di Andrea Tortelli | Il 14 ottobre del 2007 – dalla fusione tra Democratici di sinistra, Margherita e altri soggetti minori – è nato ufficialmente il Pd. Ma come sta il partito bresciano – i cui militanti domenica saranno chiamati a eleggere segretari di sezione, provinciale e regionale – a 16 anni di distanza? Per rispondere a questa domanda, BsNews.it ha deciso di fare un’inchiesta approfondita per fotografare la situazione dei dem bresciani su tutti i versanti: iscritti, conti economici, dinamiche politiche in atto e criticità.
Una premessa metodologica: abbiamo chiesto alcuni dati al Pd bresciano, integrando quanto ottenuto con documenti ufficiali pubblicati sul sito e con le dichiarazioni rilasciate ai media negli anni, ma anche interpellando direttamente altre fonti interne al partito. Per la valutazione del quadro complessivo rimandiamo i lettori alle considerazioni finali, che però – lo sottolineiamo – per natura hanno carattere di soggettività.
PD BRESCIA, L’ANDAMENTO DEGLI ISCRITTI
Nel 2022 gli iscritti al Pd bresciano (con diritto di voto alle convenzioni di circolo del febbraio 2023, in cui si è espresso il 62% dei tesserati) erano 2.980. Il dato ufficioso del 2023 racconta invece di circa 3.500 iscritti (700 in pià frutto soprattutto delle nuove iscrizioni legate all’arrivo di Elly Schlein).
Ma come è andata negli anni precedenti? Le dinamiche del tesseramento – è doveroso precisarlo – sembrano seguire più le dinamiche nazionali che quelle locali, ma segnalano – come per tutti i partiti – un calo tendenziale.
Nel 2008 – primo anno di tesseramento bresciano – gli iscritti del Pd (Franco Tolotti) erano circa 5mila. Un dato non entusiasmante se si considera che i Ds (segretario Beppe Franzoni, succeduto a Claudio Bragaglio) avevano chiuso l’ultimo tesseramento con un numero maggiore di tesserati (nel 2000, con Tolotti, gli iscritti erano arrivati a 8-9mila) e la Margherita circa a 6mila. Nel 2009, però, si è registrata una forte crescita, con 7.600 tesserati (record assoluto) alla data del 21 luglio distribuiti fra i 138 circoli della provincia (1.200 in città, 240 a Desenzano): circa il doppio di Bergamo.
Nel 2013 (al debutto di Michele Orlando segretario) gli iscritti al Pd erano poco meno di 6mila (fonte: dichiarazioni del segretario Michele Orlando al Corriere Brescia), con 102mila euro entrati nelle casse del partito (20mila in più del 2012) dal tesseramento. Ma a ottobre del 2014 gli iscritti – complice le dinamiche nazionali, con la burrascosa elezione di Renzi e le vicende del governo Letta – i tesserati sono tornati a calare sensibilmente.
Alle primarie 2017 hanno votato in 2.650 iscritti (Renzi 72,1%, Andrea Orlando 26,7% e Michele Emiliano 1,2%), ma non sono noti i dati del tesseramento.
Nel 2018 – stando ai dati ufficiali forniti dal Partito Democratico bresciano – il partito contava 3.819 iscritti, mentre nel 2019 (anno in cui Renzi ha fondato Italia Viva) erano scesi a 3.097 (ma sempre con 140 circoli attivi). Nel 2020 una nuova risalita a quota 2.792, con un leggero calo nel 2021 (2.614). Poi la nuova risalita a 2.980 nel 2022.
Alle primarie del febbraio 2023 hanno votato solo 1.720 iscritti (Bonaccini 44,2%, Schlein 36,5%, Cuperlo 10,1% e De Micheli 9%), su circa 3mila aventi diritto. Con il voto aperto si sono espressi in 18mila circa, con 11mila voti per Schlein.
I CONTI IN TASCA AL PD BRESCIANO
I bilanci del Pd, in pochi lo sanno, sono pubblici e vengono pubblicati anche sul sito ufficiale (qui il link: https://www.pdbrescia.it/la-trasparenza-bilancio/). Va rilevato – per dovere di cronaca – che il Pd bresciano rimane il più trasparente dei partiti bresciani, nonché l’unico che pubblica dati a questo livello di dettaglio. Un inciso: gli ultimi tre tesorieri del Pd sono stati Carlo Fogliata, Manfredo Boni e Diego Paredi, attualmente in carica.
