Categoria: Pozzolengo

Rispondere alla crisi con il confronto

Sempre alla ricerca di confronti con esperienze diverse mi sono imbattuto in Salvatore Addeo, fonico e produttore di Lecco proprietario dell’ Aemme studio con all’ attivo un’esperienza soprattutto con il mercato americano. Salvatore mi ha segnalato alcuni punti che pensa siano “critici“ in questo momento nella produzione musicale in Italia. Anche lui come me avverte, nell’ uso della tecnologia, non solo un mezzo tecnico ma anche una filosofia del lavoro stesso e fa del confronto musicista/fonico/produttore, un momento importante di crescita sia personale che artistica.

Ho iniziato facendo gavetta in uno studio come assistente. Erano gli anni novanta, periodo che coincideva con la disponibilità dei primi software per la registrazione e mi sono ritrovato a far la spola tra il mondo analogico nello studio con cui collaboravo, ed il digitale, nel mio piccolo studio, e ho avuto la possibilità di ampliare il mio bagaglio di conoscenze facendo il free lance in alcuni studi del sud Italia, fino ad arrivare alla decisione di trasferirmi a Lecco dove ho aperto un piccolo project studio all’interno del quale ho iniziato a coltivare la mia figura di produttore. Nel momento in cui mi sono sentito pronto, certo delle mie qualità di producer e sound engineer, ho scelto di aprire uno studio di alto profilo e confrontarmi con il mercato professionale.

Sono cresciuto con le musicassette e con il mito dello studio di registrazione, suonavo in un gruppetto e ricordo che l’accesso agli studi in quegli anni (anni ’90) non era una cosa così semplice come lo è adesso, anzi, era qualcosa di quasi irraggiungibile.
Se poi si riusciva finalmente ad accedervi, si aveva un enorme rispetto per ciò che si stava facendo e per chi ci lavorava. Quando ho iniziato a fare questo lavoro a livello professionale, (periodo che coincideva con il boom del digitale), ho visto questa cosa pian piano svanire. Penso che l’avvento del digitale in primis abbia allontanato gli artisti dagli studi professionali, e di conseguenza gli artisti, realizzando la maggior parte delle produzioni “in the box”, abbiano perso via via quelle sonorità rotonde e profonde tipiche della tecnologia analogica.

Adesso la maggior parte dei musicisti che si avvicinano a questo mondo, grazie anche a tutte quelle informazioni trovate su internet, hanno l’impressione di essere degli esperti navigati, ma rimanendo chiusi nei loro project studio stanno perdendo una cosa importante: il confronto tra il musicista e il tecnico-produttore. Sembra si sia perso il concetto dello studio come posto in cui ci si puo’ confrontare per crescere, soprattutto artisticamente. Credo che il confronto sia indispensabile. Oggi solitamente l’artista è compositore, esecutore, sound engineer, producer e a volte anche tecnico di mastering , vi sembra possibile che possa affrontare  tutti questi passaggi  al meglio? Nel processo di produzione di un prodotto professionale non basta solo aver i plug-ins giusti , ma bisogna mettere in gioco anche esperienza, background ed in ultimo, macchine di un certo livello.

Lavorando per il mercato americano noto che il modus operandi del fare musica è ancora legato a certi standard ben definiti: macchine analogiche, personale qualificato, tempi di realizzazione medio lunghi, produzione artistica, ricerca ecc. Lo studio professionale opera ancora un ruolo importante garantendo al mercato americano uno standard qualitativo alto.

Ma tutto questo li’ è ancora possibile perchè gli artisti hanno ancora un budget da destinare alla produzione, capendo che questa è una fase importante e irrinunciabile.

Anche la discografia in America soffre di questa crisi ma le dimensioni del loro mercato unito ad una specializzazione delle varie fasi di lavorazione di una produzione fa si’ che il “prodotto musica” sia ancora qualcosa che procuce qualità e quindi mercato.

Personalmente per far conoscere un certo modo di far musica e far capire che reale valore aggiunto può portare ad un progetto uno studio professionale, ho aperto le porte del mio studio attraverso varie iniziative, cercando di far conoscere un certo modo di far musica per cercare di sensibilizzare alla qualità la generazione attuale di artisti 

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Un po’ di libri PARTE 1

In questi mesi ho letto alcuni libri il cui argomento principale è la musica. Lungi da me l’idea di fare il critico, la mia vuole solo essere una serie di segnalazioni, con qualche appunto. Sono sei libri che suddividero’ un due post.

