Troppi cellulari per una crisi

Leggevo l’articolo sul Corriere che informa sui numeri di diffusione degli smartphone in Italia. Dice che «siamo la nazione al mondo con la maggiore diffusione di smartphone tra la popolazione». Una posizione interessante che dà spazio a tante idee di come costruire su una diffusione così alta di terminali mobili. Direi senz’altro una buona notizia. Eppure leggendo i commenti è come se fosse uno scandalo.


Giv1775:
Tra un po dovrete vendere anche quello per comprarvi il panino….

Stradenny:
A discapito della possibilità o capacità di usare il pensiero. Tanto col telefonino intelligiente si fa tutto, no? A che servono tante teorie? Ma poi, la vita quella vera… dove la gente crolla alla prima difficoltà, ce la risolverà davvero il telefonino intelligente?

Lettore_724194:
Divertente e patetico leggere prima che S&P ha abbassato il rating di 24 banche italiane e poi leggere che siamo il paese che ha più smartphone degli USA….
Sarà, ma se trovi i soldi per iPhone/iPad o quant’altro e poi non tiri a finine mese…fa solo pena…
condivido l’opinione di mammut….per moda non per necessità…e soprattutto sono d’accordo con LEFLORENTIN…l’Italia è in bancarotta ma i soldi per questi patetici record li troviamo sempre!!!

Ho riportato solo i primi tre commenti, ma se girate un po’ sulla pagina, troverete anche di peggio. Non ho tagliato nessuno dei commenti. Sono proprio argomentati così (o non lo sono affatto) dai commentatori stessi.
Mi piacerebbe stare a rispondere a ciascuno di essi, confutare ogni singola affermazione, ma tanto sarebbe inutile. Quello che mi preoccupa veramente è che questa gente poi, fragile agli slogan e al più bieco discorso demagogico, vada pure a votare per il Parlamento. Forse certi partiti senza proposte, ma ricchi di parolone avranno più successo del previsto alle prossime elezioni.

Quello che volevo però approfondire riguarda l’attuale crisi. Una crisi che non si è autocreata, ma che si sta alimentando della notizia di se stessa. Se nel 2009 i giornali avessero trattato la criticità del sistema finanziario con maggiore nozione di causa, avessero semplicemente raccontato i fatti, senza anticipare le conseguenze sul piano socio-economico. È una cosa che pensavo due anni fa e che ancora adesso non ho trovato argomentazioni solide contrarie. Perché quando tutti i maggiori quotidiani nazionali annunciano che verrà la crisi e si dovrà licenziare, ridurre gli stipendi, cassaintegrare metà dei dipendenti, che nessun credito tra imprese è più garantito e che c’è un grave problema di liquidità, i lettori si sentiranno giustificati a fare proprio queste cose e guarderanno con sguardo molto più severo al loro rapporto di crediti e debiti a lungo termine. Se in un momento di normale crescita economica, la vendita a credito era un sistema come un altro per mantenere la produzione ai propri ritmi normali, adesso nessuno si preoccuperà più di mantenere la produzione, ma preferisce vendere solo a chi paga in contanti a costo di licenziare e cassaintegrare, perché tanto lo fanno tutti o lo faranno tutti a breve. La vera crisi sta nella perdita dell’ottimismo imprenditoriale e nella fiducia che i crediti vengano ripagati. Se mettiamo in dubbio questi due capisaldi della crescita economica, abbiamo già fatto molti più danni del fallimento di una qualsiasi banca oltreoceano.

Forse l’unica cosa che Berlusconi ha provato a fare di buono è stato di dire che la crisi non c’era, o era superata, o che comunque sarebbe durata poco. Certo, dall’altra parte, dietro le quinte avrebbe dovuto fare qualcosa per curarla veramente. La via d’uscita dalla situazione critica è che si mantenga la fiducia che i debitori ripaghino un domani, di conseguenza si continuerà a vendere, a produrre, ad assumere, a comprare e su ogni transazione si pagano quelle tasse che ora servono allo Stato per non andare in bancarotta (al contrario di quanto grida il terzo lettore citato sul blog. Questo “inutile record” insieme agli altri settori in crescita, mantengono occupazione e incrementano il PIL (sul fatto che poi il PIL sia un discutibile metro di successo è un altro paio di maniche che nulla ha a che fare con la crisi finanziaria). Bastava che il governo cacciasse un po’ di liquidità, pagasse i propri debiti in tempi brevi e il resto, in un mercato come quello italiano, si sarebbe sistemato (più o meno) da solo.

Criticare dunque il fatto che abbiamo tanti smartphone, non porta assolutamente a nulla. Anzi, porta al peggio. Se lo scenario che questi commentatori critici si immaginano (una riduzione drastica dei consumi, quindi un ulteriore aggravio alla produzione e di conseguenza all’occupazione) si fosse realizzato, oggi staremo senz’altro peggio.

Se smettessimo tutti di consumare quello che è “superfluo”, prendiamo ad esempio solo andare in vacanza, avremmo un milioni di disoccupati solo in Italia. Dobbiamo dunque scandalizzarci che ci siano persone che vanno in vacanza anche in momenti di crisi? O dovremmo piuttosto esserne contenti?

Cosa temono questi commentatori del Corriere? Di perderci loro, di dover pagare con le proprie tasche i Blackberry degli altri? Ma non è così! I cellulari non sono mica sovvenzionati dallo Stato. Il fatto che gli altri consumino è la notizia migliore per chi è colpito dalla crisi. Sarebbe grave se fossimo finiti nell’austerità più completa. (Giusto una nota a margine: quando si invocano piani di cosiddetta austerity si parla di spese di Stato, non dei cittadini.)

La crisi non ce la siamo di certo immaginata, ma ora che c’è, più la immaginiamo e più si aggraverà la situazione. Ringrazio quindi questi lettori poco informati di scatenare solo più panico e dare così ancora più motivi per continuare la gara al ribasso in un’economia fragile come quella italiana.

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