I numeri seguenti, in prevalenza, sono arrotondati alle migliaia di euro.
I BILANCI DEL 2021-2022
Nel 2021-2022 il Pd ha adottato uno standard di bilancio più dettagliato e trasparente su alcune voci. Il rendiconto 2021 si è chiuso in pareggio a circa 130mila euro (con 81mila euro sui conti correnti), quello 2022 a 141mila (105mila euro in banca). Nel 2021 il Pd ha incassato 39mila euro dalle tessere, nel 2022 41mila a cui si aggiungono 59mila euro di contributi da persone fisiche, cioè – in gran parte – la quota di contributo pagata dagli eletti.
Significativo è il dato dei versamenti dai rappresentanti del partito. Nel 2022 hanno versato i deputati Alfredo Bazoli (11.200 euro) e Gianantonio Girelli (9.400 euro). A differenza del 2021 non risultano a bilancio versamenti di Marina Berlinghieri. Mentre tra gli amministratori locali cittadini compaiono i soli Federico Manzoni con 4.200 euro e Miriam Cominelli con 3mila. Emilio Del Bono, Valter Muchetti e Fabio Capra, come il presidente del Consiglio Roberto Cammarata e tutti i consiglieri in Loggia – secondo deduzione logica – non comparirebbero perché sono rimasti sotto la soglia dei 3mila euro (5mila nel 2021), quella – come si dichiara nel rendiconto – fissata dalla legge per la pubblicità dei contributi. Sono inoltre esclusi dai conteggi della federazione gli amministratori dei Comuni della Provincia, che sono chiamati a versare alle rispettive sedi di riferimento. Tra le spese si segnala il personale, costato 24mila euro nel 2022. Lo stesso anno le spese per i collaboratori sono state di 16mila euro.
NOTA METODOLOGICA IMPORTANTE: si specifica che i numeri seguenti non sono confrontabili direttamente con quelli 2021-2022 perché gli attuali bilanci vengono redatti con uno schema differente.
IL CONFRONTO (BILANCIO 2020)
Stando a quanto emerge, nel 2020 si sono registrati ricavi per 138.783 euro con costi pari ad euro 125.010 euro e un utile di 12.773 euro. Tra i ricavi si segnalano circa 46mila euro dalle tessere, anche se nella relazione dell’allora tesoriere Carlo Fogliata si segnalano “continuità delle criticità evidenziate anche nell’anno precedente (es. ritardi nel tesseramento)”. I due parlamentari hanno contribuito con 28.800 euro (1.200 euro mensili). 9.268 euro, ancora, sono arrivati dalle donazioni del 2% da parte dei contribuenti (ma si tratta di un unico contributo, “nonostante vi siano state in più occasioni assicurazioni da parte degli organi regionali e nazionali di un trasferimento più congruo delle risorse”). Dal testo pubblicato per l’anno in questione (una semplice relazione, ma senza riepilogo dei conti) non si comprende molto di più.
IL CONFRONTO (BILANCI 2018-2019)
Nel 2018 i conti sono stati chiusi con oneri complessivi a 238mila euro, contro i 177mila del 2019 e una previsione di 157mila per il 2020.
Per le entrate, nel biennio, si segnalano circa 30mila euro all’anno dai parlamentari e 8.400 dai consiglieri regionali, mentre dall’Europarlamento si è passati da 14.400 a 3.600 euro. Nessun versamento iscritto a bilancio, invece, risulta dagli eletti in Loggia e Broletto (ma probabilmente erano tutti sotto la soglia di legge dei 5mila euro). Il tesseramento è stabile intorno ai 47mila euro. Significativo l’andamento dei proventi dalle iniziative: nel 2018 si sono incassati 4.200 euro dalle feste di partito e 9.200 dalle sottoscrizioni della città, nel 2019 circa 35mila euro dalle primarie, 10.000 dalle feste di partito e 18mila dalle sottoscrizioni della città (numeri confermati nel previsionale 2020). Con il distaccamento del personale dipendente, inoltre, tra il 2018 e il 2019 si sono recuperati circa 23mila euro in più.