Luca Stante- LA DISCOGRAFIA IN ITALIA
Editrice ZONA – 2007

Un libro preciso, scientifico e asettico, scritto con i guanti dell’economista prima ancora che del discografico, che cerca di analizzare come funziona e come è organizzato il mercato del disco e della musica in Italia.  Spiega bene di quanto sia strutturato e complesso questo mondo, dal marketing alla distribuzione per poi passare attraverso il problema della pirateria. E’ un libro scritto qualche anno fa e ho avuto l’impressione che il web non sia ancora considerato come una realtà che, nel bene e nel male, sta capovolgendo  molti dei meccanismi qui raccontati.. Presumo sia stato scritto (supposizione mia) precedentemente all’anno di uscita visto che nelle note di copertina non figura l’ attuale occupazione dell’ autore come “managing director” di Zimbalam, un’etichetta dedicata agli emergenti (che pur essendo una categoria di squattrinati resta
quella con maggiori energie autopromozionali) una filiale italiana della francese Believe Digital. Interessante la sua presentazione al MEI 2009 in cui Stante spiega cos’è questa piattaforme digitale. Dico interessante perchè è evidente il cambio di rotta della discografia: la casa discografica non è piu’ quella che crea e investe sugli artisti, ma produce servizi a pagamento e crea opportunità in cui la crescita è in mano all’artista stesso, ma qualora qualcosa funzionasse:

…diciamo che il digitale viene usato semplicemente come un test di mercato….come sapete gli artisti emergenti sono tantissimi pero’ in effetti non tutti possono definisrsi dei veri artistinoi diamo l’opportunità di farsi vedere a tutti naturalmente poi investiamo sui migliori…

 
Se cercate storie di vita vissuta, prospettive e ipotesi sul futuro non è il libro per voi. Decisamente agli antipodi rispetto a “The New Rockstar Philosophy” di parlero’ nel prossimo post.

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Chiara Caporicci – MUSICA INDIPENDENTE IN ITALIA
Editrice ZONA – 2010
Un altro libro della Editrice Zona, un altro vinile in copertina (chissà cosa significa…). Un ampliamento di una tesi di laurea (che Chiara mi ha gentilmente autografato prima di spedire) che chiarisce alcuni punti generali del mercato discografico partendo da una breve storia della musica e della cultura giovanile attraverso Theodor Adorno per arrivare alla parte che a me è risultata piu’ interessante e che da il titolo al libro. E’ stato interessante scoprire che già dal 1958 in Italia c’era il desiderio di “uscire” dagli schemi della produzione come nel caso del movimento Cantacronache che faceva riferimento a quella che è stat la prima etichetta indipendente italiana, la torinese Italia Canta:

 …cio’ che divenne importante furono tutti i temi legati al territorio e alla società, il reperorio popolare di base e quello politico. I modelli negativi di questo movimento erano la canzonetta, il Festival di   Sanremo e la Rai televisione.

Forse Chiara potrebbe darci un seguito di questo volume uscendo dallo schema della tesi. Credo che l’esperienza delle etichette indipendenti in Italia possa avere storie da raccontare che potrebbero essere utili per capire meglio il nostro (difficile) presente. Dico questo perchè dopo la lettura del capitolo specifico avrei voluto saperne di piu’, a quando un approfondimento?

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Graham Jones – IL 33° GIRO gloria e resistenza dei negozi di dischi
ARCANA – 2011

Ribadisco che non voglio fare il critico ma solo segnalare delle letture,  ma questo libro è proprio bello. Forse perchè asseconda la mia necessità di ascoltare delle storie, ma Graham Jones ti prende per mano e ti accompagna attraverso un mondo che sta scomparendo, segnalandoti aneddoti bizzarri e divertenti raccolti tra i negozi di dischi del Regno Unito e le grandi catene di distribuzione e raccontando di meccanismi non proprio puliti adottati dalle major per imporre i propri artisti nelle classifiche di vendita. E’ veramente un libro sulla “resistenza” e su come ci si puo’ ingegnare per affrontare un mondo che cambia. Temo come la peste l’effetto nostalgia ma sapere da dove veniamo è importante, magari non capiamo dove andremo ma sicuramente scopriamo perchè siamo qui. Per ogni scelta che il mercato ci impone ci sono almeno un paio di cose che cambiano il nostro mondo, e non sempre in meglio.  Sarei curioso di sapere cosa ne pensa di questi racconti chi non ha vissuto il periodo d’oro dei negozi di dischi, che impressione possono fare queste piccole storie di persone e luoghi, il non luogo del digitale è proprio lontano…
Un libro che mescola divertimento e amarezza. Citando Amarcord di Fellini, “…mi è piaciuto e ho pianto tanto…”

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Perchè si fa questo mestiere? Come dice Paolo "Perchè qualcuno lo deve fare!"

