Pratoterapia poetica

Tagliare il prato per me è terapeutico. Specialmente dopo aver riflettuto su qualcosa di spiacevole come la vicenda di mio nipote, sento il bisogno di "lavarmi l’anima" lasciando scorrere in silenzio ciò che di bello mi circonda.

Mentre taglio l’erba la mente si svuota, il ritmo è deciso dal motorino che ne trascina le ruote, i profumi si mischiano e il dispiacere si scioglie per far posto a belle immagini e pensieri.

So che questo gesto fa molto piacere a Marina perchè lo ritiene un "occuparmi del nido" che troppo spesso trascuro per le mie molte attività e passioni e già immagino al rientro il suo sorriso e i complimenti di cui già godo in anticipo.

Osservo un cespuglio di margherite selvatiche che il ritardo nel tagliare l’erba ha lasciato crescere e vincere e decido di girare loro attorno: a volte non occuparsi delle cose ne fa nascere di nuove. E anche questa è una lezione.

Passo sui soffioni ormai alti e pieni di lanuggine e guardo i semi che si spargono in nuvole mentre la falce della morte li attraversa e capisco che vita e morte sono in continuo intreccio, che l’una serve all’altra perchè tutto sia in dinamico rinnovamento.

Sotto il noce di nonno Delo che abita il giardino da quando abbiamo comperato questa casa, ascolto la storia della famiglia di Marina, il racconto della campagna, che si ripete di stagione in stagione, del crescere del legno che si fa noce e liquore come nell’abete si fa pigna e violoncello.

Osservo il melo cotogno e ne osservo i tanti simboli: i fiori bianchi e rosa delicati come la pelle di un bambino così in contrasto con la lanugginosa grinzosità della buccia del frutto maturo, quasi a racchiudere in una stagione la storia della nostra vita dall’infanzia alla vecchiaia. Frutto evocativo di disobbedienza a dio, di tentazione e di libero arbitrio, albero del sapere e della scienza e ora in quei fiori riassunto della magnificenza della vita.

Vai articolo originale: http://blog.gigitaly.it/2010/04/pratoterapia-poetica.html

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