Spunti in stile “Blue Ocean strategy” nel mercato dei corsi per bambini

Sullo spunto di questo articolo su Wired.it relativo a dei laboratori di robotica per bambini dai 5 ai 14 anni a Brescia mi viene in mente che ci sono un sacco di opportunità imprenditoriali là fuori per quanto riguarda i corsi pomeridiani per bambini. Siamo, infatti, abituati a considerare che un bambino al di fuori della scuola abbia principalmente due opzioni – sport o arte – per sviluppare delle competenze complementari a quello che impara a scuola.
Mi pare che ci sia una sorta di limitazione culturale nel ritenere opportuno che la mattina i bambini abbiano da imparare quello che sarà loro utile nel loro futuro professionale, mentre nel pomeriggio ci si debba concentrare sugli hobby che non hanno sbocchi professionali (nel 99,9% dei casi) come sport e arte. Al massimo le lingue. Non è comune sentire che un bambino venga mandato a un corso di programmazione, robotica, design, animazione, falegnameria o chissà cos’altro.
Non credo che per i bambini sia tanto diverso andare a un corso per imparare a suonare uno strumento piuttosto che per imparare a creare un sito web. Per esperienza personale diretta o indiretta, credo che quello che motivi un bambino a perseguire un hobby (se escludiamo la coercizione dei genitori) non sia tanto il contenuto del corso, quanto le modalità di insegnamento e l’identità dell’insegnante. Una volta capito il trucco di come far piacere un’attività a un bambino, non c’è limite a quello che gli si potrebbe insegnare.
Secondo me il mercato c’è. Ci sono alcuni fattori da tenere in considerazione come le offerte sostitutive come appunto sport, strumenti musicali, danza e teatro, lingue, ripetizioni, e catechismo, giusto per citarne alcuni, così come il fatto che i bambini, soprattutto in certe fasi tendano a voler fare quello che fanno gli altri. Ciononostante, non vedo maggiori rischi nell’imparare a maneggiare chiodi e martello per un bambino che a fare arti marziali, così come l’upfront investment per un laboratorio non può poi essere tanto più alto di un palazzetto dello sport.
Se poi consideriamo il grado di preparazione che offrono le scuole per quanto riguarda gli sbocchi professionali…

L’immagine l’ho presa dall’articolo di Wired.it.

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dal Giovedì 09 a Domenica 12 Maggio: A TUTTO NORDIC……

Cari amici walkers,
Sabato 4 e Domenica 5 Maggio saranno le due giornate finali della nostra fantastica “avventura nordica” a SERIDO. (www.serido.it)
Ma quello a venire sarà davvero un fine settimana lungo ed intenso.
Giovedì 09 e Venerdì 10 Maggio si terranno, a Gavardo e a Desenzano due interessantissime conferenze.
Sabato 11 e Domenica 12 Maggio a Vallio Terme verrà inaugurato il primo Nordic Walking Park della Provincia di Brescia.
Due giorni veramente speciali e fitti di avvenimenti, il cui programma trovate allegato.
Vi aspettiamo.
Gli Istruttori della Scuola Italiana Certificata Nordic Walking Lago di Garda



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Pic-nic Val di Ledro

Buongiorno a tutti,domenica 5 maggio 2013 faremo una gita in Val di Ledro passando dalla Val sabbia
Ritrovo ore 9:30 al bar blu vida a Manerba del Garda ( crociale a destra )
Pranzo al sacco e serbatoi pieni
Vi aspettiamo numerosi

P.s martedì 7 maggio ci incontreremo per organizzare la VESPALCOLICA presso birreria Manerba BREWERY dalle ore 21:15
É gradita la vostra presenza

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Mezzo giro del lago di Garda in bicicletta e coregone

Io sono bicicletta, qual’è quindi il motivo per cui ho deciso di fare il mezzo giro del lago di Garda in bicicletta? Ma ovvio, per il piacere di un buon coregone ai ferri con polenta abbrustolita e un bicchiere di chiaretto fresco, gustati in riva al lago con il sole in fronte! Ho percorso in […]

