San Fermo a San Felice: un miracolo di promontorio

Sentite il cuore pesante, un macigno sulle vostre spalle? Ci sono giorni in cui capita di avere una visione così negativa (alcuni la definirebbero lucida e realistica) del mondo che quasi quasi ci si spaventa. Molti sono i modi per affrontare tale sensazione: avvoltolarsi, arrovellarsi oppure fuggire (con il corpo o con la mente) in un orto di ulivi per, più o meno metaforicamente, riflettere (o pregare). Ed ecco giungere a proposito la chiesina di San Fermo a San Felice del Benaco.

San Fermo è di solito associato a San Rustico, due martiri su cui girano varie leggende. Una tradizione sostiene che fossero nordafricani uccisi nel 250 circa, Fermo a Cartagine e Rustico a Lambesa, in Algeria. Secondo i camuni invece Fermo era arrivato in valle al seguito di Carlo Magno e aveva deciso di fare l’eremita insieme a due fratelli, un’orsa, un’aquila e allo scudiero Rustico. Per altri Fermo e Rustico non erano africani bensì bergamaschi. Massimiano cercò di martirizzarli in vari modi, ma, siccome non morivano, decise di farli decapitare a Verona, sulle sponde dell’Adige.

In seguito le spoglie furono spedite a Cartagine per poi rientrare a Verona ed essere tumulate nella chiesa di San Fermo Maggiore, dove tuttora si trovano. Per essere Fermo diciamo che questo santo si muoveva davvero parecchio. Erano altri tempi. Tempi in cui, poiché dal nord incalzavano i barbari, i nostri antichi padri ritenevano cosa saggia diventare migranti e spostarsi in Africa. Fermo e Rustico tra l’altro sono due aggettivi che potrebbero far pensare a staticità e rozzezza, ma è molto più lungimirante associarli a saldezza e a semplicità d’animo, virtù impareggiabili ed essenziali in epoche oscure (inclusa la presente).

Di San Fermo ce ne sono almeno altri tre. Chiunque sia quello che dà il nome al promontorio su cui si trova la chiesa a lui dedicata certo ha davanti a sé un magnifico scorcio di Benaco e orti di ulivi a perdita d’occhio e cavalli che corrono e alberi. Un promontorio cos’è se non qualcosa che per sua natura si getta in avanti, che insinua il dubbio che esistano ulteriori prospettive da cui osservare se stessi e la realtà? Diamo l’occasione a questo santo un po’ bresciano, un po’ africano e un po’ bergamasco di farci sentire meno stressati, più elastici e aperti alla vita. A due passi dalla chiesa c’è una spiaggia che si chiama Baia del Vento. Lasciamo che il vento e il santo ci aiutino a sollevare almeno per un po’, anzi a toglierci di dosso la pietra che grava sulle nostre misere anime. Dite che rimuoverla del tutto sarebbe un miracolo? E quindi? Non è forse questo che fanno i santi?

 

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