Depuratore, la rabbia del Garda: «Rinvio fuori da ogni logica giuridica»

Tutta da rifare? Si vedrà. Di certo per i gardesani è l’ennesima occasione persa. Il giorno dopo le dimissioni del presidente di Acque Bresciane Gianluca Delbarba e il mancato via libera al bando per affidare il progetto definitivo del nuovo sistema di depurazione del Garda bresciano, gli amministratori del lago temono ulteriori lungaggini e ritardi per un’opera che considerano strategica.

La Comunità del Garda

In nome e per conto dei 34 sindaci del lago interviene la senatrice Mariastella Gelmini, presidente della Comunità del Garda: «Siamo di fronte a un rischio ambientale conclamato, certificato da atti tecnici, e chi se ne renderà responsabile ne dovrà rispondere al ministero e alla comunità gardesana. Così si mette a rischio la tutela del patrimonio idrico gardesano, che rappresenta il 40% della riserva nazionale di acqua dolce. Quanto accaduto – dice Gelmini – è fuori da ogni logica politica e giuridica, visto che l’intervento è già in fase avanzata, sono stati trovati soldi e c’è un progetto».

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Secondo Gelmini, che aveva invitato Acque Bresciane «ad attenersi senza indugio alcuno agli indirizzi assunti dal Commissario incaricato», su questa questione tanto delicata e strategica per il Garda si è già perso troppo tempo: «Ogni ritardo nella procedura di affidamento dei lavori non è assolutamente giustificabile e mette seriamente a rischio la salvaguardia della qualità delle acque del lago». Per la presidente della Comunità del Garda chi ferma il progetto si rende «oggettivamente responsabile di un potenziale danno ambientale di inestimabile valore e di rilevanza nazionale ed europea».

Ruoli e competenze

Sulla stessa linea il sindaco di Salò, Giampiero Cipani: «La scelta progettuale che prevede il doppio depuratore, a Gavardo e Montichiari, con scarico nel Chiese, spettava al Commissario straordinario, che ha stabilito che quel progetto è il migliore dal punto di vista tecnico e ambientale. Acque Bresciane aveva la responsabilità giuridica di dar seguito alle decisioni del commissario e dare il via alla procedura di affidamento del progetto. Non è compito di questa società decidere».

Fermando il progetto, Acque Bresciane avrebbe in qualche modo esercitato un ruolo politico. E un peso politico hanno anche le dimissioni del presidente Delbarba: «Lo ha ammesso lui stesso – sostiene Cipani – dicendo che nel cda non c’era più unità d’intenti. È evidente che all’interno di alcuni partiti ci sono posizioni conflittuali su questa vicenda».

Resta il fatto che il progetto ha subito un nuovo stop. «Se ora si vuole rimettere tutto in discussione – continua Cipani – sarebbe opportuno che ci dicessero quali strade alternative percorrere. Da qualche parte questi depuratori andranno pur fatti. A Gavardo si depura buona parte della Valsabbia e si scaricano i reflui depurati valsabbini nel Chiese, ma quelli gardesani non li vogliono. Lo stesso vale per Montichiari. È la solita bega di campanile».

Aggiunge il sindaco di Salò: «Sono convinto che in un momento come questo, di grande crisi idrica, non sfruttare le acque reflue depurate ai fini irrigui per il Chiese è una grande perdita. Basta guardare cosa accade a Peschiera, dove le acque del depuratore irrigano i campi del Mantovano». Conclude Cipani: «Stanno usando la tecnica del rinvio, che da avvocato conosco bene e che non porterà alcun risultato. Del resto viviamo in uno strano Paese, dove bastano due comitati per fermare un’opera di questa portata».

Non rilascia dichiarazioni Mario Bocchio, vicepresidente di Acque Bresciane, che ora ha assunto le funzioni di legale rappresentante della società: «Cerchiamo di uscire da questa impasse – si limita a dire – e andare avanti».

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