In questa valle di lacrime continuo ad incontrare persone che si arrabattano per poter mantenere vivo con entusiasmo la passione della musica. Questa volta ho chiesto all’amico Paolo Bruno, già attivo su questo blog, di raccontarci la sua esperienza in più’ di 20 anni di frequentazione dell’ambiente musicale con un occhio particolare per la musica prodotta a Brescia e dintorni. Paolo è il titolare di un negozio di dischi/cd  in via Tartaglia, 49c a Brescia, appunto, e gestisce una label che da parecchi anni supporta gli artisti emergenti bresciani e non, dando loro la possibilità di essere pubblicati e promossi. In questo periodo sto’ condividendo due produzioni con Paolo: Giovanni Peli e Newdress le cui uscite sono previste con il nuovo anno. Le vie per cercare di mantenere vivo il mondo della musica indipendente si sprecano…

Stefano mi chiede come va e di raccontare “la storia della mia vita”. Qualcuno che mi sta leggendo mi conoscerà già (spero) e qualcun altro si chiederà chi io sia.
In questo giorni mi è stato giustappunto chiesto di scrivere una breve biografia da utilizzare come presentazione di una strana “conferenza incontro ” che terrò a Leno (BS) per i giovani dell’associazione Epicentro. Mi considero un giovane (concedetemelo) affatto precoce per quanto riguarda la mia vita nella musica.
Ciononostante, non essendo dotato di senso del ritmo e/o dell’accordo, ho fatto tutto (o quasi) quello che stà attorno alla musica: dall’organizzare concerti, al costruirli come tecnico, dal “giornalismo musicale”, al produrre dischi.
Affatto precoce perché  fino ai miei 17 anni compiuti  ero uno che ascoltava e poco i cantautori dei tempi: Bennato e Guccini , un pò di PFM, conosceva qualcosa  dei Beatles e di Bob Dylan  ma fondamentalmente
poteva essere considerato un  frequentatore superficiale della musica.

In realtà mi capita a volte di ricordare singolari episodi  precedenti al luglio del 1980  che mi ricollegano alla musica in maniera sicuramente diversa dai miei coetanei di allora ma in quell’estate successe qualcosa che posso veramente dire mi ha segnato nel più profondo .