Per quanto riguarda le spese, quelle per collaboratori politici sono passate da circa 35mila euro nel 2018 a circa 18mila nel 2019 (11mila nel previsionale 2020). Le consulenze contabili sono pesate per circa 13mila euro, Le bollette per 7mila euro nel 2018 e 10mila nel 2019. Il personale, invece, costava 26mila euro nel 2018 (64mila lordi) e 32mila nel 2019 (63mila lordi). Infine il nodo delle spese elettorali: 45mila euro nel 2018 (di cui 30 per le regionali) e 18mila nel 2019. Un capitolo a parte, infine, è quello della sede di via Risorgimento, messa a disposizione con canone agevolato dalla Fondazione Ds, oggi guidata da Franco Tolotti, un ente autonomo che raccoglie parte del patrimonio immobiliare dell’ex Pci bresciano (una 30ina di immobili, alcuni affittati a prezzi commerciali, altri a prezzi “politici” ai Pd locali) e, tolte le ingenti spese di manutenzione, destina le risorse soprattutto ad eventi culturali (la sede della Margherita di via Volturno è rimasta invece in capo a un’associazione degli ex Dc guidata da Tino Bino ed è stata poi ceduta). Gli uffici, distribuiti su due interi piani, costano 14mila euro di canone annuo di affitto (molto meno del valore di mercato), ma le spese complessive (manutenzione, gestione immobiliare, assicurazioni, pulizia etc) si sale a a 48mila euro nel 2018 e a 35,5 nel 2019.
IL CONFRONTO (BILANCI 2012-2013)
La prima cosa che emerge è che i bilanci Pd di un decennio fa erano molto più corposi. Il primo anno analizzato, infatti, ha chiuso con oneri a 229mila euro, il secondo a 316mila. Nel 2012 le entrate da tesseramento erano 82mila euro, nel 2013 ben 102.000 euro. Dai parlamentari arrivavano 37mila (2012) e 68mila (2013) euro, dai consiglieri regionali 12mila e 6mila euro, dai consiglieri provinciali 5mila e 3mila euro, dai comunali 2.500 e 1.700 euro. Dal regionale, nel 2012, sono arrivati ben 65mila euro. Ancora: le primarie hanno fruttato 10mila euro nel 2012 e 149mila euro nel 2013, le feste di partito 0 nel 2012 e 2.500 euro nel 2013.
Per quanto riguarda le spese, oltre alla cancelleria (1.700 e 1.200 euro), i bilanci prevedevano oltre 30mila euro per la propaganda nel 2012 e 18mila nel 2013 (con però oltre 8mila euro di spese per convegni), a cui vanno sommati 14mila e 96mila euro per campagne elettorali. Collaboratori e consulenti esterni costavano 35mila euro nel 2012 e 26mila nel 2013. Mentre il personale interno costava 11mila euro (9mila netti) e 55mila euro (43 netti). Ma a questo vanno sommati 29mila e 35mila euro per trasferte, alberghi e ristoranti. Telefoni e utenze 11mila euro e 13,5. Stabile il costo della sede (14mila euro anche nel 2013, che però salivano a 39mila con gli altri oneri accessori).
LA SITUAZIONE ATTUALE DELLE CORRENTI A BRESCIA
Attualmente il Pd bresciano presenta un quadro correntizio che va oltre quello uscito dall’ultimo congresso nazionale.
La corrente principale e forse la più strutturata (i neo-ulivisti lettiani) fa capo a Gianantonio Girelli, ex leader della Margherita ed esprime anche il segretario provinciale Michele Zanardi (oltre ad essere quella che ha probabilmente il gruppo più nutrito di giovani amministratori). L’altra corrente storica è quella della sinistra interna, che comprende parte degli ex Ds e i fuoriusciti-tornati di Articolo Uno (Claudio Bragaglio, Paolo Pagani, Massimo Reboldi e Miriam Cominelli). Questa corrente condivide oggi la casa della Schlein con un’ala più purista, ma – almeno per il momento – non organizzata (ne farebbero parte Massimo Balliana, Angelo Bergomi, Leila Moreschi e molte donne). In mezzo ai due fronti – nel complicatissimo ruolo di paciere in vista del congresso – l’assessore comunale e coordinatrice della mozione Camilla Bianchi.
In città, invece, a dominare è il fronte che fa riferimento all’ex sindaco Emilio Del Bono, forse di un consenso personale che nessun altro esponente del partito può vantare (con lui, tra gli altri, Valter Muchetti, Roberto Omodei, Giorgio De Martin etc), ma anche il deputato Alfredo Bazoli ha diversi uomini di riferimento sul territorio. Infine alcuni nomi di peso ma non classificabili strettamente nelle correnti attuali, come – solo per fare alcuni nomi – Federico Manzoni e Fabio Capra (comunque più vicini all’area neoulivista che ad altre), ma anche Roberto Cammarata (all’ultimo congresso si è schierato con Cuperlo, ma oggi si potrebbe classificare come un indipendente Schlein), Franco Tolotti e Pierangelo Ferrari, che su molti passaggi fanno fronte comune.
