Allarme sul Garda «Stop all’ ecomostro»

Un hangar di cemento sul porto di Moniga

MONIGA DEL GARDA (Brescia) – Quell' hangar non s' aveva da fare. La Soprintendenza ai beni architettonici e del paesaggio l' aveva detto non una, non due, bensì tre volte. Eppure, quel parallelepipedo di cemento di 60 metri per 70 e alto sei (anche se in parte interrato), è lì da vedere, dirimpetto al porto di Moniga. Con i suoi 350 posti barca sotto e i 136 posti auto sopra, nel parcheggio ricavato sul tetto e di proprietà del Comune. Alla faccia della Soprintendenza secondo cui la costruzione «altera le lente ondulazioni della collina che scende a lago». Per gli ambientalisti di Italia Nostra, Legambiente, circolo Roverella e Comitato per il parco delle colline del Garda, che hanno sollevato il caso, è uno scandalo. Di più, un male estremo che richiede un estremo rimedio: l' abbattimento. Lo dice Rossana Bettinelli, presidente della sezione bresciana e vicepresidente nazionale di Italia Nostra: «Non ci si può limitare a una multa, altrimenti tutti penseranno che sul Garda si può costruire tutto quel che si vuole, anche contro il parere della Soprintendenza, tanto poi si sistema tutto con qualche soldo e dei buoni avvocati». Non si sa se il soprintendente Luca Rinaldi arriverà a far usare esplosivi o caterpillar. Ma, di sicuro, usa parole pesanti («vien da pensare che le stesse amministrazioni incoraggino l' abusivismo») ed ha scelto la linea dura. «Quell' hangar va sequestrato – dice -. Se non provvederà il sindaco, come ha promesso, lo chiederemo noi alla magistratura». Ieri pomeriggio, a dire il vero, sigilli alla struttura non ce n' erano e i dipendenti del porto (22 in tutto) erano regolarmente al lavoro. Quanto al sindaco, Lorella Lavo, si è trincerata nel silenzio: «Su questa vicenda non ho nulla da dire». Proprio lei, che un mese fa aveva scritto una lettera aperta ai concittadini per lamentarsi dell' eccesso di autorizzazioni rilasciate dalla precedente amministrazione (scaduta nel 2006). Eppure di cose da spiegare ce ne sarebbero parecchie. Perché un intervento presentato una prima volta alla Soprintendenza nel settembre 2005 e bocciato il dicembre successivo, poi ripresentato a dicembre 2006 e ribocciato a febbraio 2007 infine ritrasmesso come sanatoria a maggio 2007 e cassato a luglio è stato comunque realizzato? E come mai la Dichiarazione di inizio attività presentata dall' impresa costruttrice a dicembre 2005 e approvata dagli esperti ambientali del Comune non è stata poi, come prescrive la legge, trasmessa alla Soprintendenza? Proprio questo è uno dei punti ai quali si attacca Adriano Bortolotti, progettista e proprietario dell' hangar: «Tutto l' intervento sul porto è stato fatto in project financing con il Comune. Abbiamo avuto innumerevoli riunioni e ispezioni . Se ci fosse stato qualcosa che non andava, penso che ce l' avrebbero detto. Per questo siamo andati avanti con i lavori, iniziati ad aprile 2006 e consegnati nel giugno scorso, con un investimento di 2,8 milioni di euro. E poi, siamo sinceri: io sono d' accordo nell' evitare le brutture di cui il Garda è pieno. Ma qui parliamo di una struttura in pratica tutta interrata». Anche per questo Bortolotti ha fatto ricorso al . In attesa della battaglia legale, sia Rinaldi che gli ambientalisti indicano già un colpevole: la legge che ha affidato ai Comuni e ai loro esperti ambientali le autorizzazioni paesistiche. Quella legge dovrebbe essere cambiata entro maggio 2008. Ma, nel paese delle proroghe, chissà.

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