In quell’estate “la mamma” mi mandò a London a “studiare l’inglese”. Il problema è che sui muri, nelle strade e nei locali  quello era il momento della grande svolta della musica: dopo il terremoto del punk nasceva la
“nuova onda” e più della lingua imparai il sound.
Quando respiri quell’aria à difficile poi dimenticarsela e non parlo solo dei suoni e dei ritmi ma del modo di autorganizzarsi e di autopromuoversi di quella musica. Sulle staccionate dei cantieri vedevi accanto ai patinati manifesti del tour di Rod Stewart strani volantini fotocopiati, fatti con ritagli di giornali  che pubblicizzavano qualcosa che andava ad accadere a Croydon,  nel sottoscala o nello squat di qualcuno.
L’ho fatta lunga perché da lì ho capito la portata rivoluzionaria della musica ed è da lì che ho imparato il Think Global Act Local  e l’importanza di rapportarsi  con la musica nel proprio territorio.
Ecco perché dopo un lungo percorso ho fondato un associazione BandSyndicate che si occupa di promuovere tutti gli artisti della nostra grande provincia bresciana e farli conoscere al fuori di un ambito locale.
Qualche anno fa teorizzavo che a fronte dell’enorme numero di aspiranti musicisti che oggi si propone al pubblico si sviluppasse la nascita di fenomeni dall’identità assolutamente locale e localistica;  questo processo sembrerebbe aver subito un rallentamento  ma  comunque lo vedo come un passo inevitabile.
Siamo talmente globalizzati  che un musicista trova la sua ragione di esistere in 25 (o meno)  estimatori sparsi su tutto il pianeta e sogna di vivere di quello; ma il musicista che vuole e vorrà trovarsi un riscontro  economico in grado di farlo sopravvivere dovrà organizzarsi  su rete locale.
Attenzione!!! Stiamo parlando di show- business e del fatto (incontestabile)  che sempre più  giovani vedono la musica, sia come artisti che per tutti gli altri ambiti che la circondano (vedi Ste che il discorso riguarda anche i tecnici), come possibile fonte di reddito o di impiego e il costo della tecnologia da una parte e un minimo know how dall’altra  sono facilmente accessibili a qualsiasi livello.
Il post-punk sfrutto’ un primo scatto nella scala dello sviluppo tecnologico riuscendo così a scavalcare il peso di produttori che non riuscivano più a comunicare con le nuove generazioni ed il disagio del tempo.
Ma il discorso su come quella stagione musicale riuscì forse per l’ultima volta a sconvolgere e ribaltare le regole del commercio della musica lo faremo magari una prossima volta.
Da qualche anno  mi occupo anche di produzioni discografiche ed ho affiancato al negozio di musica (e parlo di Musica e non di intrattenimento da classifica; quindi mi occupo di pop, rock, jazz  ma comunque musica alternativa a quella delle grandi catene commerciali)  ho affiancato la produzione di alcuni  amici  che ritengo  meritino di essere un poco più conosciuti.
Pubblico due/tre cd all’anno oltre a cose minori e qualcuno mi dice che sono bravo perché oltre alla stampa pago la masterizzazione, il grafico per lavorare alle copertine e sopratutto l’ufficio stampa che seguirà la promozione; contribuisco al lavoro  di  reperimento concerti  e a volte pago anche le inserzioni pubblicitarie, i video e cose di questo tipo.
L’ investimento che dedico al disco può raggiungere il ricavato totale dato dalla vendita della prima tiratura; potete farvi due conti ….Il problema è che con tutti gli sforzi  possibili si vende meno di un terzo della tiratura fatta e ridurre la tiratura comporta degli aggravi di costo.
E allora perché farlo? Esattamente non lo so;  probabilmente per buttare via un pò di soldi  ma anche perché qualcuno lo deve fare. Questi li chiamiamo dischi  ma in realtà non lo sono. La soglia che divide “l’esistenza”  di un gruppo o musicista dal “nonessere”  è salito  vertiginosamente e continua a salire.
Negli anni ’80  ho trasmesso in molte radio, prima a Radio Brescia Popolare poi a Radio Onda D’urto  occupandomi proprio dei musicisti  underground di quegli anni. Ci arrivavano cassette da ogni dove, le più erano registrazioni casarecce fatte con un microfono appeso in mezzo alla sala prove;  poi c’erano quelli che registravano e facevano delle cassette duplicate in fabbrica e poi c’erano quelli che facevano “il disco”, magari  appoggiati da piccole nascenti etichette discografiche.
Oggi le trasmissioni come la mia o le riviste o webzine non prendono neppure in considerazione un cd  che non sia stato registrato in (un qualche) studio, stampato in fabbrica, per una (presunta) etichetta discografica nazionale e seguito da un ufficio stampa  che faccia pressione almeno fino alla messa in onda.
Allora c’erano 10 locali di musica alternativa o comunque disposti a far suonare giovani gruppi emergenti  in tutta la Lombardia ma se ti chiamavi Precious Time (poi divenuti Timoria) e avevi  fatto una cassetta e vinto un importante concorso cittadino suonavi in tutti e dieci; oggi  ci sono 25 locali solo nella nostra provincia ma se non hai avuto un intervista (non la semplice recensione)  sulle riviste musicali ed un agenzia che promuove i tuoi concerti  quasi nessuno di questi ti farà suonare.
 
Ciononostante io continuo, cercando quel qualcosa che possa fare la differenza nel tentativo di far si’ che questi  “poco più che demo”  su cui metto la firma come discografico mostrino una differente qualità non solo nella proposta artistica ma anche nella cura della produzione; non potendo sopportare un peso economico maggiore di quello che già dedico stò sperimentando anche delle coproduzioni, anche se il minor investimento economico genera un minor controllo sulla qualità. Così fra pochi mesi  uscirà il disco di IL RE TARANTOLA ED EMMA FILTRINO  in coproduzione con “La stalla domestica” e poi in primavera vedrà la luce il disco degli HYPER EVEL (progetto parallelo di alcuni  ALTICA) in coproduzione con Buddy Records mentre come produzioni per Kandinsky Records a gennaio pubblicherò’ il quinto disco di JET SET ROGER e, probabilmente in primavera, il cantautore GIOVANNI PELI e il gruppo elettro/pop NEWDRESS.

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Rockstar Philosopy VS Plinio il Vecchio


E’ evidente. Viviamo in un momento di grandi possibilità, sia da un punto di vista tecnologico e sia dal punto di vista della comunicazione. Mai come ora si possono tenere in mano i fili di questo gioco.