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Il Chiaretto star al Mondial du Rosé

Comunicato stampa – 30 aprile 2013 Il Bardolino Chiaretto è il portabandiera della produzione vinicola nazionale "in rosa": tutte e solo sue le tre medaglie d’oro ottenute dall’Italia al Mondiale du Rosé a Cannes, in Francia L’Italia vince tre medaglie…

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Sul diritto di proprietà e la legittimità dell’IMU

L’IMU è una tassa giusta a livello ideologico, IMHO. Va corretta, attualizzata, adattata, ma di base è una tassa che deve rimanere. Il concetto ideologico su cui si basa il mio ragionamento è relativo al diritto di proprietà del suolo.
Se guardiamo l’Italia dall’alto, lo Stilvale è nostro. Ciascuno di noi è italiano e a ciascuno di noi quel territorio appartiene. Nessuno si sognerebbe di dire che le Dolomiti gli appartengono, così come nessuno si sognerebbe di dire che gli appartiene il Lago di Garda, l’Etna, o l’Isola d’Elba. Se però ci pensiamo bene, ad eccezione dei terreni demaniali, non c’è spazio che non sia di proprietà privata. Ogni metro quadrato mostrato dalle immagini del satellite è di proprietà di qualche singolo individuo. E dunque a cosa ci riferiamo quando parliamo del “mio Paese”. Non c’è nulla di tuo se non un’irrilevante porzione di quel territorio. Com’è che una persona qualsiasi, addirittura senza neanche l’esclusiva della cittadinanza italiana, possa rivendicare la completa e assoluta negazione di alcun beneficio ad altri nei confronti di una porzione di territorio nazionale? Concettualmente, cosa rende diversa l’estensione territoriale su una collina rispetto a quella di un lago? Eppure l’una è privatizzata, l’altro no.
La logica che ci sta dietro è limpida e lineare e nessuno se la sente di discuterla: se non è di valore strategico per la Nazione, non c’è motivo di limitare il diritto costituzionale dell’individuo alla proprietà privata, base e motore di crescita economica e ricchezza diffusa. Il principio però reggerebbe anche se noi anziché chiamarla proprietà privata (attenzione, mi riferisco solo agli immobili terrieri) la chiamassimo diritto all’usufrutto del terreno. A differenza del diritto di usufrutto che abbiamo oggi, basterebbe consentire al detentore di poterne cambiare l’indirizzo d’uso (nei limiti che comunque vengono posti comunque anche alla proprietà privata di oggi) così come dargli la libertà di cederlo a terzi secondo le sue condizioni. In pratica, uguale al diritto di proprietà, ma in teoria connotato dal principio che il territorio nazionale è di tutti. La Terra è di tutti e la sua tutela è prioritariamente orientata secondo il bene comune. Se lo osserviamo a livello satellitare tutti d’accordo, se lo osserviamo al piano terra un po’ meno. In un ottica del genere, di fatto comunista, sarebbe legittimo chiedere una sorta di tassa d’affitto per il terreno. Un’IMU.
Non serve sottolineare la puzza che accompagna il termine comunismo. Io per primo storco il naso. E da liberista che mi reputo, nulla dovrebbe interferire con il libero scambio dei beni, ma a livello di principio nulla ci impedisce di rivedere in ottica comunitaria il senso della proprietà privata di beni immobili, e accettare che una parte dei frutti di questo terreno che possediamo vada reinvestito a livello nazionale come indennizzo verso i concittadini per il fatto che su alcuni prati, pur appartenendo a tutti a livello satellitare, non ci si possa andare, e che di alcuni campi non se ne possano beneficiare gratuitamente dei frutti.
Sull’ammontare di questa tassa di usufrutto poi ovviamente c’è da discutere. In termini di principio anche un importo simbolico potrebbe funzionare, purché si riconosca che la Terra è una e così pure il territorio nazionale di ogni singolo paese è finito e di tutti i cittadini.
Che poi Berlusconi la pensi diversamente da come la pensi io non mi sorprende, ma pensavo che come concetto era bello condividerlo e sentire il parere di altri.

