Campagna permanente e politica

Al seminario dei Giovani Repubblicani di oggi a Fiuggi, con Alessandro Papini (Iulm) e Valeria Gangemi (MRE) si è discusso dei cambiamenti nella comunicazione politica registrati negli ultimi 15 anni.
Una cosa che non si sottolinea mai abbastanza è che i cambiamenti nelle modalità di interazione sociale nascono dai cambiamenti della società: fino agli anni Ottanta tre dati erano sufficienti per dedurre l’orientamento di voto di un elettore col 75% di probabilità di indovinare (attività lavorativa, regione di residenza, orientamento religioso). Oggi quegli stessi dati sono largamente insufficienti per predire il comportamento di voto. Le carte si sono mischiate. Molto.
L’introduzione delle tecniche di marketing nella competizione elettorale ha a sua volta accelerato la propensione a votare secondo un’opinione liberata dalle appartenenze ideologiche, ma sicuramente ha trovato un terreno reso fertile dalla caduta del Muro.
La seconda considerazione è che la “contendibilità” di ampie fasce di elettorato ha spostato l’attenzione dell’attività dei partiti dalla ideazione di politiche (sulla base di proprie elaborazioni e interpretazioni della società in evoluzione) per concentrarsi sulla sola competizione.
Da qui l’instaurazione del clima di campagna permanente (e l’ineludibile faziosità del confronto politico che cancella qualsiasi possibilità di dialogo) e la “drammatizzazione” di cui parla il presidente Napolitano.
E la Politica? (Cioè l’elaborazione che precede il sogno, l’ideazione, l’aspirazione) Alle fondazioni.
Un cambiamento non da poco.

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