Né carne né pesce, ovvero il PIANO CASA a San Felice d/B

La Regione Lombardia, con la Legge Regionale 13/2009 –Azioni Straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia, si pone l’obiettivo “della massima valorizzazione ed utilizzazione del patrimonio edilizio ed urbanistico presente nel territorio” lombardo.

In particolare la legge e si ispira ai principi di semplificazione (procedure più agili per avviare gli interventi), sussidiarietà (coinvolgimento diretto dei Comuni per l’applicazione della legge), risparmio di suolo (riutilizzo dei volumi già esistenti senza ulteriori espansioni urbanistiche), efficienza energetica (sia per i nuovi interventi che per gli edifici esistenti coinvolti), qualità paesaggistica (coerenza con l’identità e la storia del tessuto urbano) e sicurezza degli edifici (pieno rispetto della normativa antisismica).

Le finalità della LR dunque sono principalmente quello di sostenere la ripresa economica in Lombardia e nei suoi comuni con misure anticicliche (micro-interventi di carattere edilizio gestiti con buona probabilità da imprese artigiane del luogo) affrontare con misure straordinarie (e quindi rapide) il tema della casa.

 Il Consiglio Comunale di San Felice del Benaco ha deliberato nella seduta del 14 ottobre 2009 con quali criteri applicare i contenuti di tale legge nel nostro comune.

A mio avviso proprio con le scelte prese dal Consiglio Comunale, i principi ispiratori della normativa sono in massima parte disattesi e si è introdotto nuovamente nel nostro comune una disparità di trattamento fra cittadini e cittadini. Proprio uno degli slogan utilizzati in campagna elettorale dall’attuale Sindaco, Paolo Rosa, ovvero l’attenzione verso i cittadini residenti e una sensibilità dell’Amministrazione Comunale nell’agevolare quegli interventi edilizi che risultano in armonia con la peculiarità paesaggistica ed ambientale del nostro comune, potrebbe essere ampiamente disatteso e l’occasione offerta dalla LR 13/2009 gettata al vento. E anche un secondo slogan proposto il campagna elettorale, cioè il confronto con TUTTI i cittadini attraverso incontri pubblici è stato disatteso. Il Sindaco ha operato in modo frettoloso in concerto con il suo “nuovo” consulente in materia urbanistica senza consultare i cittadini e senza capire la portata delle scelte che avrebbe sottoposto all’approvazione del Consiglio Comunale.

Il risultato di tutto ciò è che nel nostro comune si tiene una via mediana (la peggiore perché dimostra di non avere idee e coraggio): non si tutela il territorio e il paesaggio del nostro comune escludendolo dall’applicazione del “Piano Casa” (altri comuni l’hanno fatto!!) e non si applica in modo trasparente ed armonioso senza creare disparità di trattamento fra cittadino e cittadino. Come si sul dire – né carne né pesce!

In dettaglio come sarà applicata la legge 13/2009 nel nostro comune. La possibilità, offerta dalla legge, di ampliare le abitazioni mono e bifamiliari o plurifamiliari purché di volumetria inferiore a 1.200 mc ed edificate prima del 31 marzo 2005, nel nostro comune si applicherà solamente alle zone identificate dal PRG vigente come B1. La motivazione di questa scelta pare sia da ritrovare in motivazioni di carattere paesistico.

Evidentemente la strada proposta è quanto mai discutibile, per diversi ordini di motivi:

• se le motivazioni per la restrizione dell’applicabilità al nostro territorio sono di carattere paesistico, allora lo strumento urbanistico che classifica il comune per questi aspetti è il PIANO PAESISTICO COMUNALE e non il PRG; è il Piano Paesistico che classifica le zone per sensibilità paesistica e il nostro comune ne è dotato da parecchi anni; perché dunque non guardare quello??? Guarda caso l’estensore del Piano Paesistico è il “nuovo” consulente del Sindaco; possibile che si sia dimenticato di averlo realizzato?

