Il metro della musica

Schermata 2013-03-03 alle 00.26.21Che giornata! Rientrando dal concerto per l'inaugurazione della Metro a Brescia vedevo la stazione di Piazza Vittoria ancora con capannelli di gente che faceva da corona ad una esibizione musicale e alla stazione di Brescia2 ho intravisto passando un coro intero.

Si perchè in tutte le stazioni c'era Musica a fare da contorno e arredo culturale all'evento, ma soprattutto musica di ogni genere: jazz, classica, contemporanea, DJ, cori, pop, solisti e gruppi ubiti dal racconto di una giornata speciale per la città.

Riflettevo sulla forza universale del linguaggio musicale e su come questo linguaggio sia tanto più forte quanto più esce dai luohi "tradizionali": ascoltare musica in discoteca o ni un teatro è, perdonate la semplificazione, una cosa "normale", ascoltarla eseguita dal vivo in una stazione della metropolitana o in una piazza o in giardino pubblico, la carica emotiva, narrativa ed evocativa della musica centuplica la sua forza.

L'ho visto oggi mentre suonavo, guardando il pubblico che scendeva le scale mobili e si voltava verso noi musicisti catturato da questo evento insolito, da questi suoni inaspettati, per di più con un brano inusuale come In C.

Dopo lo stupore, un flash negli occhi per dire "Ah sì, è ovvio, c'è l'inaugurazione della metropolitana" (come a dire che la musica è un evento eccezionale come un'inaugurazione) e poi li vedevi tornare indietro a fotografare, ad ascoltare, come richiamati dal pifferaio di Hamelin.

Basta un piccolo gruppo in una piazza, in un angolo, sotto un porticato, e subito una città distratta e frettolosa, si risveglia a rallenta il passo al battito della bellezza: la musica è potente, ti obbliga al suo tempo. Un quadro lo puoi guardare velocemente ma un brano musicale non puoi ascoltarlo a velocità quadrupla perchè hai fretta, il tuo tempo non conta, la musica ne diventa padrona.

Mi è capitato a Parigi in Place des Vosges, e poi in Olanda, e in Polonia e poi decine e decine di volte negli Stati Uniti o in Pusteria ed è quello che vorrei tanto per la città che mi ospita: che fosse piena di bellezza sonora.

Ma c'è un'altra dimensione che ho misurato oggi, che già sapevo ma che ogni volta che la magia si ripete, provo l'allegria dello stupore: si incontrano musicisti che non si conoscono ma bastano due note assieme che le distanze di riducono, basta un giro di blues o una "follia" cinquecentesca che subito si crea uno spazio condiviso, un mondo nuovo che non appartiene a nessuno ma è immediatamente di tutii quelli che suonano.

Basta guardare questo video ripreso al volo fuori dal bar dove facevamo una pausa prima del concerto: due violoncellisti, un tastierista e mio nipote Alberto con un flautino che si mettono a suonare Bella Ciao senza essersi conosciuti prima, senza aver provato con l'intesa che scatta immediata.

La musica è sintetizzata in quel video: complicità, allegria, rivoluzione, durata nel tempo, ascolto reciproco.

L'Italia che ha dato alla musica il linguaggio, gli strumenti più belli e preziosi, dovrebbe esaltarla in ogni angolo e luogo e se avesse guardato gli occhi dei ragazzi che hanno suonato oggi, avrebbe visto l'orgoglio di aver fatto qualcosa di bello e importante per sé e per gli altri. Eh sì, la musica è un fatto sommamente egoistico e al tempo stesso altamente generoso, fai musica e ti gongoli nella tua "potenza" nel produrre suoni, ma nel momento che li emetti, non ti appartengono più, sono nell'aria, appartengono a tutti.

Mi arrabbio quando sento dire "non abbiamo i soldi" in risposta a progetti musicali presentati a questo o quel comune. "Non abbiamo soldi" è una risposta comoda, sbrigativa, apparentemente inconfutabile eppure profondamente falsa.

La risposta più onesta sarebbe "non te li voglio dare, perchè non ho capito bene a cosa serve" e dato che a nessuno piace vergognarsi di non capire la musica, ecco pronta la scusa dei soldi.

L'ho sentito ancora in questi giorni, "lo sai che se avessimo i soldi lo faremmo",scusa plausibile e apparentemente "oggettiva": in realtà sarebbe più onesto dire "Non capisco dove sia il vantaggio" perchè se uno capisse il valore della collaborazione, dell'ascolto, della disciplina, che sono dentro ogni occasione musicale,scoprirebbe che la musica è un investimento straordinariamente conveniente ed efficace.

Con che metro si misura la piacevolezza che abbiamo ingenerato oggi? Con che metro razionalizziamo il piacere puro dei musicisti che da precedentemente sconosciuti passano a condividere una melodia o un pentagramma.

L'ho visto accadere con le duemila persone che affollano il festival dei cori a Sesto, l'ho rivisto oggi con i con i 45 musicisti di Brescia Suona in Do: la musica è il tritacarne del sospetto emotivo che non scompare ma viene fatto a pezzi e insaccato come un salame che si potrà, per chi vuole, pur sempre consumare in seguito. Una partitura da suonare assieme, un brano conosciuto da entrambi ed ecco che vedo crollare dogane, barriere, distanze, annullate da sguardi d'intesa e da partenze comuni segnate da un respiro.

Bello il WiFi, senza dubbio utili gli HotSpot ad accesso libero: ma quanto sarebbe più civile una città in cui suonare non richiede permessi, anzi, sei invitato a farlo se puoi abbellire lo spazio circostante, una città in cui tutti i generi trovano cittadinanza come la trovano gli esseri umani senza distinzione di sesso, religione e colore della pelle.

Una città di musica è una città che progredisce recuperando la nostra umanità ed è un'apparente contraddizione guardare al futuro e al passato contemporaneamente ma la musica è così da sempre: mistero e follia.

Ed è proprio alla "follia" della musica che pensavo stasera, solo metro con cui misurarla. La follia è un tema musicale di origine portoghese (qui lo schema preso da wikipedia inglese) su cui si basava un'improvvisazione che accompagnava danze e, pare, riti di fertilità (follia si dice anche  in segno di dispregio rispetto alla musica "vera" suonata in chiesa), e comunque un tema noto su cui qualunque musicista trovava il suo linguaggio universale per aprire un dialogo con un altro musicista.

E' successo anche oggi con i due ragazzi del conservatorio di Milano che suonavano in fianco a me e che hanno attaccato la Follia di Corelli, ma che è la stessa di Vivaldi, di Marais, Geminiani, e di cento altri, a ci ha immediatamente accomunati come un giro di blues di 500 anni fa che ancora svolge la sua funzione di far ballare con i sonagli ai piedi i "pazzi" di questo mondo.

A loro dedico la versione più sonora e maestosa della rielaborazione del tema della Follia fatto da Haendel per la sua Sarabanada (chi ha visto Barry Lyndon la ricorderà) che riascoltai a Parigi sotto i volti di Place des Vosges suonata dai ragazzi del vicino conservatorio e mi rapì per insegnarmi che il metro della musica non è nè quello del tempo né quello dello spazio ma quello dell'irragionevole.

 

Vai articolo originale: http://blog.gigitaly.it/2013/03/il-metro-della-musica.html

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