chiamati a lavorare e che non abbiano contatti con il territorio. Il libero professionista invece è conosciuto dall’ente, con il quale ha un rapporto diretto. I giovani poi hanno molta voglia di impegnarsi e possono essere opportunamente formati. Finché non si riuscirà ad avere tutto personale dipendente, io credo che il libero professionista sia di gran lunga una scelta migliore rispetto alla cooperativa».

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