Immagine tratta dal commons di Wikimedia.

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Sul diritto di proprietà e la legittimità dell’IMU

L’IMU è una tassa giusta a livello ideologico, IMHO. Va corretta, attualizzata, adattata, ma di base è una tassa che deve rimanere. Il concetto ideologico su cui si basa il mio ragionamento è relativo al diritto di proprietà del suolo.
Se guardiamo l’Italia dall’alto, lo Stilvale è nostro. Ciascuno di noi è italiano e a ciascuno di noi quel territorio appartiene. Nessuno si sognerebbe di dire che le Dolomiti gli appartengono, così come nessuno si sognerebbe di dire che gli appartiene il Lago di Garda, l’Etna, o l’Isola d’Elba. Se però ci pensiamo bene, ad eccezione dei terreni demaniali, non c’è spazio che non sia di proprietà privata. Ogni metro quadrato mostrato dalle immagini del satellite è di proprietà di qualche singolo individuo. E dunque a cosa ci riferiamo quando parliamo del “mio Paese”. Non c’è nulla di tuo se non un’irrilevante porzione di quel territorio. Com’è che una persona qualsiasi, addirittura senza neanche l’esclusiva della cittadinanza italiana, possa rivendicare la completa e assoluta negazione di alcun beneficio ad altri nei confronti di una porzione di territorio nazionale? Concettualmente, cosa rende diversa l’estensione territoriale su una collina rispetto a quella di un lago? Eppure l’una è privatizzata, l’altro no.
La logica che ci sta dietro è limpida e lineare e nessuno se la sente di discuterla: se non è di valore strategico per la Nazione, non c’è motivo di limitare il diritto costituzionale dell’individuo alla proprietà privata, base e motore di crescita economica e ricchezza diffusa. Il principio però reggerebbe anche se noi anziché chiamarla proprietà privata (attenzione, mi riferisco solo agli immobili terrieri) la chiamassimo diritto all’usufrutto del terreno. A differenza del diritto di usufrutto che abbiamo oggi, basterebbe consentire al detentore di poterne cambiare l’indirizzo d’uso (nei limiti che comunque vengono posti comunque anche alla proprietà privata di oggi) così come dargli la libertà di cederlo a terzi secondo le sue condizioni. In pratica, uguale al diritto di proprietà, ma in teoria connotato dal principio che il territorio nazionale è di tutti. La Terra è di tutti e la sua tutela è prioritariamente orientata secondo il bene comune. Se lo osserviamo a livello satellitare tutti d’accordo, se lo osserviamo al piano terra un po’ meno. In un ottica del genere, di fatto comunista, sarebbe legittimo chiedere una sorta di tassa d’affitto per il terreno. Un’IMU.
Non serve sottolineare la puzza che accompagna il termine comunismo. Io per primo storco il naso. E da liberista che mi reputo, nulla dovrebbe interferire con il libero scambio dei beni, ma a livello di principio nulla ci impedisce di rivedere in ottica comunitaria il senso della proprietà privata di beni immobili, e accettare che una parte dei frutti di questo terreno che possediamo vada reinvestito a livello nazionale come indennizzo verso i concittadini per il fatto che su alcuni prati, pur appartenendo a tutti a livello satellitare, non ci si possa andare, e che di alcuni campi non se ne possano beneficiare gratuitamente dei frutti.
Sull’ammontare di questa tassa di usufrutto poi ovviamente c’è da discutere. In termini di principio anche un importo simbolico potrebbe funzionare, purché si riconosca che la Terra è una e così pure il territorio nazionale di ogni singolo paese è finito e di tutti i cittadini.
Che poi Berlusconi la pensi diversamente da come la pensi io non mi sorprende, ma pensavo che come concetto era bello condividerlo e sentire il parere di altri.

Immagine tratta dal commons di Wikimedia.

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