Depuratore, «Avanti così». E Verona vuole i 60 milioni di Brescia

L’attuale progetto per il nuovo depuratore del Garda è «il migliore». Il doppio impianto di Gavardo e Montichiari va dunque avanti. Il ministero gela le speranze dei comitati ambientalisti e delle comunità del Chiese, snobba le mozioni di Provincia e Regione e tira dritto sulla strada tracciata dal commissario straordinario, il prefetto Attilio Visconti.

Lo fa rispondendo all’interrogazione del deputato di LeU Devis Dori che chiedeva una posizione ufficiale al dicastero della Transizione ecologica. La risposta è arrivata ieri mattina, in aula, a Montecitorio, per bocca della sottosegretaria Ilaria Fontana (M5s): «Alla luce dello stato di incertezza e dei ritardi nella realizzazione del depuratore» lo scorso 17 giugno «è stato nominato il commissario – ha spiegato Fontana – che ha prontamente agito per sostenere la migliore soluzione tra le opzioni progettuali». Riguardo ad «ipotesi alternative», chieste anche dalla mozione bipartisan approvata dal Pirellone pochi giorni fa, «non è possibile interferire con le scelte del commissario» ha spiegato Fontana. Punto. Una risposta che pare «non lasciare margini di manovra», come ammesso dallo stesso Dori.

EMBED [Leggi anche]L’interrogazione

L’interrogazione chiedeva se il Ministero della Transizione Ecologica (Mite) intendesse valutare altre soluzioni rispetto al doppio impianto di Gavardo Montichiari (come peraltro auspicava anche la Regione), alla luce dei percorsi portati avanti dal territorio (la mozione Sarnico) e delle proteste del presidio 9 agosto. La replica di Fontana è stata netta. Amareggiato e insoddisfatto Dori: «Tutto è già deciso, al ministero va bene così – ha replicato -. La volontà dei cittadini, della Provincia e della Regione non contano. Questa è la soluzione perfetta per far morire il fiume Chiese. Perché questa fretta? La sublacuale è in ottime condizioni e con un po’ di manutenzione può arrivare al 2035. Ignorare la voce dei cittadini è sbagliato e pericoloso». Ma tant’è. Almeno per ora. Critico anche il presidio 9 agosto che domani terrà una nuova assemblea pubblica per decidere il da farsi.

La provocazione

Intanto, se a Roma le cose si mettono male, da arriva una provocazione di non poco conto. L’altra sponda del Garda, infatti, accelera e annuncia l’apertura dei cantieri sulla propria sponda del lago. E viste le «incertezze» sul progetto bresciano, lancia la sua sfida: i 60 milioni stanziati dal Ministero per la sponda bresciana vengano dirottati sul Veneto, così che possa di fatto completare il finanziamento del suo progetto.

A lanciare l’idea è stato Angelo Cresco, presidente dell’Azienda Gardesana Servizi, la società che gestisce il ciclo idrico in una ventina di Comuni veronesi e a cui è in capo il progetto del depuratore del Garda per il versante orientale. Il suo ragionamento è semplice. Con l’accordo del 2017 tra Ministero dell’Ambiente e Regioni Lombardia e Veneto, Roma ha garantito un finanziamento di cento milioni di euro su un costo complessivo di circa 250 milioni (considerando entrambe le sponde): 60 milioni per la sponda bresciana (dove il progetto vale 130 milioni), 40 per quella veronese (116 il costo totale). Ma visto che è in alto mare, quei soldi – è l’idea di Cresco – vengano intanto girati a Verona. Possibile? Una provocazione? Se verrà fatto, quei soldi torneranno indietro? Si vedrà. 

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