• esistono un gran numero di edifici che sono classificati secondo lo spirito del PRG vigente in zona B2 o zona C: si tratta di abitazioni edificate magari da più di dieci anni, parzialmente o completamente circondate da edifici in zona B1. Agli edifici in zona B2 o zona C (nonostante siano stati costruiti magari prima del 31 marzo 2005) non si applicherà la LR13 e quindi non sarà consentito a quelle famiglie che li abitano adeguare la struttura delle proprie case alle proprie esigenze, pur essendo questi edifici in zone aventi caratteri paesaggistici del tutto analoghi alle zone B1;

• le zone B1 del vigente PRG hanno già goduto in questi 10 anni di incrementi volumetrici, talvolta anche molto considerevoli. Si presenterà dunque il paradosso che chi ha già goduto con il PRG di incrementi di volumetria (B1) potrà nuovamente ampliare la propria abitazione, mentre al contrario chi non ha mai avuto la possibilità di adeguare la propria casa alle nuove esigenze (Zona B2 e C) non potrà in alcun modo intervenire; • uno degli aspetti positivi della LR13 è quello di offrire la possibilità di adeguare il patrimonio edilizio esistente alle nuove esigenze, legate al risparmio energetico, all’adeguamento antisismico, o per qualsiasi altra esigenza, indistintamente per zone omogenee del territorio, ovvero senza dover sottostare ad alcun arbitrario criterio di classificazione legato a logiche clientelari che hanno fatto la fortuna di numerosi imprenditori ed amministrazioni nella gestione dei PRG in passato. La scelta di limitare l’applicazione della LR13 a logiche legate al PRG vigente che fotografa una situazione di ormai oltre un decennio anni fa, porta a discriminare cittadini di serie A da cittadini di serie B, nascondendo tale azione dietro il paravento di motivazioni paesistiche evidentemente strumentali;

• l’impatto dell’estensione a tutta la “città consolidata” (Zone B1 e B2 + Zone C) del Piano Casa avrebbe un impatto marginale sull’incremento volumetrico del nostro edificato, su suolo ormai compromesso, al contrario risolverebbe tantissime situazioni di carattere puntuale che stanno a cuore a tanti cittadini. Da un conto empirico basato sui documenti disponibili e relativi al vigente PRG, il 20% di incremento sulla totalità delle zone B2 porterebbe ad un maggior volume di 5.000 metri cubi qualora TUTTI gli edifici venissero ampliati, mentre per le zone C l’impatto sarebbe certamente inferiore poiché la stragrande maggioranza di edifici realizzati negli ultimi 15 anni è di carattere plurifamiliare (residence o piccoli condomini) e quindi a tali edifici non applicabile;

• alcuni edifici ricompresi nella zona B1 e dunque ai quali si applica il “piano casa” si trovano in zone ad elevata sensibilità paesistica (classe 3) secondo il Piano Paesistico. Si affacciano sul golfo di Salò con una vista splendida e vengono ampiamente percepiti dal lago. Guarda caso i criteri per cui tali zone dovrebbero essere escluse dall’applicazione di interventi edilizi incontrollati. Al contrario, sempre a Portese, casette unifamiliari e bifamiliari ai piedi del “grattacielo” vengono escluse per tutelare il paesaggio. Siamo davvero alla follia pura!

Infine è bene aggiungere almeno un’ulteriore considerazione circa le scelte che sono state deliberate in Consiglio Comunale: si prevede una riduzione degli oneri per gli interventi che rientreranno nell’ambito di applicazione della legge: i cittadini di serie B non solo non potranno godere dell’incremento volumetrico, ma subiranno il danno derivante dagli sconti che l’amministrazione farà ai cittadini di serie A; sconti che si tradurranno in minore disponibilità economica da parte dell’amministrazione per fa fronte alle esigenze di tutta la comunità. Oltre alla beffa, il danno!

Perché gli amministratori di San Felice (e non mi riferisco solamente agli ultimi) non hanno un po’ di umiltà e si confrontano con i cittadini prima di decidere del futuro del nostro paese?

Vai articolo originale: http://laltrasanfelicewp.wordpress.com/2009/11/02/ne-carne-ne-pesce-ovvero-il-piano-casa-a-san-felice-db/

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