4 regole base per un logo funzionale

Quando stai decidendo quale modello di auto comprare viaggiare in autostrada non significa più solamente percorrere la distanza tra due caselli ma anche districarsi in uno showroom in movimento. Si notano i modelli, le marche, le forme ecc. Da quando l’anno scorso agli Snowdays ero alle prese con la valutazione delle bozze per il nuovo logo una cosa simile mi capita ogni volta: noto insegne, mi focalizzo sui loghini e le sigle a piè di pagina nelle slide e nelle intestazioni di documenti e altre robe simili. Oggi mi è risuccesso a lezione, così ho deciso di condividere quelle quattro cose che ho imparato poco più di un anno fa nel contesto degli Snowdays.

Punto 1: Non appesantire la valigia

Il primo errore che stavo commettendo dando gli input ai designer per il logo era quello di voler comunicare subito tutto con il logo. Per gli Snowdays mi ero immaginato qualcosa come un pupazzo di neve su una slitta o sugli sci con una birra in mano o altre pacchianate del genere. In pratica la tentazione era quella di creare uno stemma in cui si raccontassero in maniera iconica tutte le attività racchiuse nell’evento; una tentazione simile a quella di voler mettere per sicurezza tutto in valigia quando si parte per le vacanze, col rischio che poi all’aeroporto non te la fanno imbarcare perché pesa troppo. Discorso simile per il logo: se contiene troppi concetti, immagini, descrizioni, alla fine chi lo guarderà non riuscirà a ricordarsi tutto quello che c’è dentro e il logo non svolge più il suo ruolo di rendere riconoscibile il prodotto. Diventerebbe troppo complesso per un riconoscimento immediato. Pensate a marchi “a iconcina” di successo come lo Swoosh di Nike, la mela di Apple o il coccodrillo di Lacoste. C’è forse qualcosa nel logo che rimandi al prodotto concreto?

Punto 2: Basta un pizzico delle spezie giuste
Il logo alla fine comunque deve poter dire qualcosa dell’azienda che ci sta dietro. Elegante o sportiva? Creativa o classica? Dinamica o stabile? Prendiamo il logo della Mercedes (tralasciamo la fusione con Benz). L’idea della stessa a tre punte è sempre rimasta ma lo stile è cambiato parecchio nei decenni. Da colorato a monocromo. Da omogeneo a metallizzato con taglio. Sono piccoli cambiamenti che indicano quale direzione vuole comunicare l’azienda (ora voglia mostrarvi che siamo nobili, classici e forti, adesso che siamo eleganti, semplici e funzionali). La zuppa non cambia, ma si aggiunge quel pugnetto di spezie che esaltano quel particolare sapore. Quindi comunicate con il logo, non tramite la forma e il “contenuto” del logo in sé, ma con qualche ritocco di stile (cosa che permette cambiamenti futuri senza perdere la continuità con il passato).

Punto 3: Piccolo (e compatto) è bello
Quando mi parlano di un’azienda spesso mi immagino un logo che galleggia nel vuoto. Il problema del logo (che poi è il suo scopo) va messo su prodotti, carte intestate, pié di pagina, confezioni, siti, facebook, twitter, biglietti da visita ecc. Tra il telone di lato di un camion e lo spazietto destinato alla favicon ci sono migliaia di ordini di grandezza. Assicuratevi che il logo sia semplice tale che sia riconoscibile anche a 12×12 pixel. Se avete una scritta (a meno che non sia una sigla come IBM, che già dà problemi) dimenticatevi di usarla come favicon. Pensate ad esempio a Coca-Cola (il brand che forse vale di più al mondo). A voi viene in mente un logo compatto, di facile collocazione in spazi ridotti? No? Neanche a loro, infatti non hanno una favicon. Se non fosse che è indissolubilmente legato a un prodotto di successo planetario, direi che è un pessimo logo. Nel caso di Coca-Cola forse si potrebbe azzardare a usare solo il rosso, ma i colori danno problemi perché variano in base agli schermi e figurarsi poi che influenza devi avere perché basti un colore informe perché si possa essere riconoscibili. In generale tutte le scritte hanno questo problema, il che costringe poi a inventarsi qualcosa di aggiuntivo o a snaturare il nome (Bartolini, l’azienda di trasporti, adesso usa solo la sigla BRT sui suoi camion così come l’indirizzo che rimanda al suo sito è diventato www.brt.it).
All’altro estremo, se hai uno spazio grosso e allungato dove il tuo logo lascerebbe un sacco di spazio libero (e questo non ti piacesse – alla Apple ad esempio piace molto) fai sempre in tempo ad aggiungere il nome dell’azienda accanto al logo (come fa Microsoft per MS Office).

Punto 4: Non più di sei colori
Al primo evento promozionale vorrete stampare delle magliette con il vostro loghino serigrafato sopra. Ecco, se non volete spendere una fortuna in stampe consiglio che il logo non abbia più di sei colori. In genere (a meno che non vi limitiate al nero) il primo scalone di prezzi che vi faranno in stamperia per una serigrafia è fino a sei colori (pantoni). Dopodiché diventa un macello. Non chiedetemi perché (credo dipenda dai macchinari impiegati che permettono di programmare max 6 colori), ma per esperienza ho visto che è così. Tenete conto che se volete anche stampare uno strato di fondo (per motivi di contrasto o altro) un colore vi va semplicemente per quello. Non ne capisco molto, ma il mio consiglio è di non superare i 5/6 colori, a meno che ovviamente non siate come la Provincia Autonoma di Bolzano che a quanto pare qualche soldino in più può mettercelo.

Se qualcuno avesse input aggiuntivi, sarei felice di sentire altri consigli.

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