Non c’è futuro per chi non abbraccia il cambiamento

Sono stato al bel concerto di Sandro Laffranchini e Andrea Rebaudengo a Brescia e soprattutto Sandro ha suonato da par suo con la difficoltà in più di un’acustica della sala davvero punitiva per il violoncello.

C’era parecchia gente, direi duecento persone (chiederemo il parere della Questura…) e contando che è un giorno feriale mi pare un dato positivo.

L’età media è sempre irrimediabilmente troppo alta,il che imporrebbe qualche riflessione a chi vuole che la musica colta (non esiste la musica classica) non muoia: cosa si può fare per attrarre un nuovo pubblico? Di certo rompere gli schemi che anche stasera ho visto.

In apertura un semplice saluto, nessuna presentazione del concerto, dei musicisti (nemmeno nominati) e del repertorio. Il concerto è iniziato subito dopo l’inchino senza alcun commento sul perchè delle scelte, sul  significato di quelle opere per chi le suona, senza cercare il minimo dialogo emotico con il pubblico se non con le sue orecchie.

Il programma di sala non era da meno con le biografie dei musicisti che sembrano pagelle e pedigree (un quartetto ha voluto far stare tutto, ma proprio tutto in una pagina con un bel corpo 4 illeggibile) ma nulla dicono per aiutare ad apprezzare il talento del musicista o la sua proposta musicale.

Penso agli sforzi del sovrintendente della Scala che va da Fazio, penso ad Abbado, ai Berliner online, a Dudamel e alla Simon Bolivar orchestra e al lavoro che con Alberto Cavoli stiamo facendo alla Scuola di Musica del Garda.

La strada del cambiamento e dell’innovazione è la sola percorribile per chi deve affrontare la crisi ma anche per chi vuole che la musica continui a vivere.

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