Non solo registrare musica è diventata una cosa alla portata di tutti, ma a differenza di anni fa, in cui la procedura era obbligata, ora lo si puo’ fare in svariate maniere e personalmente vedo questo praticamente tutti i giorni. Stessa cosa per la comunicazione e la commercializzazione della musica: fine del monopolio dei meccanismi da parte delle case discografiche per come le abbiamo conosciute, e accesso a tutti, tramite web, alla comunicazione.
Anche di queste cose parlo in una intervista che la rivista InSound ha pubblicato questo mese e che postero’ piu’ avanti.
Sono cambiate le prospettive. Te ne accorgi iniziando la giornata con una notizia riportata dal Fatto Quotidiano – poi ritrovata su parecchi blog – riguardo l’ uscita di “The New Rockstar Philosophy“.

Il libro riassume le esperienze di due blogger canadesi, Hoover e Voyno, nel mondo della discografia attuale e cerca di dare consigli e di sfruttare le opportunità (…che sono infinite…) che il nuovo scenario post CD ci sta offrendo. Secondo l’articolo di Pasquale Rinaldis sembrerebbe “…un manuale da leggere, sottolineare e consultare per orientarsi nella vastità di mezzi e opportunità aperte dal nuovo scenario. L’idea alla base è che questo sia il miglior momento storico per essere un musicista indipendente, ma è necessario ripensare completamente l’approccio al mercato e alla costruzione della carriera musicale.”

Sicuramente parlero’ di questo libro appena uscirà (in ottobre) pubblicato da NDA PRESS e curato da Tommaso Colliva e Claudia Galal.
Oltre alle migliaia di possibilità (migliaia? milioni!) che il mercato e il web ci offrono adesso avremo anche la fortuna che qualcuno ci spiegherà come utilizzarle.
Noi italiani partiremo svantaggiati, i nostri colleghi canadesi avendo per primi letto questo manuale avranno già occupato i posti migliori, pazienza, ci sarà comunque da imparare.
Non so perchè ma dopo aver letto questa notizia continuo a fare un parallelo che sicuramente è eccessivo (ma non so che farci, il parallelo mi viene) con quei personaggi che spesso si vedono nelle televisioni locali, che per modiche cifre sono disposte a darti dei numeri da giocare al lotto con cui TU poi potrai vincere somme favolose. Lo so il parallelo è eccessivo e sono piu’ che sicuro che da questo libro avro’ da imparare, pero’…
Ma la giornata è finita con un’altra notizia. Piu’ che una notizia è una riflessione presa da Naturalis Historia di Plinio il Vecchio in cui si affrontano le differenze tra la pittura greca e quella romana. Mi ha fatto pensare molto a quando con veramente poco si faceva veramente tanto (le osservazioni di Alberto Callegari sono qui molto indicate) e ora, dopo queste riflessioni sulle mille opportunità di oggi, mi viene naturale riportarlo paro paro: “Con soli quattro colori compirono quelle opere immortali che tutti conoscono, i famosissimi pittori Apelles, Aetion, Melanthios, Nikomachos, quando uno solo dei loro quadri veniva acquistato colle entrate di tutta una città. (…) Tutte le cose migliori si ebbero allora, quando meno risorse v’erano. E cosi è, perché, come ho detto sopra, ora si apprezza il valore delle cose. non quello dell’animo.”

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Great Expectations e Indie Business, ma per chi?

Domenica ho passato un pomeriggio con Piero Chianura, il direttore della rivista InSound. Diversi punti di vista tra me e Piero coincidono e mi sono ritrovato, per l’ ennesima volta, ad avvertire che esistono persone che stanno guardando a questo momento come diverso , da un’altra angolazione, dandogli nuove opportunità, possibili visioni del futuro. 
Una delle considerazioni su cui abbiamo concordato: in questo momento esiste un’ “elité” di star molto in alto che dalla musica ha molti privilegi economici, e riesce, con essa, a far funzionare meccanismi spesso complicati e quasi mai accessibili ai piu’.

Per contro esiste un sottobosco fatto di musicisti, artisti, dilettanti che non solo non ha accesso alle alte sfere, ma che neppure puo’ immaginare di fare della musica un proprio lavoro, e che quasi non ha accesso alle informazioni base per cercare di accedervi.

E in mezzo a queste due realtà cosa c’è?

Una volta in mezzo si posizionavano tutti quelli che di musica vivevano pur non splendidamente, potevano rischiare, investire sperando di far funzionare le proprie idee, avere insomma la possibilità di provarci e, in molti casi, di riuscire.

