Dall’acqua alle lampadine. Centrale elettrica di Riva del Garda

Da quando si ha memoria le cose sono sempre cadute verso il basso, attirate da una forza invisibile su cui l’uomo si è interrogato a lungo nel corso della storia. Gravità, la chiamarono. Ancora prima di scoprirne i meccanismi e le ragioni profonde, che in piccolo sono simili a quelle che governano l’intero universo, i greci e i romani la usarono come fonte di energia: grazie all’invenzione del mulino potevano macinare il grano e altri cereali.

Per millenni l’utilizzo della forza di gravità rimase pressappoco lo stesso, fino a che, alla fine dell’Ottocento le cose evolvettero molto rapidamente. Il mondo aveva bisogno di energia elettrica, e tanta, per poter sostenere la spinta produttiva e i consumi della rivoluzione industriale. L’idea del mulino fu riadattata in chiave moderna e nacquero le centrali idroelettriche. Esse arrivarono anche in Italia e in particolar modo nell’arco alpino, che abbonda di corsi d’acqua utilizzabili a tal fine. Per tutta la prima metà del Novecento e anche durante tutto il dopoguerra, le montagne furono lavorate, i torrenti imbrigliati, vennero creati invasi e gallerie sotterranee lunghe chilometri al fine di permettere lo sfruttamento della risorsa idrica.

Lo stesso, negli anni ’20, avvenne a Riva del Garda. Fu deciso di usufruire l’acqua del già esistente lago di Ledro, convogliandola in una galleria che sarebbe sbucata a Santa Barbara, una piccola chiesa abbarbicata sulla parete rocciosa che sovrasta Riva, per poi precipitare nella centrale sottostante. Per la costruzione di quest’ultima il progetto fu affidato all’Architetto Giancarlo Maroni, lo stesso che progettò il Vittoriale di D’annunzio e molti altri edifici e spazi pubblici di Riva.

La centrale, dopo quasi cento anni di attività è ancora funzionante, anche le tecnologie per farla funzionare si sono molto evolute in questo lasso di tempo. Se il principio su cu si basano le centrali idroelettriche è molto semplice, la loro gestione è tutt’altra faccenda. Il lavoro di regia è molto complesso, in quanto l’energia prodotta non è immagazzinabile e i consumi non sono costanti. Questo significa che si fornisce alla rete sempre e solo la quantità di elettricità di cui essa necessita in quel preciso momento, né più né meno.

Dall’acqua alle lampadine. Centrale elettrica di Riva del Garda Garda Trek
ph credits Walter Sestili

L’ultima tappa del Garda Trek, La Corona del Garda Trentino, prevede la discesa in funivia dal Monte Baldo e il ritorno a Riva del Garda via battello. Questo rientro lento, al ritmo delle onde, è la chiusura perfetta di un trekking tanto impegnativo quanto affascinante: dal lago, infatti, lo sguardo abbraccia l’intero tracciato del trekking, una sorta di ultimo riassunto mozzafiato dell’impresa appena compiuta.

All’approdo a Riva del Garda si è accolti dalla mole imponente della Centrale Idroelettrica, uno degli edifici iconici del Garda Trentino. Ideato dall’Architetto Maroni, è ben visibile già in lontananza e segna, fin dalla sua costruzione, l’ingresso alla cittadina gardesana per chi proviene dalla sponda bresciana. Oggi la Centrale apre le sue porte agli appassionati di ingegneria e di architettura e svela i segreti della produzione di energia.




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