LO STORICO DEI SEGRETARI PROVINCIALI
Ultimo segretario Democratici di sinistra: Beppe Franzoni
Ultimo segretario Margherita: Gianantonio Girelli
Franco Tolotti (dal 2008 al 2009) – primo segretario Pd
Pietro Bisinella (dal 2009 al 2013) – Eletto dall’assemblea con il 66,6% dei lle preferenze contro il 33,4% di Gianbattista Ferrari (alle primarie popolari Bisinella aveva ottenuto il 44%).
Michele Orlando (2013 al 2018) – Eletto dall’assemblea con il 61% (62 voti a favore su 103 contro i 35 dell’uscente Pietro Bisinella, 34%).
Michele Zanardi (dal 2018 a oggi) – Eletto dall’assemblea con il 61% delle preferenze (battendo Patrizia Avanzini, sindaco di Padenghe allora vicina a Matteo Renzi, che ha ottenuto il 38,9%). 3.200 i votanti complessivi. Nel 2023 è unico candidato.
LE QUESTIONI APERTE NEL PD (CONSIDERAZIONI FINALI)
Le questioni principali aperte nel Pd bresciano – come emerge anche dai numeri – sono poi quelle che riguardano tutti i partiti italiani, a partire dal progressivo invecchiamento della base militante e dalla riduzione del tesseramento.
Vi è poi la questione del rinnovamento della classe dirigente, che sembra affermarsi nel Pd più che in altre formazioni. Attualmente i nomi che pesano davvero nelle dinamiche politiche hanno quasi tutti più di 55-60 anni (poco più che adolescenti, rispetto alla media della classe politica italiana…), ma anche tra i democratici bresciani – pur nella riduzione complessiva della qualità della classe dirigente, che riguarda tutti i partiti – si sta affermando una nuova generazione di 40enni o quasi (Zanardi, Manzoni, Ghetti, Corini, Ferrari, Bondoni, Gaglia, Cammarata, Vergani, Bergomi, Reboldi, Cominelli solo per citare qualche nome) che aspira ad assumere il controllo del partito: il passaggio di generazione non appare imminente, ma certamente la questione si porrà. Come quella della rappresentanza femminile, visto che oggi i capicorrente sono tutti maschi.
Un altro nodo è infine quello legato al fatto che il Pd sta sempre più diventando un partito degli eletti, dove avere un ruolo è decisivo per pesare nelle dinamiche di scelta. Gli amministratori locali – come testimoniano diversi fatti – contano sempre più all’interno del partito e rispetto agli organi decisionali di natura politica. Le conferme a questa dinamica sono numerose. Come quello delle nomine in Acque Bresciane, con le segreterie dei partiti (Pd incluso) che hanno concordato una lista di nomi e gli amministratori locali azionisti della società (anche dem) che ne hanno nominati altri (Gabriele Zanni è rimasto escluso, Pier Luigi Mottinelli è stato eletto). Ma va citato anche il piano cave, dove il partito si è schierato compattamente (con documenti approvati dagli organismi dirigenti, prese di posizione dei circoli e di alcuni esponenti di spicco) per una riduzione dei volumi, mentre il presidente Pd della Provincia Samuele Alghisi (e il suo vice, ex Pd, Guido Galperti) ha tirato diritto sui numeri proposti, arrivando all’approvazione grazie anche al centrodestra.
Nonostante questi segnali – alcuni peculiari e altri comuni a tutti i partiti – il Pd rimane comunque l’organizzazione politica più strutturata (e trasparente) della provincia di Brescia. Certamente uno dei nodi per il futuro è quello di porre un freno all’emorragia degli iscritti (un quinto di quelli che avevano Ds e Margherita prima della fusione), che si ripercuote anche sui bilanci (dimezzati in un decennio) e di costruire una nuova classe dirigente di qualità. Certamente sarà importante restituire peso al ruolo politico rispetto a quello amministrativo. Ma il radicamento sul territorio – migliaia di iscritti e 140 circoli con sedi fisiche – rimane un punto di forza da valorizzare.
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