In questo momento in questo “mezzo” non vedo niente del genere.Vedo si’ una zona zeppa di artisti, gruppi, saltimbanchi, che pero’ invece di essere quelli che dovrebbero creare l’economia attorno alla quale tutto dovrebbe girare, sono diventati improvvisamente i “clienti” di questo settore anzichè i protagonisti. Il miraggio di arrivare, di riuscire ad affermarsi nello show business li ha portati a riempire lo spazio che un tempo era adibito a chi si era, spesso faticosamente, guadagnato i numeri per provarci: sono come in un casting infinito che però li risospinge al ruolo di “clienti”: clienti di studi per produzioni autofinanziate, di corsi su come scrivere musica e testi, partecipanti a gare e concorsi, provetti videomaker. Adesso sono li’, senza produrre reddito reale, e qui la cosa diventa veramente interessante, a mantenere tutta una serie di servizi che spesso servono solo a tenere vivo il proprio sogno di affermazione. Non voglio generalizzare né tantomeno sembrare superficiale, ma troppo spesso vedo che pagando si possono avere possibilità apparenti: uffici stampa che offrono visibilità, aggregatori di servizi digitali che si impegnano a diffondere la tua musica, scuole di formazione per musicisti, fonici da studio e live ecc…. Il culmine della possibilità di sfruttare il sogno di emergere offrendo servizi l’ho visto quando ho saputo di un’agenzia di booking che per una spesa di qualche migliaio di euro garantiva un certo numero di concerti….Ci manca solo che ti affittino i fans.

L’elenco dei servizi a disposizione di band e artisti emergenti è ben nutrito e ad un’analisi anche superficiale si capisce subito che questi riescono soprattutto a perpetuarsi più che a creare business agli artisti.

Questo vedo in questo “mezzo”, e lo vedo anche attraverso i racconti degli artisti che passano puntualmente nel mio studio. C’è ancora chi fa discografia nel vero senso della parola?
I ragionamenti legati a questa considerazione che si possono fare sono parecchi. Se la discografia che investe non c’è piu’, e se gli artisti sono gli unici ad investire su loro stessi, che bagaglio di esperienze, capacità e anche denaro (sempre troppo poco) sarà a disposizione delle produzioni future? Credo che alla base di questo stia uno dei problemi della bassa qualità delle produzioni.

Fare tutto in casa non porta certo ad innalzare il tuo livello artistico , anzi la mancanza di confronto con realtà che ti possono “insegnare” e trasmettere esperienza e conoscenza è vitale. Quello che mi lascia perplesso è come tante strutture che dovrebbero essere preposte a scoprire talenti e a scovare nuove artisticità in realtà sono solo dei fornitori di servizi che TU paghi.

La foto a inizio articolo è di un album degli Element, Great Expectations. Cercavo la copertina del libro di Charles Dickens con il titolo omonimo ma questa mi sembrava piu’ adatta al caso…. 

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Domenica 10 Luglio: Camminata a Pozzolengo

Nella mattinata di domenica 10 luglio vi proponiamo una bella camminata tutti insieme a Pozzolengo. Ritrovo presso Bar “Fiorella” in viale Gramsci, 18 a Pozzolengo (BS) alle ore 8:45. Vi consigliamo di parcheggiare nei pressi della Scuola Ele…

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Cercando una via alternativa

Max Lotti mi ha segnalato un resoconto pubblicato dall’ IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) sul mercato digitale nel mondo. I dati sono molto dettagliati e pieni di particolari che dovrebbero servire per fare un quadro della situazione.
Il resoconto è pubblicato e tradotto in italiano dal FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) e lo si puo’ trovare in questa pagina. Tralascio le varie considerazioni e analisi di mercato. Le due cose che a me saltano agli occhi da questo resoconto sono: la pirateria ammazza la musica e solo i governi, legiferando, possono fare qualcosa per arginare il problema. Quindi il vero problema è di legalità? O di ineguatezza ad un nuovo sistema culturale?
Sia ben chiaro, io penso che se un autore/compositore/artista non mette esplicitamente a disposizione gratuitamente i propri brani non posso di certo essere io, con modalità non previste dal proprietario dell’opera, ad avere il diritto di appropiarmene.
Da qui ho passato alcuni giorni a pensare: ma se improvvisamente i governi riuscissero, in un qualche modo, ad avere un controllo effettivo sulla pirateria? Se nessuno avesse piu’ accesso al download illegale? Che mondo ne uscirebbe? Sarebbe un passo avanti verso un mercato piu’ libero e onesto, oppure un passo falso sulla strada per cercare di immaginare un nuovo modo di percepire e consumare la musica?
In compenso Google e Apple in questi giorni sembra che si stiano contendendo il mercato musicale del futuro che sembra essere quello della musica in streaming. Chissà che non avendo neppure l’ MP3 nel nostro iPod e riducendo cosi’ la musica a qualcosa di definitivamente inconsistente, possa essere d’aiuto per ritornare a vendere supporti fisici, CD, vinile…
L’ altra cosa che mi impressiona è che milioni di fruitori di musica siano in mano a dieci società che spesso hanno interessi in social net e cose analoghe. Non vorrei che questi 10 dettassero le regole del gioco…
Ma per fortuna, in questa valle di rassegnazione ho avuto uno spiraglio.
Gaetano Leotta, sul forum di Rockit, mi ha segnalato un video a dir poco entusiasmante. Si tratta di una conferenza di Larry Lessig in cui dà la sua visione del mondo. Se avete 20 minuti godetevela con tanto di sottotitoli in italiano (link al video). Quel che ne esce, come spesso accade, è che la verità sta nel centro e spesso il buonsenso ti dà la giusta visione delle cose. E forse è il momento di pensare che le vecchie regole sul diritto d’autore e la relativa gestione editoriale, create all’ inizio del 1800 da Ricordi,  non si possono piu’ applicare alla lettera e che forse è ora di pensare a cosa invece queste nuove possibilità digitali ci possono dare.
Per questo mi sto interessando a Creative Commons e vorrei capirne i meccanismi possibili per chi di musica deve vivere.
P.S. andate a vedere questa  pagina del FIMI in cui si elencano le operazioni antipirateria: sembra un bolletino di guerra…

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Cercando una via alternativa

Max Lotti mi ha segnalato un resoconto pubblicato dall’ IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) sul mercato digitale nel mondo. I dati sono molto dettagliati e pieni di particolari che dovrebbero servire per fare un quadro della si…

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ADSL a San Felice – dichiarazioni di maggio 2011

Leggo oggi su QuiBrescia.it un interessante articolo sul tema del “digital divide”, cioè su quando (forse) arriverà davvero l’ADSL a San Felice e soprattutto come e grazie (si fa per dire) a chi. Leggendo l’articolo si capisce quante siano le “palle” che il nsotro Sindaco ci ha raccontato in campagna elettorale (ADSL entro 12 mesi!!! […]

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Di chi è questo problema?

Ho trovato questo articolo che mi conferma la notizia che già da un po’ girava tra gli addetti ai lavori: la chiusura dell’ Esagono Studio
Gazzetta di Reggio
Di chi è realmente questo problema? Dei proprietari dell’ Esagono o di tutti noi? Perchè non abbiamo piu’ bisogno di posti come questo?

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Di chi è questo problema?

Ho trovato questo articolo che mi conferma la notizia che già da un po’ girava tra gli addetti ai lavori: la chiusura dell’ Esagono Studio
Gazzetta di Reggio
Di chi è realmente questo problema? Dei proprietari dell’ Esagono o di tutti noi? Perchè no…

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EVVIVA! Oggi è il Record Store Day!


E’ una iniziativa americana (poteva essere altrimenti?) in cui per un giorno i negozi indipendenti di CD, vinile e quant’ altro, mettono a disposizione edizioni particolari pensate proprio per questo evento. Questo per semplificare, in realtà per poter partecipare ci sono regole che avvantaggiano i rivenditori “veri” e non catene di negozi o società quotate in borsa (letteralmente dal sito….). 

Questo mi piace.
Naturalmente pur essendo un’ idea americana, a cui aderiscono artisti americani, la cosa è condivisibile da tutto il mondo (ho visto che anche Paolo KANDINSKI che spesso interviene su questo blog, partecipa.  http://www.recordstoreday.com/Venue/5875 .

Sul web le informazioni si sprecano e vedo che anche le iniziative nei vari punti vendita non mancano. Negli States tra i padrini di questa iniziativa ci sono Ozzie Osbourne, Rem, Ben Harper e Bruce Springsteen che ha dichiarato: “Entrerò in un negozio di dischi e ne acquisterò per cinquecento dollari” (speriamo non solo dischi suoi…). Inoltre l’ elenco degli artisti che partecipano con edizioni strane, curiose e stravaganti è lunghissimo, un modo per combattere il download legale e non cercando di “affezionare” all’ oggetto musica qualcuno. Non sto a fare considerazioni sull’ effetto “nostalgia” o altro, resta comunque
una iniziativa interessante dove la creatività (anche dei discografici) è messa in gioco.

A questo punto mi chiedo come l’ Italia senta questo avvenimento. Il MEI con Zimbalam mette in download gratuito una compilation di gruppi emergenti italiani e “si augurano che scaricare tali tracce rappresenti un impulso a recarsi al più vicino negozio di dischi per richiedere l’intero album dell’artista preferito.” Nelle virgolette le testuali parole…
Stampare un vinile era troppo? Questi fornitori di servizi che sembrano delle opere di beneficenza mi lasciano un po’ perplesso, ma di questo vorrei parlare in un altro post. Quello che non sono riuscito a trovare in rete, a parte le iniziative di artisti emergenti che giustamente usano questa occasione per fare quadrato attorno ad un problema di mercato, è la partecipazione dei grandi nomi della musica italiana e delle majors, quelli che al vinile devono il loro successo e la loro ricchezza (e non sono pochi…), se qualcuno mi puo’ segnalare qualche partecipazione in questo senso ne sarei grato.

Non so come chiudere il post, sono un po’ in imbrazzo, sto ascoltando il terzo pezzo della compilation MEI/Zimbalam che non ho resistito a scaricare.
ll pezzo si intitola Sorelle d’Italia ed è cantato da Roberta Bonanno, mi permetto di postare il pezzo preso da YOUTUBE per poterlo condividere: ==VIDEO==

Non so perchè ma non mi fa venire l’ “impulso a recarmi al più vicino negozio di dischi per richiedere l’intero album dell’artista”

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EVVIVA! Oggi è il Record Store Day!

E’ una iniziativa americana (poteva essere altrimenti?) in cui per un giorno i negozi indipendenti di CD, vinile e quant’ altro, mettono a disposizione edizioni particolari pensate proprio per questo evento. Questo per semplificare, in realtà per pot…

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Alcune impressioni autorevoli da Antonio Aiazzi

Il tastierista dei Litfiba (…the original…), Antonio Aiazzi, che ho il piacere di conoscere, mi ha dato una sua visione della situazione attuale. 
Ci sono concetti che già sono stati detti in altri interventi, uno pero’ mi incuriosisce che è la visione ottimistica degli addetti ai lavori nei confronti di internet e delle sue immense potenzialità. Penso sia un argomento da approfondire…..

Da Antonio Aiazzi

Ho dato un’occhiata al tuo blog e ho letto l’intervista di Francesco Caprini . Direi che mi trovo abbastanza in linea con lui per quello che è successo e sta succedendo.
Ho più dubbi, sul fatto che la trasformazione che sta avvenendo nel modo di usufruire oggi un prodotto musicale, arrivi ad un qualcosa di nuovo e positivo.  Lo scaricamento pirata in Italia ha dato una mazzata al mercato, questo problema si trova anche all’estero ma con effetti molto ridotti. Oggi pretendiamo di fare 5 cose contemporaneamente, e a tutte diamo la stessa importanza . Vedo un film mentre sto parlando al telefono, mangiando un panino, bevendo una coca e in sottofondo mi sono scaricato illegalmente da internet un CD. Un esempio di una mia amica, che prima era una persona che girava nei siti musicali per informarsi e scoprire nuove band e la loro musica. Da 4 anni che ha imparato a scaricarsi la musica illegalmente, ha degli hard disk pieni ma non ha il tempo di ascoltarla. Quindi abbiamo popolarizzato la musica, come molti desideravano e adesso non ha più nessun valore. Come un bambino con una stanza piena di giocattoli, che ha solo il desiderio di avere ma non di possedere. 
Nel Settembre 2009 ascoltai una trasmissione ” Novalab24″ su radio 24, c’erano alcuni ospiti fra cui il presidente della manifestazione delle etichette indipendenti , dove si faceva un gran parlare dello sviluppo nel mondo musicale e i nuovi sistemi di diffusione tecnologica. Sembrava un film di fantascienza” era tutto fantastico”. Mah io vedo molti amici che non sanno come tirare avanti e altri che hanno cambiato lavoro. Anche artisti importanti si stanno facendo delle domande sul ruolo delle Major, del loro lavoro e della mancanza di iniziative e idee per cambiare lo stato delle cose …

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Alcune impressioni autorevoli da Antonio Aiazzi

Il tastierista dei Litfiba (…the original…), Antonio Aiazzi, che ho il piacere di conoscere, mi ha dato una sua visione della situazione attuale. Ci sono concetti che già sono stati detti in altri interventi, uno pero’ mi incuriosisce che è la v…

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